Pascal, parrucchiere

La tua storia in dieci righe 

Ahi ahi ahi, questa sì che è una domanda difficile da rispondere in dieci righe!

Sono nato nel sud della Francia nel 1966, un cosiddetto “terrone” francese, e sono nato già esausto! Sono cresciuto negli anni Settanta a Parigi, lì a quei tempi incontravi i poeti sulle terrazze dei caffè. Da allora ho capito, anche con l’aiuto di droghe (LSD a dodici anni, etc…) che la vita, oltre Parigi, mi stava chiamando e quindi ho semplicemente continuato a forzare i limiti della mia esperienza personale.

Quando mi sono trasferito a Venezia 25 anni fa – all’epoca ero un bambino di 23 anni – facevo già il parrucchiere, lavoravo per le sfilate di moda e per le riviste. Tutto, in quegli anni, ruotava attorno alla competizione – essere il migliore qui e lì, nutrire solo il proprio ego… – mentre io già cercavo le qualità più interiori della vita e di vivere lentamente, grazie alla mia pigrizia contemplativa.

Mi innamorai di un uomo francese che viveva in un palazzo “rock and roll” a Castello (ovvio, mica nei sobborghi di Milano, che da sola faceva una gran differenza!). Di ritorno a Parigi nel mio salone, mi sono guardato allo specchio e, a caratteri cubitali, mi sono detto “Che cavolo ci faccio qui?”.

Sono un incurabile romantico, fortunatamente ho appena trovato un fantastico strizzacervelli.

Il mio fidanzato a quei tempi era una sorta di eccentrico stilista di vent’anni più vecchio di me. Insieme rendemmo il palazzo ancora più rock and roll. Organizzammo tantissimi party e non solo durante il carnevale. Ecco, appunto, venne giustamente chiamata la Casa del Peccato.

Mi sono allontanato varie volte da Venezia, per esempio per andare in Guadalupe (ma lì non mi trovai assai bene, troppo noioso). Ma poi sono sempre ritornato, tutte le volte.

Ho vissuto in parecchie case in città, il primo palazzo – la Casa del Peccato – era a Castello, vicino alle mura dell’Arsenale. E’ lì che si può trovare la Venezia ancora autentica, dove vivono persone vere, carine e molto invitanti. Mi mancano molto, mi manca molto la Beppa (un ferramenta che ancora esiste, a San Francesco della Vigna) da quando me ne sono andato di lì. Ora vivo vicino a Campo Santo Stefano.

Ho incontrato qualcuno qui a Venezia sedici anni fa. Poi, dopo circa sette anni di silenzio, il mio telefono suona: mi ha chiamato nel mezzo di non so quale serata in cui servivo prosecco ad alcuni amici ma non lo bevevo (era uno dei miei periodi di astinenza della mia lunga vita alcolica!) “Riconosci la mia voce?” (Pascal mima una voce profonda e baritonale). A quel tempo ricordo che avevo progettato di andare nel nord-est del Brasile ad aiutare alcuni conoscenti in una onlus. Le cose andarono invece in maniera differente. Presi un aereo per Istanbul.

Recentemente sono tornato a Venezia dopo questi otto anni di storia d’amore, passati spostandomi tra Venezia e la Turchia ogni mese.

Ho appena voltato pagina. Ma è stata una storia molto bella, un gran momento.

Due fattori importanti mi hanno aiutato ad essere più vicino alla Turchia: la sua famiglia è il classico esempio della mobilità di classe del periodo Kemalista. Dal lato di padre, la famiglia del mio fidanzato che qui chiamiamo X è fuggita dall’Uzbekistan. Suo padre perse quasi tutti i parenti in Afghanistan e ricevette una borsa di studio in Turchia nella nuova era, che stava facendo intravedere un nuovo tipo di nazione (secolarizzata, repubblicana e impostata sugli standard di vita europei) che sta ora violentemente sparendo.

X è un turco non tradizionale che ha lavorato molto duramente per pagare l’istruzione ai suoi figli a Londra ed a Firenze, ora è in pensione e può finalmente godersi la vita. Dopo il suo divorzio disse: “Ok, è il mio turno”, quindi ha lasciato Istanbul per l’Anatolia, vivendo su un lago dove ha una casa incredibile con un grande giardino. Oggi si dedica soltanto ai fiori e alla natura, ad una vita più lenta. E’ più attaccato al suolo che a tenere i piedi per terra!

Mi ha concesso di capire la Turchia moderna e la situazione attuale. I disordini che accadono per mano di Erdogan hanno causato problemi anche a noi.

Pochi mesi dopo incontrai X di nuovo, gli chiesi alcune cose sulla Turchia e come i Turchi non residenti riescano a viaggiare e a stabilirsi nell’Unione Europea. La figlia del mio fidanzato mi ha raccontato di come sia un incubo per alcuni vivere tutto questo. Lei è fantastica ed ha un grande sense of humour.

Proprio in quel periodo suo padre faceva coming out. E qualche mese più tardi lo fece anche lei, dicendogli che si era innamorata. Lui chiese “e chi è lui?”, lei rispose “forse lei”! Si era innamorata di una ragazza greca e quindi io la sposai ad Istanbul per aiutarla ad ottenere un visto per l’UE. Quindi ora sono felicemente sposato. La fine della mia relazione con il mio fidanzato non ha influenzato questo e neanche, sfortunatamente, il peggioramento dei diritti umani lì. Lei è un’attivista per i diritti LGBT e degli animali e lavora come traduttrice. Aveva davvero bisogno di vivere in un paese migliore e più democratico.

