P’Orto l’Orto, Lampedusa

Lampedusa, la maggiore delle isole Pelagie che in Siciliano si chiama ‘Lampidusa’, si trova nel Canale di Sicilia e fa provincia con Agrigento. E’, quindi, nel cuore delle rotte migratorie più calde del pianeta – e non certo da oggi. E’ il primo avamposto d’Europa verso la Tunisia. Dirimpettaia dell’Africa, lato Libia, lo è anche una curiosa isola greca, Gavdos – isolata, più grande, con solo 152 abitanti. Insieme a Malta, le Pelagie e Gavdos sono l’ultima corona frammentata d’Europa prima dell’Africa. Queste isole sono spesso approdi obbligati per tutti quelli che nel nostro continente arrivano via mare e non riescono a compiere il loro viaggio fino alla destinazione naturale (spesso le coste siciliane o calabre, nel caso dell’Italia). Secondo le stime dell’OIM, nel 2015 l’Europa ha ricevuto oltre un milione di rifugiati (quota 2015, secondo l’OIM, quadruplicata dal 2014), benintesosi parla qui solo di quelli arrivati vivi.

 

A Lampedusa, e la cifra è per difetto perché non conteggia altri tipi di rintracci a terra, ne sono sbarcati circa 21.160 nel 2015 (Fonte: Repubblica Immigrazione). L’isola si estende per 20 chilometri quadrati ed insieme a Linosa conta circa 6000 abitanti.

 

Lampedusa, le cui origini si perdono nella civiltà greca, ha iniziato dal 2014 un lungo cammino con Terra!Onlus per avere il suo primo lotto di orti comunitari – pianificati seguendo metodi di agricoltura naturale.

 

Un orto di questo tipo è in primis, secondo i suoi ideatori, un luogo di aggregazione e di coesione sociale. E’ tanto più importante qui, dove la comunità di residenti è spesso lasciata sola nella strenua e titanica opera di accogliere tanti migranti di ogni nazionalità ogni giorno dell’anno.

La comunità lampidusana manca di ‘collante’: specialmente i suoi membri più fragili, chi ha cioè disabilità fisiche e psichiche (gli ospiti del locale centro diurno). Questi ultimi, grazie agli orti comunitari incontrano tutti i giorni, nel succedersi delle stagioni, gli altri membri di una comunità variegata: produttori, agricoltori, giovani cittadini che non sempre hanno una vita semplice e che devono dividere, non essendo ricchi, la loro terra con migranti e rifugiati dal vicino Oriente ed oltre – ancora più poveri e più bisognosi.

 

Incontriamo Silvia Cama, responsabile del progetto, per scoprire di più.

 

P’Orto L’Orto di Lampedusa, la vostra impresa fa nascere più di una curiosità: una comunità resistente come Lampedusa si è allontanata dalle sue radici agricole? Oppure non era abituata agli orti comunitari od ancora alle coltivazioni naturali? Spiegaci qualcosa in più…

 

Il ruolo che riveste, o che potrebbe rivestire, l’agricoltura nelle piccole isole è un tema di notevole importanza se pensiamo alla fragilità di questi agro-ecosistemi e ai tanti valori ad essi connessi: la conservazione di specie e varietà selezionate nei secoli in contesti ambientali estremi, la conservazione della cultura materiale, l’effetto positivo sulla biodiversità ”selvatica” cioè delle piante e animali ad essa legati, i valori paesaggistici.

 

Già qualche anno fa, in un articolo a firma di Tommaso La Mantia e Francesco Sottile dell’Università di Palermo e di Riccardo Valentini dell’Università della Tuscia, “Piccole isole, l’agricoltura che fa bene all’ambiente, da Lampedusa a Lipari”, veniva messo in risalto il ruolo che l’agricoltura ha svolto e svolge tuttora in alcune piccole isole.

Nelle piccole isole come Lampedusa, alcune delle Eolie e delle Egadi, l’agricoltura appare misconosciuta, come se non potesse più avere un ruolo né per le economie locali né per l’ambiente. Eppure – se pensiamo, ad esempio, a Lampedusa – l’agricoltura ha rivestito un ruolo centrale fino a pochi decenni fa e continua comunque a rivestirlo.

