Giuliano Gori, Fattoria di Celle

 

Ho visitato la Fattoria di Celle qualche anno fa insieme ad un giovane scultore toscano ed è stata un’esperienza straordinaria che ancora oggi ricordo tra le cinque meraviglie della mia vita. Non smetto di consigliarla e di desiderare di tornarci.

La straordinaria tenuta si trova in Toscana, a Santomato, 5 km da Pistoia. Ospita la collezione del pratese Giuliano Gori: 3000 metri quadrati per la collezione permanente divisa tra gli edifici storici della villa e 45 ettari di parco ed oliveto per l’arte ambientale. Con un ritmo davvero sostenuto – a volte più opere in un anno – una nuova opera viene ideata e posizionata nella tenuta. 

Il 5 marzo 2015 la vegetazione del parco di Celle è stata duramente colpita da una terribile tempesta di vento, che l’ha privata di ben 550 piante storiche. Nei mesi successivi, un costruttivo dialogo tra Giuliano Gori, Andrea Mati e Mirko Bianconi è sfociato in un’iniziativa riparatoria con la piantagione di cipressi, nell’intenzione di sottolineare l’importante ruolo che la natura svolge all’interno della collezione di Celle.

Trenta cipressi disposti su quattro filari convergenti dal paesaggista-musicista Andrea Mati suggeriscono al visitatore il percorso da compiere verso il punto “focale” dell’opera: una particolarissima Serra, progettata dallo scrittore (e architetto) Sandro Veronesi. Ispirandosi al paraboloide iperbolico, mito ingegneristico del secolo scorso ed espressione plastica del concetto fisico di “resistenza per forma”, Veronesi realizza un monumento in acciaio inox e vetro dedicato alla Poesia, intesa essa stessa come simbolo universale della “resistenza per forma”.

Fin dall’inizio l’intervento è stato concepito per individuare il punto in cui realizzare una serra nella sua funzione più autentica, cioè di spazio dove favorire la crescita di piante. La tradizione letteraria italiana è ricca di riferimenti alle piante, dal busso e dai ciliegi della “Signorina Felicita” di Gozzano ai limoni di Eugenio Montale, dalla ginestra di Leopardi ad altri celeberrimi cipressi toscani, quelli cantati da Giosuè Carducci. Così, il piccolo padiglione progettato da Veronesi è dotato all’interno di un semenzaio dove, di volta in volta, queste essenze saranno incubate e prodotte, per rendere omaggio ai poeti di oggi.

Il numero 30 è solo un punto di partenza, da incrementare negli anni piantando altri cipressi nell’area del parco. Si tratta quindi di un progetto “in progress” che sintetizza la vocazione della Fattoria di Celle a stimolare, attraverso una struttura-opera funzionante, una riflessione e un rinnovato apprezzamento della poesia.

La ‘Serra’ è la ‘prima’ creazione in senso artistico e plastico di Veronesi. Visitando Celle è possibile ammirare anche le opere di Magdalena Abakanowicz, Stefano Arienti, Alice Aycock, Roberto Barni, Massimo Biagi, Frank Breidenbruch & A.R.Penck (Ralf Winkler), Daniel Buren, Alberto Burri, Hera Büyüktaşçıyan, Enrico Castellani, Loris Cecchini, Giuseppe Chiari, Pietro Coletta, Fabrizio Corneli, Stephen Cox, Nicola De Maria, Luciano Fabro, Ian Hamilton Finlay, Piero Fogliati, Jean Michel Folon, Michel Gerard, Hossein Golba, Bukichi Inoue, Menashe Kadishman, Dani Karavan, Anselm Kiefer, Joseph Kosuth, Olavi Lanu, Sol LeWitt, Daniele Lombardi, Richard Long, Luigi Mainolfi, Luciano Massari, Eliseo Mattiacci, Fausto Melotti, Alessandro Mendini, Aiko Miyawaki, Robert Morris, Hidetoshi Nagasawa, Nunzio, Dennis Oppenheim, Mimmo Paladino, Marta Pan, Giulio Paolini, Claudio Parmiggiani, Giuseppe Penone, Beverly Pepper, Michelangelo Pistoletto, Jaume Plensa, Anne e Patrick Poirier, Dimitri Prigov, Ulrich Ruckriem, Gianni Ruffi, Richard Serra, Susana Solano, Alan Sonfist, Giuseppe Spagnulo, Aldo Spoldi, Mauro Staccioli, Marco Tirelli, George Trakas, Costas Tsoclis, Emilio Vedova, Gilberto Zorio.

