Aurélio Edler-Copes, compositore, Parigi

La tua vita in poche righe ma esattamente da dove è iniziata e da dove hai cominciato a delineare le tue passioni e la tua vocazione attuale

Sono nato in una piccola città del sud del Brasile e, da quando ho memoria, la musica è sempre stata al centro del mio minuscolo universo – musica significa radio, musicassette e vinili di molti generi diversi. Quando avevo 11 anni, i miei genitori si trasferirono a Porto Alegre e ben presto iniziai a suonare la chitarra, spostandomi piano dal pop-rock al rock progressivo e strumentale, al jazz fusion, alla world music fino a scoprire la classica contemporanea che è stata una vera rivelazione! Ho poi studiato chitarra classica in Brasile e mi sono trasferito in Europa nel 2002, dove ho studiato composizione nei Paesi Baschi, teatro musicale in Svizzera e musica elettronica e per computer in Francia.  E’ stato anche molto importante – sia sul piano personale che professionale – vivere insieme ad artisti di diverse discipline nelle residenze che ho fatto a Roma, Madrid e Vienna. Importanti anche le collaborazioni con musicisti che hanno curato ed eseguito il mio lavoro, come per esempio Charlotte Testu di recente (una contrabbassista francese, di cui leggerete la storia la prossima settimana in chiusura del nostro ciclo dedicato alla musica contemporanea scoperta alla Biennale di Venezia #BiennaleMusica2018 #CrossingTheAtlantic).

 

 

Dimmi di più della vita del compositore nel tuo paese e se il sistema – dalle commissioni pubbliche a quelle private, incluso premi e competizioni – è abbastanza onesto e giusto

Guardando da fuori, penso che la musica contemporanea in Brasile ‘succeda’ soprattutto nei dipartimenti di musica delle università statali disseminate nel paese. Fuori da lì, non c’è un circuito solido con orchestre specializzate, festival, residenze, premi e sponsor (pubblici o privati che siano), etc, come si trovano in alcuni paesi qui in Europa. E’ forse per questa ragione che molti compositori contemporanei brasiliani vivano fuori dal paese.

 

 

Ci dici di più anche dello stile di Radio Bass (il pezzo in prima assoluta di Aurélio Edler-Copes che ho ascoltato suonato da Charlotte Testu a Venezia) ? Deriva da una traccia specifica in fase di commissione o sei stato lasciato libero di creare a tuo piacimento?

Se posso, io l’ho trovata una composizione molto politica non solo nella enorme ‘modernità’ del formato – quasi un ‘radio dramma’ per fruizione concertistica che potrebbe anche suggerire una diversa circuitazione del pezzo fuori dalle sale da concerto – ma anche nello stile assai peculiare della composizione. Ci dici di più per favore entrando un po’ nello specifico nelle ispirazioni e nel modo in cui l’hai scritto?

L’unica specifica in fase di commissione è che doveva essere un pezzo per contrabbasso ‘aumentato’ e quindi vuol dire che per tutto il resto sono stato molto libero. Ho scritto Radio Bass per voce amplificata e contrabbasso (un musicista), effetti a pedale ed elettronica per connettermi con il suono dei luoghi della mia infanzia (radio, cassette, dischi…) e indagare la fusione tra l’analogico ed il digitale. Il musicista che lo esegue ha una serie di pedali che ‘effettano’ la sua voce e lo strumento prima di confluirli in un amplificatore a valvole. Dall’altro lato, una serie di suoni pre-registrati, creati sia con una stazione radio che con un sintetizzatore vocale robotico, vengono processati dagli stessi pedali durante l’esecuzione e vengono connessi all’amplificatore – suonati e trasformati in tempo reale da un dispositivo digitale che ho sviluppato e che si ispira ai vecchi mangianastri.

Radio Bass è una sorta di patchwork in sette parti, ciascuna in relazione con uno specifico ‘radio-tema’: ‘equalizzazione’, ‘musica veloce’, ‘pubblicità pesante’, ‘musica lenta’, ‘segnale di spazio’, ‘news in loop’. Circa le tematiche, il pezzo esprime una visione critica della società del consumo e del modo in cui ci relazioniamo alle notizie. E stabilisce un dialogo tra il contrabbassista (lo strumento e la sua voce insieme) e la parte pre-registrata, inclusa un’altra voce che è in qualche maniera il ‘presentatore’ di questa radio pirata ‘esperta in disinformazione prefabbricata, pubblicità ingannevole, strana musica e, certamente, intrattenimento per basso’.

 

 

Le prossime composizioni in lavorazione? Scrivi per caso anche narrativa (poesia o prosa)?

Adesso lavoro su In Reflection, un nuovo pezzo per chitarra elettrica che sarà eseguito per la prima volta durante il tour nel Sud del Brasle del mio cd IN C+50 (che cita In C di Terry Riley). Dopo comporrò la seconda parte di Hörspiel, un radiodramma che sto sviluppando con il duo Bazar Électrique e, infine, un nuovo pezzo per sampler, orchestra amplificata, effetti a pedali ed elettronica live sviluppato in residenza (e commissionato) da IRCAM-Centre Pompidou e dall’Ensemble United Instruments of Lucilin (Lussemburgo).

No, niente prosa o poesia ma sempre di più sto scrivendo i testi per i miei pezzi musicali.

 

 

Cosa pensi di dare alla tua città e cosa senti di ricevere in cambio?

Vivo a Parigi da 10 anni e mi sento via via più straniero al ritmo della città. Probabilmente inquadro uno stile di vita più lento e ricevo in cambio un enorme flusso di informazioni che comunque è molto utile.

 

 

E un posto segreto dove ti piace nasconderti per rallentare?

Non è ne’ segreto ne’ nascosto ma mi piace moltissimo il mio quartiere, la Villette.

 

 

Cibo preferito?

Qualsiasi cosa vegetariana ed organica, fatta al momento!

 

 

Il libro e la musica (non tua) che ascolti ora?

I Madrigali di Claudio Monteverdi che ho citato in Radio Bass.

Adesso leggo In Praise of Slow che traccia un affresco dello ‘slow movement’ dagli Anni Ottanta ad oggi.

 

 

Un talento che hai, uno che ti manca

Domanda non semplice…non ho una risposta chiara al momento!

 

 

Cosa hai imparato sin qui dalla vita – in ogni direzione possibile, non solo in quella professionale?

Non è un concetto completamente acquisito ma è nel processo di: il fatto che, dopo aver avuto un’idea, anche se inizi a lavorarci devi impiegare del tempo perché le cose accadano nel ritmo giusto, nel loro proprio fluire.

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