Larissa Sansour, artista


Larissa Sansour, artista palestinese giramondo ma ora di stanza a Londra, farà presto tappa in Italia perché è stata scelta a rappresentare la Danimarca alla 58° Biennale d’Arte di Venezia, il più ambito festival d’arte contemporanea al mondo.

Non è ambito solo perché è il più longevo, ma perché certifica la carriera di un/un’artista ai massimi livelli ed è decisamente il più frequentato al mondo in termini di numeri di pubblico. I rate di visita veneziani sono quasi oceanici se paragonati ad un settore di nicchia, sebbene lussuoso e quindi per happy few, che è l’arte contemporanea.

Certo, ad un’artista fa piacere essere visitata a queste doppie cifre di migliaia di persone (da ogni parte del mondo), ma capirete che qui si tratta anche di farei i conti con un incredibile podio (soprattutto politico) per divulgare non solo un’estetica ma un’etica.

Ci occuperemo, da Larissa in poi, delle opere e degli artisti che da qui a maggio, mese d’inizio della Biennale, ci sembra affrontino temi governati da una necessità etica struggente. E la cui nazionalità non è il tema principale per cui sono invitati ad esporre nei padiglioni nazionali o non è il solo.

Larissa ha rifiutato di rispondere a una domanda politica (ed a quella sul cibo e bevanda preferite che ci ci legge sa che chiediamo per la nostra necessità di tracciare la vita ad ogni latitudine) ma ad altre quattro ha dato una risposta di cuore. 

Il suo lavoro avrà un’estensione notevole essendo il padiglione danese (all’inizio dei Giardini della Biennale) molto ampio. 

Un film di fantascienza, ambientato in una Betlemme ‘sotterranea’ post disastro, dominerà la scena ma non sarà l’unica opera di Heirloom (cimelio di famiglia). Il padiglione sarà soprattutto dominato dall’oscurità che fa eco ai temi che Larissa porta all’attenzione di tutti, primo su tutti l’identità.



La tua vita in poche righe, possibilmente iniziando dal tuo luogo di affezione, Gerusalemme Est.

Sono nata a Gerusalemme e cresciuta a Betlemme. Alla fine degli anni 80, quando la prima Intifada ebbe inizio, le scuole nella West Bank furono chiuse e dovetti trasferirmi i Inghilterra per continuare le superiori. Poi mi sono spostata negli Stati Uniti per i miei studi d’arte universitari. Ho vissuto in molti luoghi in giro per il mondo, da allora.



Appunto, essendo parte di quella serie di persone di questo mondo che si sono spinte lontane dal loro luogo natio, l’arte mi sembra il tuo vocabolario naturale per tradurre una certa afasia. Parlando di Venezia e della tua personale, ti appresti a trasformare il padiglione danese la cui nazione rappresenti installando un video di fantascienza, una installazione spaziale e una scultura. Ci puoi descrivere il processo di creazione della mostra e cosa significa per te oggi poter esporre in questo festival?

Quando inizio un nuovo progetto di mostra, di solito non scelgo il media da principio. E’ l’idea di mostra che sviluppo a dettare la forma ‘fisica’ del lavoro d’arte. Di solito preferisco le immagini in movimento, ma spesso anche interventi nello spazio e sculture si affiancano ai miei film.

Nel mio progetto per Venezia, ho preparato un film a due canali e una scultura. Il film, che si intitola In Vitro, include immagini d’archivio, azioni recitate e immagini generate a computer. Ciò che è centrale in questo film è l’articolazione dell’assenza. Parlo delle memorie collettive e personali e il film cerca di definire come esse possano esistere nel subconscio collettivo ma anche in una narrativa storica.

Similmente, la scultura, Monument for Lost Time, trasforma il vuoto che è il soggetto del film in un’entità, dominante e fisica, all’interno del padiglione.

Esibire alla Biennale di Venezia è un’opportunità enorme siccome è il festival d’arte più importante la mondo e mi auguro di condividere il mio lavoro con una vastissima audience.



Cosa pensi di prendere dalla tua città attuale e cosa pensi di darle indietro?

L’aspetto più importante di vivere a Londra è la sua anima internazionale che rende la scena artistica assai dinamica. Per la mia carriera le possibilità di network e ogni opportunità che Londra ha da offrire sono preziosissime e spero di poter ricambiare con una ibridazione del pari interessante con il mio lavoro trasfuso nella sua scena. 



Il libro con te ora?

Adesso leggo Annihilation di Jeff Vander Meer.



Cosa hai imparato, sin qui, dalla vita?

Che più imparo, più ho da imparare.

#BiennaleArte2019

#MayYouLiveinInterestingTimes




Il ritratto di Larissa è di Lenka Rayn e lo still da video pubblicato qui è del lavoro dell’artista che sarà presentato a Venezia, In Vitro

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