Maria Novella dei Carraresi

La tua vita in poche righe

Nasco a Padova il 23 dicembre 1959. 

Mio padre inizia la sua esperienza di editore a Milano e noi – mia madre e le mie tre sorelle – ci spostavamo, all’epoca, tra le due città fino a che, a sei anni mi sono trasferita in Toscana, vicino a Firenze in campagna dove tutt’ora ho una base e dove mio padre aveva la sua casa editrice – Scala, il più grande archivio fotografico a colori. 

Ho sempre respirato un clima straordinario e  stimolante. 

Sulla mia vita ‘italiana’ aggiungerei che si è svolta tra Padova, Venezia, i Colli Euganei e Firenze come famiglia, nascita e tradizione. Ho, poi, vissuto sette anni negli Stati Uniti, un anno in India, quasi un anno in Sudamerica. Ho viaggiato tanto e sono rientrata nel nostro paese a 29-30 anni e da allora mi sono stabilizzata in Veneto. Negli ultimi 12 anni a Venezia.


Perché non Milano e Roma nelle tue traiettorie italiane?

Sono città che amo tantissimo ma che mi sfuggono. Le adoro ma in questa vita ho scelto Venezia e dintorni – e Firenze e dintorni. 

Devo occuparmi di un patrimonio ereditato, un lavoro molto impegnativo; non mi occupo solo di attività artistiche.


Prima di parlare del tuo lavoro come scrittrice vorrei parlare di quello di performer – anche se sono strettamente legati. Per un gran periodo della tua vita sembra tu abbia tenuto più a quello…

Diciamo che il sogno della mia vita è stato quello di fare l’attrice, la ballerina, la cantante. Per le vicissitudini legate al patrimonio – per grazia o per disgrazia – non sono riuscita a fare tutte queste cose appieno anche se fin da giovanissima la danza e la recitazione sono state molto importanti per me. E in una seconda fase sono diventata cantautrice, ho scritto parecchie canzoni e quella è una cosa che penso potrò fare anche più avanti. Le scriverò fino a 80 anni e per i miei bisnipoti! E’ un talento che sento di avere ma va coltivato. Recentemente ho fatto un recital e forse è la forma più adatta che non richiede prestazioni esagerate. Spesso recito con un chitarrista o un’altra voce. Cerco di creare anche dei piccoli spettacoli. 

Nella danza contemporanea mi sono occupata di coreografia e mi piace mischiare danza, musica e teatro. Ho ancora un progetto nel cassetto, anzi più di uno! Quello a cui tengo particolarmente e che desidero produrre presto, è legato al flamenco. Sono appena stata in Spagna, è una danza molto completa e mi piacerebbe approfondirla, anche se iniziare a ballarla in questa vita è tardi. Sono interessata alla danza etnica e alle tradizioni dei diversi paesi, vorrei coniugare culture diverse – o in uno stato di guerra permanente – in uno stesso spettacolo: Spagna, Turchia, Armenia. Popoli che non si conoscono o si misconoscono e che nella danza potrebbero incontrarsi.

Nessuno sa che il flamenco in Spagna viene considerato come una forma di sufismo, ha un lato religioso e trascendentale molto intenso anche se avvolto in una sensualità spinta che invece il sufismo non possiede nelle sue espressioni coreografiche, tuttavia si rassomigliano negli intenti. 


L’ultimo libro che mi è capitato di sfogliare dei tuoi è una favola illustrata e in formato extralarge che hai scritto (tratto da una storia vera) in rima dalla prima all’ultima parola. Una filastrocca contemporanea. Hai scritto altri libri per bambini?

E’ una storia vera raccontata esattamente come è successa. Sono riuscita a scriverla in rima di getto. Tante volte mi avevano chiesto di scriverla e in un paio di giorni, con la giusta ispirazione, ci sono riuscita. Ho chiesto a un amico (Davide Gabriele) di disegnarla: è un giovane pittore astratto che per la prima volta si cimentava nel genere illustrato. L’ho pubblicata con la mia casa editrice, collega alla mia associazione non profit (Ass. Le Pleiadi). Non volevo aspettare di trovare un editore. E la condivido volentieri.


E il tuo secondo romanzo? Ci anticipi qualcosa? Ha una narrativa classica e un plot calato nel presente?

Finalmente L’Orologio di Siviglia è finito, vorrei trovare un editore.

E’ un storia contemporanea. E’ più d’azione rispetto al primo romanzo: in questo libro mi piace mescolare la realtà sociale, civile, geografica e politica delle persone a un aspetto mistico. Una delle protagoniste vive, infatti, un’esperienza mistica e questo momento della storia è autobiografico: io cerco sempre il misticismo. 

La protagonista intraprende un viaggio e parte di esso è un sogno sciamanico che io ho fatto davvero. 

