Burhan Sönmez, Istanbul

Oggi, qui, Slow Words rompe gli schemi perché dobbiamo.

La poesia, e le parole, possono cambiare il mondo ma talvolta quando si cerca di farlo, si tratta di un viaggio di sola andata.

Una volta abbiamo incontrato uno scrittore fantastico – che ama Pasolini e ama rimasticare il canovaccio di Boccaccio nel suo Decameron – e io ho pianto ascoltandolo descrivere la ragione per cui è tornato indietro, è tornato a casa anche se casa vuol dire pericolo, pericolo fino alla morte.

Quella che lui si ostina a chiamare la sua casa è uno stato estremamente familiare con i colpi di stato militari. Se crediamo fino in fondo a quello che pare sia accaduto da ultimo (2016), ben altri lo hanno preceduto: nel 1960, 1971, 1980.

Ogni volta che accadevano, succedeva che lì si spegnevano, semplicemente, anche i più basilari diritti umani e questo significava portare centinaia di migliaia di cittadini – certo, gli oppositori – in prigioni sotterranee dove venivano torturati e spesso assassinati e, quando era solo una passeggiata facile facile, sottoposti soltanto a detenzione illegale.

Immaginate quindi una nazione continuamente in uno stato di tortura – o che lo è in maniera ricorrente, come è stato per l’Italia in alcuni momenti della sua storia (il più recente, al G8, Genova, 2001).

Dopo ogni golpe, una lunga scia di prosperità ha inondato il paese di cui vi parliamo.

Si tratta di una nazione che, come la vecchia Europa, è un posto stanco da tanta civilizzazione e storia – in particolare per il paese dei golpe, affonda nell’impero Ottomano e tanto a ritroso.

Avrete capito che parliamo della Turchia dei nostri giorni a cui la vecchia Europa ha negato di entrare nell’UE.

Avete mai sentito di Burhan Sönmez?

 

Nato in Turchia (è curdo) nel 1965, precisamente vicino ad Ankara (la capitale attuale),

Sönmez ha lavorato come avvocato dei diritti umani a Istanbul ed è un fondatore dell’organizzazione culturale e di attivisti chiamata TAKSAV (Fondazione per la ricerca sociale, la Cultura e l’Arte).

Burhan ha sempre amato la letteratura e ha scritto da giovane poesie ma poi si è votato alla prosa ed è divenuto un romanziere di successo.

E’ anche un membro di PEN (Turchia, Inghilterra).

 

Dopo un grave assalto della polizia turca dove è rimasto gravemente ferito, Sönmez lascia il paese per la riabilitazione e va in Gran Bretagna con l’aiuto di Freedom from Torture Foundation e continua a vivere in esilio politico in quel paese ma adesso è a Istanbul perché vuole tornare a stare nel suo paese (ha anche diviso il suo tempo tra Inghilterra e Ankara).

Lo scrittore è anche il più giovane vincitore del Sedat Simavi Literature Prize per il suo secondo romanzo, Sins and Innocents (Peccati ed Innocenti).

Il penultimo libro di Sönmez – Istanbul Istanbul – è stato pubblicato in primavera da OR Books ed è ad oggi tradotto in 40 lingue, incluso l’italiano (per Nottetempo: l’autore ora che scriviamo di lui, sta girando l’Italia per presentare l’ultimo libro per la stessa casa editrice, Labirinto).

 

Ho letto Istanbul Istanbul in meno di una notte e non potevo smettere.

Ha buttato nelle pagina di prosa un corpo mirabile di poesia e lo ha fatto in varie, tutte lancinanti, forme. Qui dipinge la bellezza, lì da forma alla tristezza, qui alla rabbia, ed ancora alla mancanza di speranza ed al suo contrario. E, ovunque, pennella l’inusuale intepretazione del tempo per i turchi e, soprattutto, il grande potenziale che affibbiano ai sogni.

Dato che lui è ancora lì dove – insieme, certo, ad altri milioni di abitanti, non solo Curdi – può essere nuovamente percosso e torturato finanche ucciso, non vogliamo parlare di politica con lui nell’intervista che segue. E non vogliamo neanche parlare del libro (ne pubblichiamo, per gentile concessione di Nottetempo, un teaser che abbiamo difficilmente scelto tra tutte le pagine bellissime che potrete leggervi). Vogliamo, appunto, fare qualcosa di diverso dalla nostra routine tra personale e professionale.

