Paul Barbera, New York e Melbourne

La tua vita in poche righe, con un accenno alla tua età formativa

 

Nasco a Melbourne negli anni 70. E’ nella stessa città che vengo preso ad una scuola d’arte molto importante, attorno ai 20 anni. Mi trasferisco ad Amsterdam ai 28 e lì ho ricominciato daccapo, gli olandesi furono particolarmente duri, ma creativamente mi ha permesso di crescere moltissimo.

Quando avevo 35 anni ho avuto una piccola epifania riguardo il mio lavoro e sul lungo viaggio fatto di anni di ricerca per trovare la mia voce – ebbi un momento di chiarezza e da allora non mi ha più abbandonato. Mi trasferisco a New York a 38 anni.

 

 

Fotografare è ricordare ma anche capire e spesso con una sola immagine hai la responsabilità di creare il primo e forse unico atto di comprensione per gli altri.

 

Il tuo campo è principalmente quello del lusso e degli stili di vita ma sembri avere anche una predilezione per i posti delle persone, specialmente i luoghi di lavoro.

Lo fai perché oggi il mercato del lavoro è talmente evanescente e perché ami ritrarre l’integrità del sogno di ognuno si realizza con la creatività? Questa fanzine letteraria, Slow Words, è concentrata esclusivamente sulle persone come puoi vedere – sui loro sogni e sul loro lavoro…Quindi siamo rimasti assai colpiti dalla tua serie ‘Where They Work’…

 

Come è nato Where They Create Japan? Perché il Giappone? E quale potrebbe essere il secondo paese?

 

Where They Create, la serie, nasce come omaggio al mio amore per il viaggio e per gli artisti che incontro.

 

Il progetto nasce anche prima che decida di dedicarvi un blog o di pubblicare un libro. Grazie a Frame Publishers ho avuto di opportunità di fare il mio primo libro di Where They Create nel 2011, parlava di un gruppo molto ampio e variegato di ‘creativi’ di tutto il mondo. Quando arrivai al momento di dare un seguito, mi piaceva di più avere un focus per fare un nuovo libro. Il Giappone è uno dei miei paesi preferiti nel pianeta e nel 2014 feci un viaggio lì: si è rivelato pieno di ispirazioni, quindi ho pensato fosse naturale iniziare proprio da questo paese. Spero che il prossimo libro sia sugli Stati Uniti, dato che vivo qui da oltre cinque anni. Ma ho viaggiato davvero poco fuori New York e devo conoscere di più l’America prima.

 

 

Quanto sei conscio di essere un poeta dell’ignoto con il tuo modo unico di entrare nella vita degli esseri umani?

 

Non sono sicuro di comprendere appieno quel che vuoi dire, ma per quanto riguarda il modo in cui lavoro con i miei soggetti, sono molto conscio di voler essere il meno intrusivo possibile. Il mio stile come fotografo è quello del reportage di un puro osservatore.

 

 

Il traguardo più importante come fotografo e quello, invece, più personale?

 

Non ne ho uno specifico. Anche se qualcosa di molto significativo nella mia vita è accaduto, come ad esempio trasferirmi a New York, una volta raggiunto un traguardo, lo dimentico in fretta e mi concentro sul prossimo.

 

 

Una cosa bella capitata di recente?

 

Così tante ma ricordo questo, un viaggio recente di vacanza con la mia famiglia in Vietnam per festeggiare il compleanno di mia madre. Era la prima volta che ci andavo e siamo stati a Da Nang e Saigon. La mia famiglia vive in Australia e li vedo solo qualche volta l’anno se sono fortunato quindi per me è stato molto speciale, ne accarezzerò la memoria per il resto della mia vita.

 

 

 

Cosa ti da la tua città e viceversa (presumiamo New York, definitivamente!) anche se sei un giramondo? Pensi possibile, in futuro, un ritorno a Melbourne – una città davvero meravigliosa?

 

New York è forse il più grande centro creativo al mondo, quindi senti molto naturalmente di voler essere qui data l’incredibile varietà di artisti che ci vivono. Penso tuttavia che il flusso di informazioni di oggi renda non strettamente necessario l’essere qui – e poi io trovo molta ispirazione viaggiando. Tuttavia per me New York è un’ottima base. Melbourne è un posto meraviglioso dove vivere ma lo sento troppo lontano. Ho vissuto anche in Europa e mi manca il suo stile di vita, ma per ora la mia casa è definitivamente New York.

 

 

La tua passione culinaria preferita?

 

Mio padre era italiano, mia madre è nata in Tunisia con origini maltesi ma è stata fantastica, imparando a parlare italiano oltre ad essere madrelingua francese e parlare inglese. Ha anche appreso la cucina italiana e io ho ereditato la mia passione per il cibo italiano da lei. Da bambino magari non l’apprezzavo tanto dato che andavo matto per pesce fritto e patatine tipico della tradizione Anglo-Australiana ma adesso adoro l’eredità che mi ha trasmesso – lei ama ancora andare al mercato dei contadini e scegliere i prodotti più freschi.

 

 

Il tuo drink preferito?

 

Chanti Classico per cena, acqua calda con succo di limone e miele se sono malato; un espresso per iniziare la giornata.

 

 

La musica ed i libri con te ora?

 

Bending Adversity: Japan and the Art of Survival di David Pilling

The 4-Hour Workweek di Tim Ferriss

La rivista Business Week di Bloomberg.

Adoro la musica del compositore Max Richter

Ascolto molti lunghissimi podcast – per citare uno dei tanti, 99% Invisible

 

 

Come (se ti piace) cerchi di vivere lentamente nella tua città?

 

Vivo e socializzo molto localmente – la maggioranza dei miei amici più cari vive a circa 10 minuti a piedi da me, e ci sentiamo tutti i giorni – questo mi rallenta nel modo migliore possibile. Dei buoni amici ti radicano ed io sono stato molto fortunato ad avere delle persone che conosco da quasi venti anni che vivono con me a New York – non era qualcosa di pianificato ed è accaduto, le cose possono accadere anche fortuitamente.

 

 

Un talento che hai, uno che ti manca?

 

Dicono che io abbia un talento nel conversare. Penso che derivi dal non essere in grado di fare lo spelling. E’ anche questo che mi ha motivato a darci dentro con la fotografia.

 

 

Dove ti vedi tra dieci anni?

 

A fare ancora di più quello che faccio ora, a viaggiare tra New York, l’Australia ed il Giappone. Magari se possibile facendo più film e immagini in movimento di quanto faccia ora – e spero di restituire un pochino di più, magari insegnando un po’ e facendo più beneficenza.

 

 

Cosa hai imparato, sin qui, dalla vita?

 

Prometti meno e consegna di più. Fai esattamente quello che dici. Resta umile, mantieni le cose semplici. Lavora duramente e usa le tue mani.

In tutto questo, troverai l’effimero della felicità.

 

 

Abbiamo raccontato per voi Where They Create Japan, potete leggerne qui

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