Questa settimana #slowwords seziona le più profonde ragioni che portano un autore a scrivere e a leggere – e ad essere un cittadino attivo.
L’autore con cui conversiamo questa settimana è stato un giornalista ed è l’attuale direttore del programma di Cultural Engagement di una grande azienda automobilistica tedesca, BMW: parliamo di Thomas Girst che è stato anche recentemente premiato come European Manager of the Year.
Oltre a raccontarci di cosa si occupa come manager – sono compiti molto speciali, come leggerete – ci racconta senza filtri dei grandi partner della sua vita, le parole e la letteratura. Proprio da dove tutto iniziò.
Ci piace molto fare questo tipo di conversazioni. Se a voi invece piace incontrare Thomas dal vivo (a parte conoscerlo attraverso i suoi libri), potrete trovarlo al lavoro in questi giorni mentre presenta gli ultimi artisti premiati da BMW nei suoi vari programmi ad Art Basel (Basilea, Svizzera).
La tua storia in poche righe – ci piacerebbe capire quali erano i tuoi sogni da bambino e da dove tutto è nato
Una delle mie caratteristiche, la curiosità, viene da una circostanza che definirei di oppressione positiva.
La mia famiglia non era interessata alla cultura e alle arti, semplicemente perché veniva dalla generazione del dopoguerra tedesco e cercava di trovare una posizione professionale partendo da zero come potrete immaginare. Non c’era allora il tempo per queste cose e neanche l’ambizione, erano di certo interessati ma non potevano coltivare l’arte e la cultura.
All’inizio ero più dentro la cultura e meno nelle arti.
Devo tutto il mio interesse all’arte a mia nonna (di Colonia). A casa sua trovai alcuni libri sull’artista surrealista Salvador Dalì che mi ha aperto gli occhi e da allora lessi qualsiasi libro sull’argomento che trovavo a tiro.
Ricordo che viaggiai persino sulle sue tracce, a quel tempo era ancora vivo. Andai persino a sedermi sulla spiaggia dove c’era la sua casa (a Cadaques, nella baia di Port Lligat), presi anche una piccolo mattonella caduta dal suo muro per portare qualcosa con me in ricordo.
Quel profondo interesse in questi mondi – l’arte e la letteratura – non mi ha mai abbandonato.
Avevo 15 anni quando ho letto Alla Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, a quei tempi mentre i miei amici erano alla piscina pubblica cercando di attrarre l’attenzione delle ragazze io stavo a casa a leggere. Ero semplicemente diverso, nella piccola cittadina tedesca dove sono nato non erano tanti a condividere la mia stessa passione.
Non ho mai pensato di fare qualcosa di differente dalla cultura o dalle arti per cui è stato assai naturale iscrivermi a letteratura e storia dell’arte all’università. Sono molto fortunato ad avere il lavoro che ho perché accanto ai miei interessi gemelli posso lavorare nel mondo dell’opera, dell’architettura, della musica contemporanea (essendo il capo del Cultural Engagement di BMW, Thomas dirige mastodontici programmi che l’azienda automobilistica ha per finanziare cultura, arte e non solo, anche musica, architettura e tutte le altre discipline in cui sono coinvolti come partner di istituzioni internazionali, da musei a teatri a fiere d’arte e festival).
Pensai, agli inizi di questa attività, che essere capace di costruire qualcosa in aree così diverse fosse un grande dono. Ho sempre portato con me quella grande curiosità che mi caratterizza, ma quando diventi responsabile di tutti questi campi, significa occuparsi e presenziare ad opere, significa vedere come nasce una nuova composizione, ma anche lavorare al fianco di grandi architetti, per citartene solo alcuni COOP HIMMELB(L)AU e Zaha Hadid…. Insomma, il coinvolgimento è assoluto.
Prima di lavorare per BMW ti sei dedicato alla letteratura (con l’antologia di poesia e arte ‘Die Aussenseite des Elementes’). Ci racconti di più?
Scrivi ed editi molte pubblicazioni, a parte aver lavorato a lungo come giornalista: adesso quale forma di scrittura preferisci a parte articoli e saggi?
Sin da ragazzo, ho sempre creduto all’autonomia, a fare le cose da solo. E sin dall’inizio mi sono considerato un autore.
Avevo solo 19 anni quando ho fondato il giornale letterario di cui parli che è durato 11 numeri: organizzavamo anche tanti reading ed avevamo ottime recensioni da tutti i giornali tedeschi. E’ stato fantastico riuscire a fare questa pubblicazione senza un editore, senza pubblicità e con un layout davvero curato.