 

In un contesto in cui l’agricoltura sembra destinata a scomparire, un progetto di orti comunitari può avere un ruolo centrale, funzionare cioè da innesco per rilanciare l’agricoltura locale, per ripensarla coniugando tradizione con tecniche innovative. Gli orti costituiscono uno stimolo sia dal punto di vista sociale che ambientale, una “piazza verde” dove è naturale riparlare di piantumazione, di stagioni, di verdure coltivate e varietà antiche, riattivando quel senso di appartenenza alla terra che in altri contesti della penisola sta avendo un ruolo straordinario per riavvicinare i giovani all’agricoltura.

 

Se gli orti avranno un ruolo di scintilla per rilanciare l’agricoltura sull’isola lo scopriremo tra qualche anno, al momento stiamo raccogliendo i primi frutti di questo importante lavoro.

 

 

Quanti lotti di orti esistono oggi e da quanto tempo? Che appezzamenti hanno e che tipo di coltivazioni pianificate? Soprattutto, come decidete il loro ‘governo’ e che tipo di ‘risultati’ non solo agricoli potete già raccontarci?

 

 

Il progetto “P’orto di Lampedusa” è un progetto di orti comunitari attivato dall’Associazione Terra!Onlus in partenariato con il Circolo “Esther Ada” Legambiente, l’Università di Palermo e l’ASP di Palermo che ha iniziato a muovere i primi passi più di un anno fa con una campagna e una festa di raccolta fondi nel suggestivo contesto dei Fori Imperiali a Roma.

 

Da marzo 2014 sono stati organizzati laboratori di sensibilizzazione nelle scuole elementari e superiori di Lampedusa e presso il Centro diurno, sono iniziate le azioni d’individuazione dell’area di progetto e la ricerca di sostenitori economici che lo rendessero sostenibile nel tempo trovati poi in Allianz Umana-Mente. Ad agosto 2015, il Terra!Camp, un campo di lavoro organizzato da Terra!Onlus sull’isola, ha visto la partecipazione di 25 persone provenienti da diverse parti d’Italia che, hanno sostenuto il progetto sviluppando diverse azioni pratiche propedeutiche all’inizio del progetto. A settembre 2015 è stato quindi possibile procedere con l’assegnazione delle particelle.

 

Da Settembre 2015 ad oggi, all’interno dell’area, vengono coltivate 10 particelle che sono state assegnate agli ospiti del Centro diurno di Lampedusa (struttura semiresidenziale per soggetti con disabilità psichica, appartenente al Modulo Dipartimentale 1 del Dipartimento di Salute Mentale, Dipendenze Patologiche e Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’ASP di Palermo che ha sostenuto fortemente l’iniziativa) e agli isolani che ne hanno fatto richiesta .

 

Gli ortisti del progetto “P’orto di Lampedusa” sono gruppi informali di persone o nuclei famigliari che hanno fatto richiesta all’associazione di avere in gestione una delle particelle presenti.

Gli ortisti sono costituiti da gruppi eterogenei per numero ed età. Agli ortisti sono state assegnate particelle di dimensioni differenti, proporzionate rispetto al numero sia dei componenti del gruppo che al numero di persone che indirettamente usufruiranno dei prodotti.

Una particella è stata per esempio assegnata ad un gruppo di 6 mamme  di bambini delle scuole elementari e medie che si suddivideranno i prodotti tra le diverse famiglie, a questo gruppo è stata assegnata una delle particelle più ampie, mentre a una  famiglia composta da quattro persone in cui solo un componente provvederà a coltivare l’orto è stata assegnata una particella decisamente più ridotta.

