Martin Eden

La sua attenzione fu richiamata da un quadro a olio, in cui un’onda possente si infrangeva su uno scoglio sporgente, mentre il cielo era coperto da nuvoloni minacciosi; al di là della linea dei frangenti una pilotina, che andava di bolina stretta e sbandando rivelava ogni particolare del ponte, stava beccheggiando sullo sfondo del tempestoso cielo al tramonto. Era una visione di bellezza che lo attrasse irresistibilmente. Dimenticando la sua andatura goffa egli si accostò al dipinto, finché gli fu vicinissimo. La tela perse tutta la sua bellezza e il suo viso assunse un’espressione perplessa. Guardò fissamente quello che gli parve un trascurabile scarabocchio e indietreggiò di un passo. Subito l’impressione di bellezza sembrò tornare nella tela. “Un quadro basato su un trucco”, pensò rimuovendolo dalla mente, anche se tra tutte le numerose impressioni che percepiva trovò il modo di avvertire una punta di indignazione che tanta bellezza dovesse essere sacrificata a un trucco. Non si intendeva di pittura. Aveva dimestichezza solo con oleografie e litografie che erano sempre definite e nette, da vicino o da lontano. A dire il vero aveva visto quadri a olio esposti nelle vetrine di negozi, ma lo schermo del vetro aveva impedito al suo sguardo ansioso di andar loro troppo vicino. 
Si girò a dare un’occhiata all’amico che leggeva la lettera e vide i libri sul tavolo. Subito nei suoi occhi balenò un lampo di acuto desiderio simile a quello che affiora nello sguardo di un affamato alla vista del cibo. Un irrefrenabile impulso lo portò, con un dondolio delle spalle prima a destra e poi a sinistra, al tavolo, dove cominciò a toccare i libri con dolcezza. Guardava i titoli e i nomi degli autori, leggeva brani dei testi accarezzando i volumi con gli occhi e con le mani e, in un caso, riconobbe un libro che aveva letto. Per il resto si trattava di libri e di autori a lui ignoti. Si imbatté in un volume di Swinburne che cominciò a leggere metodicamente, dimentico del posto in cui si trovava, con il viso rosso. Due volte chiuse il libro tenendo il segno con l’indice per guardare il nome dell’autore. Swinburne! Avrebbe ricordato questo nome. Aveva occhi acutissimi costui, e sapeva cogliere i colori e i balenii di luce. Ma chi era questo Swinburne? Era morto da cent’anni o pressappoco, come la maggior parte dei poeti? O era ancora vivo, impegnato a scrivere? Girò il frontespizio… sì, aveva scritto anche altri libri; bene, come prima cosa la mattina dopo sarebbe andato alla biblioteca con prestito gratuito e avrebbe cercato di prendere delle altre cose di Swinburne. Tornò al testo e si immerse nella lettura. Non notò che nella stanza era entrata una giovane donna. Se ne accorse solo quando sentì la voce di Arthur che diceva: 
“Ruth, ti presento il signor Eden”. 
Chiuse il libro tenendo il segno con l’indice e prima di girarsi vibrava già a una sensazione del tutto nuova, che non era dovuta alla ragazza ma alle parole di suo fratello. Sotto quel suo corpo muscoloso palpitava una sensibilità acuta e nervosa. Al minimo impatto del mondo esterno sulla sua coscienza, i pensieri, le simpatie e le emozioni divampavano e guizzavano come fiamme. Era straordinariamente sensibile e reattivo, mentre la sua immaginazione, fortemente stimolata, lavorava incessantemente a stabilire relazioni di somiglianza e differenza. “Signor Eden” era ciò che lo aveva fatto vibrare – lui che per tutta la sua vita era stato chiamato “Eden” o “Martin Eden” o semplicemente “Martin”. “Signore!”. Era certo un bel progresso, disse fra sé. La sua mente parve trasformarsi, in un attimo, in una vasta camera oscura, in cui vide vorticare innumerevoli immagini della sua vita, di sale delle caldaie e di castelli di prua, di accampamenti e di spiagge, di prigioni e di taverne, di lazzaretti e di strade dei bassifondi, il cui filo conduttore era costituito dal modo in cui le persone si erano rivolte a lui in quelle varie situazioni. 
E poi si girò e vide la ragazza. La fantasmagoria del suo cervello svanì alla vista di lei. 



Jack London (John Griffith London, USA 1876-1916)

dal capitolo 1 di Martin Eden – GUM Mursia, traduzione di A. Lami 



Ho letto questo libro alla biblioteca pubblica Ca’ Foscari Cultural Flow Zone (Venezia)

Copertina: Luca Marinelli e Jessica Cressy, still dal film Martin Eden di Pietro Marcello (2019)


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