Janek’s crayon

Affacciata alla finestra sulla fiancata di un treno in corsa, sento i sobbalzi di ogni grande masso che cade dalla montagna, mentre tratti di vento imprigionati nella vallata creano rombi sfrangiati di suono che sbattono sui fianchi del locomotore. Non rallentano la sua corsa, che si quieta solo quando arriva a destinazione in un altro movimento.

Il muro azzurro elettrico si sbriciola in tante conchiglie che raspano il fondo lieve del mare, qualche porta sbatte e la marea monta, occlude, ottunde, gemma in rivoli bassi e trasborda il frangiflutti del molo.

Le onde bianche si spalmano sui fianchi levigati della barca grande e scompigliano le barbagie verdi delle vecchie alghe che incrostano la linea di galleggiamento. I miei occhi ballano e si stringono per il sole, bianco a mezzogiorno. Echi lontani di silenzio smorzano il clangore degli alberi nel vento. Il silenzio esiste all’assenza del vento.

Un grattacielo crolla e poi subito un altro diventa un piccolo punto a terra mentre voliamo via in alto: la vertigine del cambio è potente.

Di lontano, spesso, sempre, si intravede una forma-canzone, il campanile di una vecchia chiesa, un plotone sinistro in marcia, mille voci sottomarine vacue e circondate da pareti zincate. La porta, l’ultima, si chiude.

Diana Marrone, inedito, 24 Aprile 2004

Questo racconto è stato scritto mentre ascoltavo un live di Janek Schaefer al Sintesi Music Festival, Napoli, 2004. Per leggerlo consiglio l’ascolto delle sue composizioni perché ogni parola è stata creata solo in conseguenza dei suoi ritmi. http://www.audioh.com


Copertina: un dettaglio del Padiglione Islandese (Biennale Arte 2019), ph. Tommaso Listo

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