Il nostro capolavoro è la vita privata

Per Jules

I.

C’è qualcosa giù lungo il lago che ci rifugge, 

un timido evento, un segreto della luce che cade sull’abisso,

una fonte di dolore che ancora non vuole essere proprio scoperta?

Perché dovrebbe importarci? Forse che il desiderio non proietta

i suoi arcobaleni sulla porcellana grezza

della pelle del mondo e non colma l’aria con le sue misure?

Perché cercare altro?

II.

E adesso, mentre i paladini dell’orrido e del dolore

spingono la loro chiatta grondante su e giù per la spiaggia, mangiamoci

il rombo sorseggiamo questo splendido Beaune bianco.

Vero, la luce è artificiale, e non siamo in abiti eleganti.

Che importa. Ci piace qui. Ci piacciono i manzi nel campo qui accanto,

ci piace il rumore del vento che passa sull’erba. Il modo in cui parli, 

con quella voce sommessa, le nostre confidenze delle ore piccole….

perché vivere per qualsiasi altra cosa? Il nostro capolavoro è la vita privata.

III.

In piedi sul molo tra il Cigno errante e la Stella immacolata, 

a respirare l’aria notturna mentre l’attimo di piacere colto

nel piacere che svanisce sembra accrescersi, con la sua bellezza

che si insozza da sé, che può solo essere ciò che è stata e sostiene se stessa

un poco più a lungo nel suo andarsene, penso al nostro paesaggio indolore

attraverso le partizioni progressive, gli accessi che sanguinano

nella normalità, lasciandoci ogni volta un po’ più spossati,

un po’ più discosti dalle esperienze, che, ai vecchi tempi,

ci tenevano prigionieri per ore. Il viaggio in auto sulla strada tortuosa

di ritorno verso casa, il mare che percuote le scogliere,

il bicchiere di whisky sul tavolo, il libro aperto, le domande,

tutte le ricompense del giorno in attesa sulle soglie del sonno…


Mark Strand (Canada-USA, 1934-2014)

In copertina: Harmony Korine (1973-), VHS Paiting, 2010, collezione agnès b., Parigi

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