La società turca di oggi ha veramente sfidato le persone a realizzarsi, non solo riguardo il proprio orientamento sessuale (che non decidiamo in alcun modo!!!), ma anche nel modo in cui lo facciamo. La società consumista e l’ordine morale stanno solo chiudendo via via i nostri orizzonti.

Intellettuali, artisti (la poesia vibrante delle opera di arte contemporanea firmate da Handan Börüteçene, la trilogia di film Egg, Milk, Honey di Semi Kaplanoğlu) e le persone ordinarie stanno facendo fatica a sopravvivere in queste condizioni.

Molti di essi infatti adesso emigrano.


Assumento che la tua città sia Venezia, cosa dai a lei e cosa ti da lei?

Venezia è la mia casa. Casa è Venezia. Penso che questa sia una risposta molto banale, ma mi da un nido e una gabbia dorata allo stesso tempo. Fuori da questo mondo. Cosa ho dato a Venezia? Forse nei primi anni qui, quei party per scuotere un po’ il lato borghese della città.


Quanto è difficile impiantare qui il proprio lavoro, dato che tu lavori come parrucchiere indipendente?

Non direi che sia duro. La dimensione del lavoro nella mia vita è questa: ho lavorato abbastanza e non lavoro molto ora. Chiamo i miei clienti le vittime dei capelli, mi prendo del tempo per torturarle e loro mi amano. Venire da me significa passare del tempo in modo bello, prendersi un buon tè e ascoltare ottima musica. Il tempo in cui lavoravo in un salone di bellezza su Avenue Montagne o per la moda è andato. Non ha alcun senso per me.

Il fatto di lavorare per fare dei soldi e basta, per me non ha più senso. Specialmente se non sono in grado di metterli da parte. A volte lavoro molto e siccome sono pigro mi spingo molto, altre volte no. E così facendo ho cominciato a diventare molto accomodante con me stesso.


Una cosa meravigliosa che ti è capitata di recente?
 

Incontrare Kamal Halali, un artista e poeta, a Marrakech. Il tempo è volato.


I libri e la musica con te in questo momento?
 

Mi spiace non leggo molto. Adesso leggo Romain Gary, il solo autore ad aver vinto due volte il Premio Goncourt, e leggo anche un libro auto-pubblicato di una mia amica, sono delle poesia (“La Sirène Bicaudale” di Susan Wise). Ascolto qualsiasi tipo di musica eccetto l’heavy metal. La mia radio online preferita per ipnotizzare le mie vittime dei capelli è Fip, una fonte molto eclettica di musica. Sono tendente alla dipendenza, quando mi fisso su un’ossessione devo andare fino in fondo, fino a quando non ne colgo tutto il succo.

 

Il tuo cibo e le tue bevande preferite?

Al momento la cucina marocchina, mi ricorda la filigrana della mia infanzia. La bevanda più strepitosa, sexy e seducente per me è l’acqua minerale. Non voglio e non ho più bisogno alcuno di alcolici.


Un talento che hai e uno che ti manca
 

Mi piacerebbe scrivere. Ultimamente il mio piccolo compagno di viaggio in Marocco è stato un quaderno (che rimpiazzava il mio partner che non era riuscito a venire, ha ha!). Quando ti leggi dopo un poco è strano. Mi piacerebbe essere capace a scrivere, non come uno scrittore. Ma scrivere. E’ qualcosa che è sempre stato dentro di me, ma non fino ad ora. Mi piace scrivere a mano.

La scrittura a mano è molto sensuale: l’odore della carta, toccarla, la penna nelle mie mani mi ricorda l’utensile di ogni artigiano, come le mie forbici. Non solo scrivi con la tua mano, ma lo fai con il corpo tutto intero. Canalizzi tutto attraverso questa azione.

Ora con l’età, spero di non capire male quello che sto provando in questo momento, blocchi il tuo auto-giudizio. Una mia cara amica, Béatrice Bantman, una giornalista, lasciò Liberation venti anni fa e disse: “Non posso lavorare per questi di destra!”. Lei scrive ora per altri giornali ed è anche una scrittrice di successo (l’ultimo romanzo che ha scritto è La Plus Belle – ed. Denoël -, una madre che pensa di essere la bellezza del campo di concentramento per far sì di riuscire a sopravvivere alla tragedia della Shoah). Pinault possiede Le Monde, Rothschild ha preso Liberation. Oggi diciamo che la stampa francese si è italianizzata da quando Sarkozy è stato eletto.

Il talento che penso di avere è quello di essere capace di badare ad uno (ride) ! Sono davvero stupito della capacità delle persone di continuare ad imparare, come viene chiamata questa dote nella cultura ebraica.

Sei qualcuno su questa terra se consumi. Sei qualcuno se lavori da qualche parte. Io non sono d’accordo con tutto questo. E Venezia ha sempre attratto persone così. Un mio amico ha scritto un libro che raccoglie le storie di molte persone speciali che hanno vissuto qui (Gérard-Julien Salvy, Un Carnet Vénitien, Editions du Regards, 2001). E’ un’incredibile antologia di artisti e scrittori stranieri che vennero qui e vi si stabilirono.

 

Cosa fai per vivere lentamente in questa vita?

Accetto offerte di interviste.

 

Cosa hai imparato sin qui dalla vita?

Quasi niente.

La storia di Pascal l’abbiamo trovata grazie ad un’altra persona di questo mondo di cui vi avevamo già raccontato – Stefania, restauratrice. Se non avete ancora letto di lei, questo è il momento giusto.

2 risposte a “Pascal, parrucchiere”

  1. Stefania Favaretto

    Meravigliosa successione di immagini, emozioni, sogni. Splendida persona, straordinari pensieri…..

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  2. La tua vittima terresa

    ti sei descritto ottimamente e non dire che non sai scrivere sei grande .

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