Abbiamo intervistato Giuliano poco dopo l’inaugurazione della Serra. 

 

Giuliano, la sua vita in poche righe proprio da dove inizia

Sono nato a Prato il 16 agosto 1930, sono sposato con Giuseppina Taddei con la quale sono nati quattro figli. E sono dimorante a Santomato di Pistoia dal 1970. 

Nel 1982 inauguro gli Spazi d’arte alla Fattoria di Celle, la prima collezione privata d’arte ambientale, oggi conta una ottantina di installazioni ed è servito da modello a numerose altre iniziative nel mondo.

Ho ricoperto molti incarichi e sono membro di diversi comitati per l’arte ed il paesaggio (e ho promosso centri e parchi di sculture non miei), mi hanno premiato nel 2017 con il “Lifetime Achievement Award” istituito dall’Istituto Italiano della Cultura ed il Museum of Contemporary Art di Los Angeles ed il Suor Orsola Benincasa mi ha conferito una laurea honoris causa in Conservazione dei Beni Culturali. A Napoli ci sono stato anche come curatore responsabile della sezione Arti Visive della Città delle Scienze, Bagnoli (Napoli) dal 1995 al 1996. 

Sono fiero di dire che nel 1996 l’Associazione Internazionale degli Architetti Paesaggisti ha conferito il 1^ premio a Celle per il miglio parco privato italiano.

 

Oltre 64 artisti per oltre 80 opere che si integrano nel paesaggio, anzi diventano tutt’uno con esso. Cosa l’ha ispirata ad iniziare e proseguire con sempre maggiore dedizione la sua collezione di arte ambientale ospitata dalla sua tenuta, la Fattoria di Celle, poco fuori Pistoia nella meravigliosa trama del paesaggio toscano che ancora produce olio e vino?

La mia collezione ha due intervalli precisi, uno che definirei storico (i cui lavori risalgono alla guerra e successivi, soprattutto di artisti che allora rappresentavano l’avanguardia ed utilizzavano linguaggi nuovi). Per questo contingente di opere avevo ristrutturato un piccolo edificio a Prato che divenne presto un cenacolo, un luogo id incontro molto effervescente dove artisti e critici venivano volentieri da ogni parte d’Italia (Prato, come lo chiamo io, è l’ombelico della penisola, tappa obbligata per chi viene da Nord e chi viene da Sud del paese). Questo cenacolo vivace durò fino alla primavera degli anni 70.

Abbiamo trasferito la collezione storica a Celle, nella villa dove trovi anche 10 lavori di Burri, ad esempio e molti altri. Questa collezione non ha niente in comune con quella di arte ambientale di Celle, che inizia dopo di questa.

Nella mia vita ho capito presto di essermi innamorato del modo di fare arte ma nel 1961 ho fatto un’esperienza che mi ha cambiato il modo di intendere l’arte. In quell’anno visitai il Museo di arte catalana di Barcellona – ero in città perché mi avevano invitato alla locale università per un’introduzione ed un omaggio ad un artista, Osvaldo Licini. 

Il museo ospitava opere d’arte antica anche dall’anno 1000 in avanti, allestite nei contesti re/costruiti appositamente, per dare un-idea delle condizioni esistenti quando l’artista ha concepito il suo lavoro. Per darle un’idea, se il pezzo esibito era una pala d’altare, allora veniva mostrata con un altare ricostruito attorno. Ricordo ancora che chiamai immediatamente mia moglie Pina che era rimasta a Prato per dirle che ero davvero meravigliato e che avrei voluto tornassimo insieme a visitare ancora questo museo. Mia moglie mi rispose che forse anche io sarei stato impressionato da qualcosa d’altro che stava per dirmi (mi rivelò che aspettava il terzo figlio!)

In quel periodo vedevo anche le prime opere di arte ambientale che erano concepite con materiali precari per manifestazioni temporanee. Così ho voluto sfidare gli artisti a lavorare insieme allo spazio per creare un’opera durevole nel tempo.

Sono arrivato a Celle nella primavera del 1970. Prima di questa fattoria, possedevamo un’altra proprietà agricola che era fantastica da questo punto di vista (anche molto più importante di Celle nella sua funzione originaria) ma non era adatta a diventare quello che per lei aveva in mente, così la vendetti.

 

Che tipo di pubblico negli anni ha visitato la Fattoria di Celle e cosa l’ha stupita di più nella relazione con esso?