Questa trasposizione di una dimensione alta ed importante – quasi il faro della mia vita – è il cuore del plot.  Lei ha delle rivelazioni, vive quest’esperienza che io ho vissuto sia in sogni che in esperienze: l’assoluto, l’estasi pura. L’unione con gli astri, col cosmo. La possibilità di arrivare con estrema semplicità, anche se con un percorso contorto, alla consapevolezza che noi siamo l’universo. 

E’ un’esperienza che io ho provato più volte – sia in sogno sia con la meditazione. 

Non è difficile da raggiungere anche se il cattolicesimo ci preclude questa dimensione forzandoci a pensare a concentrarci sulla nostra condizione di peccatori. 

Il peccato è una dimensione statica, che nulla ha a che fare con la consapevolezza. Pensa al bambino, che non conosce il peccato: è in un’estasi permanente che significa, in parole semplici, adesione perpetua alla realtà. E’ come un ruscello che gorgoglia. L’esperienza mistica è esattamente questo e spesso noi nella vita adulta pensiamo a non averne più diritto.

La protagonista scrive una guida per l’Andalusia, la storia si tinge di giallo – o meglio di noir – perché inavvertitamente fotografa un messaggio criptato e la sua guida viene sabotata. In realtà si tratta di un escamotage narrativo per raccontare la sua vita e i suoi amori – storia dentro storia. Lei si sposa con il compagno di una vita e fa un incontro – anche erotico – inaspettato a Londra che appare nuovamente e che l’accompagnerà in questo viaggio mistico. Ci sarà anche un terzo uomo: comprendi già che la mia eroina è una donna giovane e libera che si trova a vivere tre relazioni.

Suo marito è un giornalista e devo dire che mi piace molto avere la figura del reporter, un personaggio molto generoso e spesso integralista – anche nella realtà della vita – proprio per andare al meglio in fondo alle cose. 

Non voglio raccontarti tutto: questo marito scomparirà, lei lo cercherà perché nel frattempo è madre e non sa di chi. Nel finale il secondo romanzo si lega al primo poiché il terzo incontro appartiene a una serie di personaggi minori di quella storia.

Nel mio romanzo traspaiono, naturalmente, le cose in cui credo. Sono progressista, europeista e fortemente pacifista. Spero di dare per quanto posto un sostegno nei tempi bui che stiamo vivendo. Anche se il romanzo si situa molto nell’esperienza estatica che ho vissuto.

Per chi ha la consapevolezza che questa realtà esiste, capisce che deve difendere la casa di tutti, il cosmo. Tante volte perdiamo per strada questa visione.

Se uscisse il romanzo, mi farebbe piacere abbinarlo ad uno spettacolo che mischi Oriente e Occidente – in ambito europeo.


Oltre alle tue passioni artistiche ospiti anche altri artisti nella tua home gallery, al piano terra della tua casa accanto all’Accademia. Come va in un posto come Venezia, gigantesca vetrina internazionale?

Seleziono degli artisti che mi piacciono per sei mesi l’anno; per gli altri sei ci sono tanti artisti che mi chiedono lo spazio per esporre. E’ una galleria non profit: ora sto riflettendo se trasformarla in una galleria commerciale dove i visitatori che entrano possono comprare le opere. A Venezia come sai durante la Biennale si va in deroga: tutti possono affittare degli spazi per mostre d’arte e per noi veneziani questo è un sostegno molto importante.


A proposito di talenti, e in rapporto alla creazione artistica, quale senti di non aver abbracciato o di non aver sufficiente ‘talento’ per?

Ho abbracciato la fotografia e mi è piaciuta molto, ho interesse verso l’arte figurativa e ho già provato, spero di potermici riavvicinare. Ho già un’idea ma al momento non te l’anticipo perché ci sto ancora lavorando sù. Sarà per la stagione invernale quando ho gli spazi della galleria tutti per me.


Cosa hai imparato sin qui dalla vita?

Credo di avere una visione chiara, dopo quasi sessanta anni in questa vita: la nostra generazione in Europa ha avuto l’enorme privilegio di non vivere la guerra.

Sono sempre stata sempre molto sensibile a quella combattuta con ogni mezzo altrove – mi ricordo che da piccola spesso scappavo a piedi nudi di notte, terrorizzata dalla Guerra Fredda.

La pace è un valore incommensurabile e dobbiamo batterci per essa.

Nella vita poi arrivano dei grandissimi regali che altrettanto improvvisamente ti vengono tolti: occorre imparare a proteggersi e per farlo è necessario crearsi radici personali profonde, per avere identità, diritti e una dimensione interiore forte di fronte a quello che la vita porta e toglie allo stesso tempo. 

Lascia un commento