Spesso abbiamo pubblicato poeti e scrittori inediti, si trattava di autori molto giovani che oggi vediamo pubblicati da grandi editori quindi si può dire che avevamo avuto davvero un buon occhio a scovare i futuri talenti!
Ci ho messo un sacco prima di scrivere i miei libri perché lavoravo anche come giornalista. Quando arrivi al momento di fondere i tuoi pensieri in parole, ti tuffi in qualcosa di molto più profondo della tua attività scrittoria quotidiana. C’è un’attività intellettuale più gravosa di qualsiasi pezzo o recensione lì dietro.
Ho sempre osservato il mondo con un profondo senso di meraviglia, di curiosità e con l’urgenza e l’ambizione di tradurlo in parole, talvolta ti aiuta a documentare le tue ossessioni anche!
Quando ho finito la mia tesi di dottorato, ho potuto finalmente mettere in parole la mia ossessione e da lì ho capito che avrei potuto iniziare a scrivere interi libri e quindi ho iniziato.
Ho sempre avuto una grande attrazione – la mia più grande – per il lavoro di Marcel Duchamp. Ho visto il suo lavoro a 16 anni ed è stato solo ai miei 30 che ho potuto scriverne – un lunghissimo tempo di incubazione che credo sia molto importante.
Se sei una persona fortunata su questa terra, hai 70 anni di piena coscienza, diciamo dai 50 agli 85 magari. Sta al tuo impegno per tirarne fuori il meglio possibile dal tuo tempo.
C’è così tanto da vedere e da esplorare: la mia vita ha un mantra, che posso basare su ‘sia sia’ invece che su ‘o o’. L’energia porta più energia.
Se non sei gravemente malato, se non sei colpito dalla perdita di una persona cara e se hai abbastanza da mangiare non hai scuse: sei obbligato, hai la responsabilità di cercare sempre di andare ai confini di te stesso. Ho trovato questo carattere in molte delle grandi personalità che hanno fatto grandi cose su questa terra.
Non è che con questo voglio dire che io abbia fatto grandi cose. Io mi sento piuttosto un missionario. Non mi considero al pari di Duchamp ma se posso generare interesse, diciamo, in 500 persone a prendere un libro su di lui o a vedere le sue opere, penso di aver raggiunto uno scopo e di aver dato un piccolo contributo.
Per rispondere alla tua domanda, adesso ho due libri allo stadio finale delle trattative con gli editori ma il libro che continuo a rimandare (e che veramente vorrei scrivere) è un romanzo.
Accumulo note sin dai miei 14 anni, ora ne ho dieci chili e dovrebbero finire tutte in un libro…
Dovrei avere il coraggio, magari prendendomi un po’ di tempo dal lavoro e magari andando nel Sud della Francia a fare solo questo con tutte quelle note. Posso scrivere i libri che scrivo ora la sera dopo il lavoro, ma con il romanzo sarebbe impossibile. E poi è anche impossibile da coordinare con la famiglia, ho tre figli giovani (due maschi di 13 e 11 anni, una bimba di 5) e mia moglie anche lavora tanto, è professore di grafica. So che tutto questo ti può sembrare troppo, ma adoro vivere così e sentire la pressione su di me!
Adesso con Marcel Duchamp faccio molti convegni e sento di poter scrivere ancora un paio di libri su di lui. Quando avrò 70/80 anni, magari mi piacerebbe avere il coraggio di scrivere un altro libro su un altro Marcel (Proust). Sto leggendo adesso per la seconda volta i suoi scritti, magari li leggerò una terza e poi avrò abbastanza per iniziare.
Tu come lettore: in che modi, in che posti e con che bisogni? Il libro e la musica con te adesso?
Leggo libri come oggetti fisici, sono cresciuto considerandoli a mo’ di amici o di maestri. Non è che con questo voglio dirti che avessi una vita solitaria: voglio dire che la mia era più ricca, oltre a fratelli ed amici avevo anche Proust e Duchamp. E loro son lì per te per sempre, il tuo personale esercito che ti proteggerà per sempre. Perché non imparare proprio dalle persone più favolose di questo pianeta?
Charles Baudelaire, il grande poeta francese, diceva che le persone comunicano attraverso i secoli come fari sulle coste di notte. Lo trovo meraviglioso, perché ogni persona può essere lì – in piedi – sulla costa dei giganti.