Aperto al pubblico su appuntamento fin dal primo anno, 1982, per primi sono accorsi gli stranieri, soprattutto dal Nord Europa dove l’informazione sull’arte contemporanea internazionale faceva parte dell’informazione quotidiana sui giornali/radio/tv. Poi nel tempo abbiamo visto l’entusiasmo con cui l’Italia ha accolto le espressioni a noi più vicine, a partire dagli studenti delle Accademie di BBAA e delle Università. Oggi posso dire che a visitarci sono soprattutto i grandi musei, le università e gli enti culturali di tutto il mondo e mi stupisce che, sebbene siamo partiti nel 1981 senza modelli di riferimento, lo siamo diventati per tante realtà internazionali.

 

Ogni opera è nata da una visita dell’artista invitato al Parco di Celle e da una libera relazione tra lei, figura di mecenate atipico e che ricorda molto da vicino il rapporto tra arte e territorio che fu proprio di illustri predecessori toscani, e la personalità di volta in volta prescelta. Le opere creano un sogno ad occhi aperti da attraversare, abile a catturare anche chi non è esperto di ‘arte’ in senso professionale.

Le opere un tempo si realizzavano per commissione ma oggi sia questa che altre caratteristiche della creazione artistica sono andate perse.

Non mi definisco mecenate perché non compio nessun atto da mecenate per come è inteso ora. Oggi i moderni mecenati che sostengono l’arte lo fanno soprattutto per il proprio ritorno pubblicitario.

Amo piuttosto definirmi un imprenditore senza profitto. 

Da collezionista sono diventato un imprenditore senza profitto.

Soprattutto ho voluto sperimentare quel legame che, nel corso dei secoli recenti col sorgere della figura del mediatore, era venuto meno. Cioè instaurare il rapporto diretto tra il committente e l’artista, invitando quest-ultimo a lavorare sul posto, tenendo presente le specificità del luogo. E’ un modello antico che a Celle ritorna.

Voglio anche sottolineare che lavorare in un contesto come quello ambientale richiede moltissimo tempo, dai 3 mesi ai due anni per opera. E l’impegno è grandissimo.

Per esempio, per l’ultimo lavoro di Veronesi ci sono voluti sedici mesi di lavoro.

 

Per la prima volta quest’anno si è cimentato con la poesia e con la scrittura anche se la sua fondazione edita libri e cataloghi di pregio. Ci racconta più da vicino come è arrivato a invitare proprio Sandro Veronesi ed Andrea Mati?

Le copio qui l’introduzione del mio testo scritto per il volume dedicato alla Serra dei Poeti, che è una collaborazione a 4 mani tra due eccellenti creativi:

‘L’ottantesima opera ambientale di Celle è apparsa come un fiore spontaneo nell’uliveto a ovest del parco. Con le sembianze di un aquilone sembra esser planata per adagiarsi sull’erba circostante ad aspirare il nettare delle altre opere, impregnate anch’esse di poesia. 

Con il variare della luce e del clima la Serra offre sensazioni sempre nuove, avvalendosi della sua vitrea trasparenza e di notte evoca immagini surreali, come se una porzione del cosmo stellare si fosse appropriata dello spazio interno per radicarne il principio di un laboratorio astronomico.

La SERRA DEI POETI, magistralmente realizzata dallo scrittore e architetto Sandro Veronesi,  è il segmento che ricongiunge in modo circolare il nostro primo incontro con Bartolomeo Sestini, poeta e patriota da sempre, architetto una sola volta per la Voliera del parco di Celle – manufatto che  racchiude in sé le caratteristiche dell’arte ambientale, e per questo da noi subito elevato a simbolo dei nostri successivi interventi.

L’emozionante coincidenza, idealmente celebrata dall’incontro della Voliera con la Serra dei Poeti, conferma la vocazione di Celle come luogo predestinato all’eccellenze, dove diversi artisti hanno radicalmente cambiato la loro creatività espressiva. Sandro Veronesi e Bartolomeo Sestini hanno molto in comune tra loro, celebri nella letteratura, laureati  in architettura, entrambi realizzano a Celle il loro unico progetto architettonico.’

 

Quali sono i poeti ‘rappresentati’ dai semi della Serra?

