Con lo scemare della marea

Con lo scemare della marea: recupero dei manoscritti del Conservatorio Di Musica Benedetto Marcello

“Ma l’oceano continuava a girare pagine vuote […]”

Il mare è storia, Derek Walcott

La sirena dell’acqua alta mi sveglia alle 5.46. È la terza mattina di fila. Sono annoiata. Tentando di bloccare il trillo invasivo di ciò che sembra una sirena antiaerea, mi giro e seppellisco la testa in un miscuglio di cuscini sconosciuti (è un appartamento in affitto). Cerco la mia maschera per dormire per bloccare la scheggia di luce cinerea che mi trafigge dall’esterno. Venezia si sta svegliando. Sveglia dai peggior postumi possibili di una sbornia, dalla seconda acqua più alta mai registrata.

Martedì 12 novembre, la gente del posto si è preparata per un atteso attacco di ammollo autunnale, noto come aqua alta. Venezia, la città galleggiante, “quel modello tra le cascate”* si è abituata in qualche modo ad affrontare le alluvioni che si verificano ogni autunno e primavera. I residenti possono essere strappati alla folla attraverso i loro trampolieri alti fino alla coscia, mentre le abitazioni al piano terra hanno le protezioni adeguate delle porte in metallo e le difese contro le inondazioni. Quindi, per la maggior parte, è come al solito.

L’aqua alta di martedì era tutt’altro che normale. A seguito dell’inversione di ogni tendenza che sembra essere una condizione fissa della modernità, (si pensi ai cambiamenti climatici), le condizioni meteorologiche tempestose hanno aggravato un’alta marea già estrema, portando le acque a raggiungere 1,87 metri. “Le previsioni del martedì mostrano solo che l’acqua alta raggiunge i 1,45 metri”, mi ha detto una negoziante assai scossa mentre disponeva la sua collezione di ornamenti danneggiati, riposando ingenua e ferita, su gradini sopraelevati. Per dimostrare la sua ragione, scuote un antico armadio – un armadio molto veneziano, molto caratteristico, con pergamene intagliate nel legno e dettagli perlati – sulle sue zampe anteriori, esponendo la sua schiena deformata, che collassa come le spalle curve e rugose di un residente esausto.

La biblioteca del Conservatorio Benedetto Marcello è un enorme armadio antico deformato, finanche peggio. È una perdita storica. Ospitata in Palazzo Pisani di Santo Stefano, un palazzo costruito tra il 1614 e il 1615 e fondata nel 1876, la biblioteca del Conservatorio Di Musica Benedetto Marcello esiste immota attraverso un calendario duraturo e insondabile per noi semplici mortali. Ha passato indenne l’unificazione dell’Italia come uno stato-nazione, l’inarrestabile corruzione della mafia, il famigerato e brutale fascismo di Mussolini e tuttavia è l’apparentemente passivo filtraggio della marea crescente che ha portato alla sua devastazione.

La prestigiosità della collezione della biblioteca richiede poche spiegazioni. Sede di opere originali di Mozart e Vivaldi, strumenti antichi e oggetti donati da Wagner, la collezione è palesemente una chiave di volta per il patrimonio musicale. È stato affermato che la biblioteca ha una “consistenza attuale di circa 55.000 volumi, che la colloca tra le più importanti biblioteche musicali italiane”. I suoi “scaffali” promuovono un’abbondanza di letteratura, che va da “teoria e trattati” a “partiture e ancora partiture per studio e performance”, pari a una raccolta di “quasi 5.000 manoscritti e oltre 3.000 editori antichi dai 1.500 al inizi del XIX secolo”**. In termini di danno, si pensa che il primo e il secondo scaffale siano persi, circa 1/4 della raccolta, poiché erano più vicini al suolo e quindi all’acqua alta.

Ove possibile, queste foglie di memoria culturale, questi manoscritti, sono in fase di recupero. Quando ho visitato il Conservatorio il giovedì seguente, risme di fogli e fogli musicali imbrattati, uniti a quello che sembrava un rotolo da cucina, erano ammucchiati su ogni superficie disponibile. Quel giorno, un tono diverso riempiva i corridoi di solito traboccanti dell’eco gentile di un pianista lontano, che si esercitava beato e perso nel labirinto dorato di Palazzo Pisani. Quel giorno, invece, i mormorii di persone si muovevano fradici e preoccupati attraverso scale e corridoi vuoti – i mormorii avevano una musica propria però. A seguito delle inondazioni, così tante persone – dagli specialisti della conservazione ai veneziani locali e compassionevoli – erano venute per aiutare a recuperare i documenti, che molte persone in realtà dovevano essere allontanate. C’è una resilienza in aumento contro-corrente che percorre e innerva tutta la comunità di Venezia.

Quasi tutte le mattine, sono ancora svegliata dall’allarme dell’acqua alta. Quasi tutte le mattine mi sconvolge o mi infastidisce. Ma non mi sconvolge come una volta. Il danno irreversibile che si è verificato al Conservatorio Di Musica Benedetto Marcello martedì 12 novembre è esattamente questo, irreversibile. L’allarme è diventato un chiaro richiamo alla pressione che affrontiamo come comunità sia a Venezia che in tutto il mondo, riguardo alla nostra crescente marea. È tranquilla, filtra ma presto sarà alla vostra soglia. Ascoltate l’allarme.


Holly Pollard (Regno Unito, 1996), editing e traduzione a cura di Slow Words


L’autrice ha letto di Slow Words grazie alla nostra intervista a We Are Here Venice. Ci ha inviato questa breve (e vera) storia la cui data è del 10 dicembre 2019 (la copertina è della fotografa Kira Wainstein)



* Jan Morris, Venice ( Eastbourne: Gardeners Books, 2004 ) 

**Unknown,‘Library of The Benedetto Marcello Conservatory’, Polo SBN Venezia, <https://polovea.sebina.it/ 2SebinaOpac/library/Biblioteca%20del%20Conservatorio%20Benedetto%20Marcello/VEACO?locale=eng> [accessed 20 November 2019]

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