Puoi leggere Ars Amatoria e sapere tutto sul più intricato dei giochi, quello tra l’uomo e la donna…una libreria ed un libro sono vulcani di scoperta, di un potenziale tremendo.
Adesso leggo di notte perché è l’unico momento che ho, devo leggere qualcosa prima di addormentarmi. Mi piace molto anche leggere nei voli lunghi. E adoro leggere alle altre persone, trovo straordinario il fatto di leggere un libro insieme. Per esempio, leggi alla tua partner una parte di libro e di converso lei a te. E’ qualcosa che si tramuta in un legame istantaneo, portandoti insieme in altri universi. In questo modo, solo di recente, ad esempio ho scoperto Murakami…
E la musica con te adesso? La musica che ti piace?
Beh, quando parliamo di musica penso che qualcuno, forse Susan Sontag, abbia detto che la civiltà occidentale sia il cancro del pianeta. E’ vero: se pensi all’orribile carneficina, agli altri luoghi…specialmente se vieni da un background tedesco…Tuttavia c’è qualcosa che esiste negli uomini stessi, la prova che Dio o altre divinità esistano su questo pianeta è per esempio Johan Sebastian Bach, non puoi ascoltarlo mentre stai leggendo, richiede così tanto che puoi solo ascoltarlo. Dopo, l’esperienza sarà sublime.
Da poco mi piace anche una rock band indipendente austriaca, si chiamano Wanda, grandi! E mi piace molto un duo australiano, fratello e sorella, Angus e Julia Stone. Grande chitarra, grandi voci, è proprio il tipo di cose che mi piace ascoltare quando guido.
BMW si prende cura di arte moderna e contemporanea, di musica (specialmente jazz) e di architettura tutte le volte privilegiando relazioni a lungo termine in cui i 101 anni di storia dell’azienda si mettono a fianco delle iniziative supportate così come dei musei o delle istituzioni che le progettano (quando non sono direttamente un’idea di BMW). E tu dirigi tutto questo.
Da dove, e quando, nascono le idee? E’ più la storia – la più ricca e forse la più prolifica se paragonata ad altre aziende di settore – del brand a ispirarti o più la direzione che prende il marketing ed il design?
Penso siano entrambe – ogni futuro ha bisogno di un passato.
Sono molto orgoglioso che in quest’azienda ci sia sempre stato un grande impegno nella cultura. Se guardi solo all’arte, c’era già 40 anni prima che io avessi iniziato: qui si tratta di un’eredità e di una traiettoria che dobbiamo onorare, e di cui dobbiamo essere responsabili.
L’attitudine, il modo in cui posizioni il tuo marchio è qualcosa da fare con cura, con un senso di durata, di scopo che puoi solo derivare da ciò che è stato fatto prima.
Vedi, ogni volta che s’inizia un lavoro in qualsiasi campo si dovrebbe sempre indagare su chi c’era prima e come veniva fatto. Quando ho iniziato qui, non avevo alcuna connessione con le auto. Chiesi di lavorare in una fabbrica per tre settimane perché avevo bisogno di stabilirla, quella connessione. Furono molto gentili a lasciarmelo fare. Guardare al futuro è importante, devi evitare di stagnare, devi sempre stare sveglio e sull’attenti dato che provochi un impatto enorme quando agisci e poi qui hai 20.000 persone che lavorano. Certo, abbiamo il tempo di respirare, ma la competizione è assai agguerrita e ogni cosa deve avere il suo preciso passo. Posso solo dire di essere estremamente felice di prendere una piccolissima parte nella posizione del marchio attraverso la cultura.
Ecco, è per questo che non usiamo mai la parola ‘sponsor’ che porta con sé una transazione, solo uno scambio monetario – chiunque, qualunque marchio può diventare sponsor.
Noi preferiamo essere partner, co-iniziatori, collaboratori: per noi si tratta più di un’interazione che di una transazione – e deve essere una relazione a lungo termine. Da parte nostra, mettiamo sul tavolo un network di relazioni, il know-how che aiuta gli artisti. Non interferiamo mai con la libertà culturale degli artisti e delle istituzioni con cui collaboriamo.
Eravamo a Pechino un paio di settimane fa – per la prima mondiale della BMW art car disegnata dall’artista cinese Cao Fei (si trattava di un viaggio per la stampa, quindi abbiamo ideato un programma di visite). Siamo stati all’Ullens Center of Contemporary art, uno dei luoghi più fecondi nel campo che lavora su scala globale grazie al suo saggio direttore, Philip Tinari: è il più attivo sulla scena a supportare artisti contemporanei cinesi anche con magazine e attraverso migliaia di mostre.