Premetto che è un progetto destinato ad allargarsi a includere le espressioni poetiche di diverse provenienze e differenti epoche. Per iniziare abbiamo compiuto, insieme agli autori della Serra,  una scelta non esaustiva ma molto personale tra poeti italiani: Guido Cavalcanti (1255-1300), Dante Alighieri (1265-1321), Francesco Petrarca (1304-1374), Giovanni Boccaccio (1313-1375), Ludovico Ariosto (1474-1533), Torquato Tasso (1544-1595), Ugo Foscolo (1778-1827), Alessandro Manzoni (1785-1873), Giacomo Leopardi (1798-1837), Giosuè Carducci (1835-1907), Giovanni Pascoli (1855-1912), Gabriele D’Annunzio (1863-1938), Eugenio Montale (1896-1981), Giuseppe Ungaretti (1888-1970), Pier Paolo Pasolini (1922-1975), Michelangelo Buonarroti (1475-1564), Bartolomeo Sestini (1792-1822), Umberto Saba (1883-1957), Dino Campana (1885-1932), Vincenzo Cardarelli (1887-1959), Camillo Sbarbaro (1888-1967), Salvatore Quasimodo (1901-1968), Sandro Penna (1906-1977), Leonardo Sinisgalli (1908-1981), Mario Luzi (1914-2005), Andrea Zanzotto (1921-2011), Giovanni Giudici (1924-2011), Amelia Rosselli (1930-1996), Alda Merini (1931-2009), Valentino Zeichen (1938-2016).

 

Lei come lettore: che luoghi, che tempi, che metodi? Quale libro è tra le sue mani adesso? 

Naturalmente nella prima parte della vita mi sono dato molto alla letteratura e poi nel tempo sono passato alla saggistica. Attualmente mi interessa molto Andrea Emo, un filosofo scoperto recentemente da Massimo Cacciari che ha scritto alcuni passaggi indimenticabili sull’arte – le opere d’arte, i poemi, le forme, sono testimoni del tempo, di un attimo irripetibile del tempo. Sono gli orologi del tempo, e, forse come tutte le opere umane, le creatrici del tempo che perpetuano. Appunto perché affermano un istante che non fu mai prima e non si ripeterà mai più; appunto perché sono consustanziali a questo istante, le opere d’arte, le opere della coscienza, sono eterne. Ecce mysterium.

 

Che musica ascolta in questi periodo?

La musica è parte integrale della mia vita, a parte Celle.

Se vogliamo parlare di Celle, dovrei dirle proprio a questo punto (dato che mi chiede della mia musica preferita) che non ho mai considerato Celle come un parco di sculture o un parco d’arte. Anzi, il suo opposto.

Celle andrebbe considerata come un laboratorio interdisciplinare dove trovano posto, accanto all’arte e in maniera paritetica, musica letteratura e poesia ed ogni altra manifestazione della cultura. Il nostro penultimo lavoro installato prima della Serra di Veronesi è stato un lavoro di Daniele Lombardi (la Porta Musicale per la Cappella di Celle 2016. Ci ha lasciati da poco, e poco prima di aprire il Maggio Fiorentino. Era un eccellente compositore e del pari un eccellente esecutore ma era molto legato anche alla poesia visiva e alla pittura, sperimentando in entrambe. Ha un grande posto qui. E nei 35 anni di relazione, abbiamo fatto cose meravigliose insieme. Adesso sto ascoltando le sue composizioni.

Qui da noi sono passati molti musicisti amici, come per esempio Luciano Berio (che ha donato uno dei suoi lavori, il primo!) e Max Neuhaus. Di quest’ultimo mi ha sempre colpito il concetto del suono&silenzio, infatti aveva ideato per Celle una musica/frequenza di cui ci si accorgeva soltanto nel momento in cui, ad intervalli, si interrompeva. Cioè dal silenzio si risaliva alla presenza della musica precedente mentre quando suonava non moltissimi visitatori si accorgevano di quest’opera. Ci siamo divertiti per un periodo a fare statistiche e a volte in un gruppo di 20 visitatori, solo 1 ‘capiva’  e sentiva questa opera. 

 

Cosa ha imparato sin qui dalla vita?

Mi servirebbe lo spazio di qualche tomo per dirle cosa ho imparato e, anche così, potrei aggiungere che ogni giorno, ogni giorno continuo ad apprendere e ogni giorno, ogni giorno so di non sapere abbastanza,

Vorrei anche dirle che sono un profondo amante della natura e che non smetterò mai di studiarla.

Di recente ho visto un esperimento, mettevano dei sensori in un vaso di fiori e trasformavano in musica i linguaggio delle piante, altrimenti non udibile. Io sono stato sempre convinto dell’esistenza del linguaggio delle piante e del fatto che usassero un codice di comunicazione, ho scritto tanto in questi anni su eccezionali esempi di cui sono stato testimone. Mi piacerebbe, un giorno, pubblicare le mie esperienze per raccontare il linguaggio della natura.

 

Fonte della foto di copertina: Follow Art With Us

Pianifica la tua visita alla Fattoria di Celle: http://www.goricoll.it

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