fs _ la frequenza delle storie (da 1 a 9)

agosto 30, 2018

1.

I treni hanno il ritmo perfetto per le storie.

Sobbalzano rumorosi e incerti macinando chilometri, tagliando campi e città. Hanno una personalità decisa e un modo tutto loro di svolgere il lavoro.

Dei treni, ci fidiamo sempre: anche quando fanno ritardo o si fermano in mezzo al nulla per un tempo indeterminato.

Ci tengono sospesi.

Sono gusci di metallo che mordono il terreno per portarci lontano, verso, altrove.

E nel farlo, i treni si prendono cura di noi: hanno lo spirito del combattente e ruggiscono per proteggere il loro carico prezioso e arruffato.

Se un viaggio inizia in treno, allora sarà un viaggio per curare l’anima. Quella garza sottile che svolazza sullo spirito, con le maglie larghe a filtrarne la luce.

Se la garza si strappa ci si perde e solo la pazienza dei ragni, dei pescatori o di Ecate, la possono riparare. Ma il tempo, solo lui, può innescare il processo di riparazione.

E il treno ne è il portatore.

Un guscio di tempo che corre lontano da chi solitamente ce lo porta via.

Inizia il viaggio della cura dell’anima, la discesa verso Ecate, per ricucire lo strappo.

2.

Giochi a mosca cieca.

Occhi bendati e gira gira gira.

Gli altri bambini urlano tutto intorno, ridono (di te?) come matti!

Frastornata, cieca, senza punti di riferimento. Conti fino a dieci e inizi a cercare.

La benda, non vedi niente, tendi le braccia, le mani, le dita, tutto si stringe sul vuoto.

Sembrano essersi volatilizzati.

Solo silenzio di risa soffocate (ridono di te?).

Ti sfili la benda triste e ti allontani.

Tanto l’ultima volta non sono nemmeno venuti a cercarti.

Sali sul tetto della vecchia casa, hai perso la voglia di giocare. Non lo farai mai più (prometti).

Sbatti le palpebre, ancora.

Un vecchio pino si affloscia sulle nuvole splendenti, nere e arancioni come lava di un vulcano.

Sotto è tutto piatto e inspiri anzi, finalmente respiri.

Tingolo libera tutti!

In un istante ti sei trovata: ma dove diavolo ti eri cacciata?

3.

“Volevo dirti che sei bellissima e che sei il mio posto nel mondo.

Con affetto. A.”

La lettere finiva così e l’aveva riletta decine di volte negli ultimi mesi, ma ancora non sapeva cosa provare.

L’aria del primo pomeriggio era densa, soffiava un vento caldo portato dal mare e le foglie del piccolo fico davanti a lei, si stropicciavano pigre.

L’ombra bucherellata del pino la proteggeva appena, ma il profumo di natura essiccata riusciva sempre a calmarla.

Nella calura immobile, gli uccellini continuavano a urlarsi cose dall’alto e le cicale non si stancavano di corteggiarsi.

Aveva sempre amato la sensazione di sospensione generata dal cielo troppo azzurro, dai raggi troppo forti, dal sole troppo imponente, dalla terra troppo secca.

Era come se qualcuno si stesse esprimendo in modo così intenso, da non lasciare altra scelta se non ripararsi: impossibile reggere una tale potenza. La natura.

Riprende la lettera e ricomincia da capo:

“Cara A,

scrivo questa lettera a te stessa, così che tu possa sempre ricordare…”

4.

Il soffritto è il vero cuore del piatto, la base su cui si innalzano tutti i sapori, la pazienza che anima i gesti.

Iniziare pelando gli spicchi di aglio e schiacciarli sotto il palmo della mano, il profumo rimane nei solchi a lungo.

La cipolla deve essere sottile e condita di tutte le lacrime che saprà strapparvi.

L’olio, sempre una goccia in più del necessario, deve essere bollente, così che i semi di cumino lanciati per primi, possano rimbalzare sulla superficie spaccando l’aria con il loro profumo.

Aggiungere paprika dolce e curcuma, senza avere paura della loro intensità: sono donne dal carattere forte che sanno sempre come fare l’amore.

Fate cadere l’aglio nella pasta dorata e potente che si è formata nella padella. Quando lo vedete croccante, aggiungete le cipolle: cariche di acqua sanno creare il sapore del velluto.

Lasciar piovere le verdure, inizia il lento evaporare.

5.

Ho dormito su labbra che non erano le tue.

Lo facevo anche prima e, nonostante tutto, continuo a farlo ora.

Con maggiore purezza lego il mio cuore, con crescente desiderio sporco il mio corpo.

Mi rotolo tra braccia di cui vorrei cancellare l’odore, mi unisco a lingue che corrono la pelle e di cui non vorrei conoscere il sapore.

Dietro gli occhi chiusi cerco la sensazione del tuo amore, ma davanti, ad occhi sbarrati,

sfogo la fame di mortificazione.

Seduzione sfrontata con il gelo nel cuore e il calore sulla carne

di un corpo fatto di crema e di burro.

Permetto alle mani casuali della notte di affondarmi negli abissi, per meritarmi l’abbandono dell’amore. È il godimento della disperazione, il grido che si leva al cielo dalla testa rovesciata e che diffonde il piacere dell’incapacità di amarsi.

6.

Vado più a fondo, vado più lontano, ubriaca di potere.

I giganti custodi di ferro mi hanno condotta all’ago.

Ora un sapore bianco e raccolto, accompagnerà la cucitura dello strappo:

fili di luce

l’arte dell’abbandono

una voce ammaliatrice.

Ecate custodisci l’ingresso,

impedisci l’accesso.

7.

Della morte so che sorride con i fiori intorno agli occhi.

Sorride di notte a luci spente, con l’aria pesante che non arriva a sfiorare la pelle assetata.

Sorride paziente nel suo angolo mentre gli amanti sfidano l’arsura e si cercano con le labbra.

Sorridi morte, la tua puntura sarà la nota iniziale della nostra danza isterica.

8.

-Quindi ci salutiamo

-Quindi si, ci salutiamo.

-Tu lo sai che non riesco a capire perché lo fai, vero?

-Non ci pensare, ogni tanto la consapevolezza di fare la scelta sbagliata ti rende invincibile

e lo può capire solo il mare. Per questo manda continuamente le sue onde a riva: sono messaggeri a cui affidare l’infinita bellezza della fragilità, la gioia dell’abbandono, il brivido dell’inconsapevolezza.

Per quanto riguarda me, il resto l’ho dato ai fiori, ma al mare consegno tutto me stesso.

Il riflesso sulla superficie dondolante delle onde li abbaglia per un istante, il calore che sanno provare solo gli occhi.

Quando li riapre è solo sulla spiaggia, con l’acqua a baciargli le caviglie.

La nave sta prendendo il largo.

Guarda le onde e affida loro il suo primo messaggio.

9.

I nidi della bellezza

Nello splendore della vita l’energia pulsa e seduce. Nel tepore e nell’acqua esplodono corolle luminose, colori carnosi e profumi affamati. L’armonia del fiore è completa in se stessa e tace il pensiero.

Ma passata la vita, nell’arsura violenta di un arido sole, rimane il nido che reggeva il fiore.

Secco e giallo ondeggia canti di morte, lo stelo regale, la regina senza corona.

La vera traccia della passione, lo scarto che vive portando una fragile memoria, spezzata e incompleta.

Perversa e sottile bellezza, danza.


Annika Pettini (Italia, 1990-)


Abbiamo pubblicato (e tradotto) altre due poesie di Annika Pettini: Doni e Vino scadente e cenere di sigaretta.

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