Proprio alla mostra che c’era in quei giorni, New Normal Art, c’era un artista, Max Hooper Schneider, che è stato anche nominato nella giuria che istituiamo per premiare il prossimo artista del BMW Art Journey (un’iniziativa in partner con Art Basel, per cui c’è una giuria indipendente che BMW istituisce per selezionare l’artista da premiare).
Vedere quel nome in mostra mi ha reso assai orgoglioso perché significa che quello che facciamo per gli artisti va nel verso giusto (nessun curatore promuoverebbe artisti in cui non crede!) e questo non può essere ottenuto da una sponsorizzazione, viene solo dal networking.
Organizziamo anche il BMW Jazz Festival a Monaco e siamo partner con lo Shangai Jazz Festival.
Il musicista vincitore in Germania viaggia in Asia e viceversa. Queste cose piccole piccole non hanno niente a che vedere con i contratti che abbiamo con gli artisti o con le istituzioni: vengono nel flusso delle cose, in un modo che mi rende felice.
Cosa ti da la tua città, Monaco e viceversa, in una misura molto ‘personale’ quella del cittadino – anche se certo tu viaggi abbastanza?
Non mi piace quando viaggi e ti domandano ‘dove sei basato’. L’intera domanda, essere ‘basati’ da qualche parte, fa apparire che tu sei acquartierato sulla luna o in una colonia laggiù oppure su Marte.
Certo io vivo da qualche parte, ma non sono basato da nessuna parte.
Monaco è una città culturalmente molto viva, mi da così tanto piacere e non potrei vivere in un posto che non è così.
La cultura è come una fortezza per me, in ogni direzione: da ovest a est, dal nord al sud.
Ho bisogno di cultura attorno a me. Anche se sono a letto a leggere, sapere che in quel preciso momento attorno a me c’è un’opera a teatro e a solo tre chilometri un reading nello stesso momento e che migliaia di persone stanno andando lì mi rende felice. Perché spazza via quelle cose orribili che ti circondano in questo mondo e che ti si appendono addosso.
La tristezza è sempre in espansione: occorre proteggersi con la bellezza per la propria sanità e per trovare un senso in tutto questo.
Monaco mi piace assai anche nella scala, minore se comparata alle scale asiatiche di oggi. E ha un incredibile numero di grandi istituzioni, inoltre è sicura – non potrei immaginare un posto migliore per far crescere i miei figli. Sono fiero della mia città.
Cosa hai imparato, sin qui, dalla vita?
Non sono così vecchio da poter esprimere, diciamo così, una formula. Ma uso qualcosa che ha detto Kafka (non riesco a tradurlo proprio perfettamente ma provo): tu crei il tuo percorso attraverso la vita, non ve ne è uno già disegnato. E’ qualcosa che tagli da solo attraverso la foresta attraverso l’erba e attraverso tutto quello che ti sta intorno. E’ una battaglia senza fine.
La tua ricerca del sé è continua anche perché tu stesso cambi nel tempo.
Amare ed essere amati è la ragione per essere su questo pianeta. Non dovresti mai fare del male intenzionalmente a nessuno.
Uno dei miei principi guida è ‘uccidere di gentilezza’ e di non fare cose miserabili per gli altri.
C’è qualcosa che anche Jeff Koons una volta ha detto: ogni persona che viene al mondo è già un vincitore perché ha già fatto una competizione tra migliaia di ‘sé’ per quell’uovo ed è il risultato di quel processo. Questa di sicuro è la competizione più dura che ognuno di noi fa e che non incontrerà in seguito mai più: quindi siamo tutti vincitori e dobbiamo fare il meglio possibile nella nostra vita – certo, lo dico di nuovo, se non siamo ammalati e se abbiamo abbastanza da mangiare.
Accanto al fatto che non dobbiamo aspettare che qualcuno disegni il percorso per noi, non dobbiamo neanche arrenderci mai. Dobbiamo essere ben piantati su di noi, consci del nostro equilibrio proprio per iniziare a significare qualcosa per qualcun altro senza essere troppo pesanti per chi ci sta vicino.
Alla fine, la persona più vicina a noi è sempre noi stessi.
Una volta Duchamp ha detto ‘molto di quello che ho fatto è stato un gioco tra me stesso e io’, trovo questo incredibilmente meraviglioso.
Dobbiamo avere sempre cura di noi.