 

 

Hai classi più femminili o più maschili nei tuoi corsi universitari ad Ankara? Ci puoi dare un’idea dei numeri? Che tipo di classi ti piacciono? Sei solito fare paralleli tra scrittori turchi e stranieri quando insegni?

Ho soprattutto studentesse. Sembra mostrino un maggiore interesse per la letteratura. Insegno in lingua inglese a studenti che fanno corsi post-laurea. Parliamo di autori e di critici da Virginia Woolf a Umberto Eco. Preferisco classi piccole, non si dovrebbe mai avere più di 12, al massimo, 15 studenti.

Ora vivo a Istanbul.*

 

 

Il tuo amore per i film è come un fiume in piena: quale vorresti fosse il regista a mettere uno dei tuoi romanzi sul grande schermo (e quale vorresti portarvi)?

Kurosawa, Tarkovsky e Kieslowski sono morti. A Costa Gavras potrebbe piacere il mio ultimo romanzo, ‘Istanbul Istanbul’.

 

Mi hai detto a Venezia che stai per pubblicare una raccolta di poesie: ci puoi anticipare qualcosa? Sarà in curdo od in turco? Ci saranno solo parole o anche immagini?

La poesia, per me, ha il suo specifico tempo. Scrivo in turco e occorrerà attendere un pochino di più perché quei versi arrivino in superficie e possano incontrare i lettori.

 

 

E’ vero che le lacrime ed il sangue hanno lo stesso sapore, lo stesso odore e la stessa temperatura?

E hanno anche lo stesso gusto. Salato. Possiamo avere differenti colori di pelle o di occhi, ma tutti noi abbiamo lo stesso colore di sangue e lacrime. Allora perché diavolo combattiamo su questa terra? Ognuno di noi alla fine concimerà il terreno con le sue carni, il sangue e le lacrime. Speriamo che da quel suolo cresca una pianta migliore.

 

 

Hai per caso notato anche tu che Istanbul Istanbul – se escludiamo il magistrale ma orribile plot della mappa delle celle della prigione e tutti gli strati di atrocità che sono dolcemente e fantasticamente mischiati alla poesia e all’ironia che citavo prima – è il migliore manifesto turistico per questo governo e per questa città in questo preciso momento?

Tu fai prevalere la bellezza su tutto – incluso il peggior tipo di morte.

Quando ho iniziato a scrivere questo romanzo, anni fa, non mi aspettavo che sarebbe diventato l’istantanea della Turchia di oggi. Se lo avessi saputo avrei forse cambiato idea oppure la sua trama? Non penso. Perché, attraverso il dolore, volevo attirare l’attenzione sulla bellezza – la bellezza della città, degli uomini, delle storie. So anche che le autorità cercano a tutti i costi di sbarazzarsi della bellezza glorificando il dolore mentre noi cerchiamo di fare esattamente l’opposto.

 

 

Qual è il tuo posto segreto di Istanbul (quella di sopra, certo! Il riferimento è al romanzo) e quale il tuo ad Ankara dove ti piace rallentare un po’, e se lo fai ancora negli spazi pubblici, andare a leggere?

Ne ho diversi, alcuni sono degli angoli nascosti mentre gli altri sono proprio nel mezzo della folla.

 

 

E se ti chiedessi di fare una domanda – e dare un consiglio di letture poetiche, anche se non tue – al signor Erdogan?

Hai mai letto qualsiasi parte della Divina Commedia di Dante – non il libro intero, perché è troppo spesso?

 

 

Questa è la solita domanda con cui chiudiamo il nostro questionario usuale, che con te non abbiamo sfoderato. Cosa hai imparato sin qui dalla vita?

A crederle. E a non dimenticare mai della morte.

 

 

Per saperne di più dell’autore: www.burhansonmez.com

Esplora il nostro tag ‘Burhan Sonmez’ per leggere i teaser dei suoi due ultimi romanzi, Istanbul Istanbul e Labirinto

Per saperne di più di Istanbul Istanbul e comprare il libro:

http://www.edizioninottetempo.it/it/prodotto/istanbul-istanbul

*quest’intervista è stata realizzata nel 2017 e aggiornata nel 2019 in occasione della sua presentazione ai lettori de Labirinto

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