Incipit da Silvio D’Arzo

– Così in treno non ci si arriva, lassù…
– No. E neanche in corriera.
– …
–Vi ci vogliono tre ore di mulo. E poi non d’inverno, s’intende. E neanche quando le nevi si sciolgono. Allora, non ce la fareste nemmeno con cinque.
– Beh… e suppongo che avrà pure un nome.
– Sì, mi pare di sì. Dev’essere l’unica cosa che abbia.

 

 

All’improvviso dal sentiero dei pascoli, ma ancora molto lontano, arrivò l’abbaiare di un cane.
Tutti alzammo la testa.
E poi di due o di tre cani. E poi il rumore dei campanacci di bronzo.
Chini attorno al saccone di foglie, al lume della candela, c’eravamo io, due o tre donne di casa, e più in là qualche vecchia del borgo. Mai assistito a una lezione di anatomia? Bene. La stessa cosa per noi in certo senso. Dentro il cerchio rossastro del moccolo, tutto quel che si poteva vedere erano le nostre sei facce, attaccate una all’altra come davanti a un presepio, e quel saccone di foglie nel mezzo, e un pezzo di muro annerito dal fumo e una trave annerita anche più. Tutto il resto era buio.

 

Silvio D’Arzo* (Italia, 1920-1952) – da Casa d’altri e altri racconti, Einaudi, 1980

 

*Silvio D’Arzo è uno pseudonimo di Ezio Comparoni, il più noto tra i molti adottati. Tutti i suoi scritti son stati pubblicati postumi. E’ autore di saggi (Contea inglese, Sellerio 1986), racconti brevi (L’uomo che camminava per le strade, Quodlibet 1993) e racconti lunghi o romanzi (Casa d’altri, Einaudi 1981; All’insegna del buon corsiero, Vallecchi 1942 – Adelphi 1996) tra cui L’osteria, (Quodlibet 1998).

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