 

Una delle particelle più ampie è stata assegnata agli utenti del centro diurno, che, oltre che coltivare e prendersi cura della propria particella, gestiscono la manutenzione dell’intera area. Le attività del progetto prevedono, oltre alla cura e manutenzione degli orti, attività di raccolta porta a porta presso i fruttivendoli isolani di rifiuti organici che vengono poi raccolti e compostati nella compostiera comunitaria gestita dagli utenti del Centro Diurno e il compost prodotto sarà messo a disposizione degli ortisti. Questo tipo di attività è utile sia per fornire un servizio ad oggi assente sull’isola (la raccolta differenziata) che per favorire l’inserimento degli utenti alla vita della comunità isolana attraverso l’offerta di servizi utili e dignitosi.

 

Altra attività che viene sviluppata è quella della gestione del semenzaio collettivo, che prevede la semina e il trapianto di specie autoctone dell’isola per questa attività vengono coinvolti i contadini di Lampedusa, custodi di esperienze e semenze, come portatori di buone pratiche e effettivo legame tra passato e presente. Ai ragazzi del centro diurno è affidata la cura e la gestione del semenzaio.

 

Altra attività che viene portata avanti è quella della “particella scientifica”, la nona, ad uso sperimentale e di ricerca , data in gestione al Circolo Esther Ada di Legambiente di Lampedusa, partner di progetto, che monitorerà insieme il Dipartimento SAF dell’Università di Palermo il “ comportamento” del terreno e delle coltivazioni mediante l’utilizzo di metodi naturali (ad es. sovesci, pacciamatura) che favoriscano non solo la conservazione ma anche l’implemento della fertilità del suolo.

 

Ad ogni cambio di stagione viene organizzato il Mercat’Orto, il mercatino dei prodotti provenienti dall’orto degli utenti del centro diurno, ad oggi sono stati organizzati due mercati a cui hanno partecipato numerosi isolani che, a offerta libera, hanno potuto portarsi a casa il gusto e il sapore dei prodotti coltivati. Vengono poi realizzati mensilmente laboratori pratici di alimentazione sana e ed utilizzo consapevole dei prodotti insieme agli utenti del centro diurno durante i quali vengono a turno invitate persone isolane a cucinare insieme agli utenti piatti della tradizione isolana mediante l’uso dei prodotti stagionali dell’orto.

 

Da Ottobre 2016 è inziata un’altra attività che prevede la realizzazione di un orto didattico che coinvolgerà i bambini della scuola elementare di Lampedusa alla realizzazione di attività specifiche riguardanti l’orto.

 

Il progetto nella sua complessità prevede un attento lavoro di gestione e animazione territoriale mediante lo sviluppo di attività teorico-pratiche due volte alla settimana con gli utenti del Centro Diurno realizzate dall’operatrice locale di progetto , l’organizzazione mensile di incontri di formazione e approfondimento su tematiche ambientali ed agricole aperte alla cittadinanza oltre che a giornate di lavori collettivi nell’area di progetto, la realizzazione di momenti di confronto e monitoraggio con i partner e i beneficiari diretti del progetto.

 

 

Mi piacerebbe avere un breve identikit del volontario ‘tipo’ e del collaboratore ‘tipo’ e che tipo di ‘posto’ nel vostro progetto possono avere coloro i quali vogliono partecipare anche se non sono ‘Lampidusani’…

 

Non esiste uno specifico identikit del volontario ”tipo” ma piuttosto esiste una volontà chiara da parte di chi voglia collaborare con noi nel volersi attivare mettendo a sistema le proprie competenze, talenti ed esperienze per supportare e arricchire il progetto sia da un punto di vista pratico che di ricerca.

Terra! vuole stimolare l’attivismo ambientale e per farlo supporta anche mediante formazioni specifiche chiunque voglia mettersi in gioco. In particolare per partecipare attivamente al progetto P’orto di Lampedusa è possibile partecipare ai Terra!Camp Lampedusa che da due anni vengono organizzati sull’isola nei mesi estivi.

 

Il Terra!Camp Lampedusa è una settimana di lavoro pratico e formazione in campo ambientale, in particolare il Terra!Camp 2016 ha visto la partecipazione di numerose persone di diverse età provenienti da tutta Italia che hanno lavorato con i lampedusani e gli utenti del Centro Diurno di riabilitazione psichiatrica di Lampedusa al miglioramento dell’area di progetto.

 

Esempi di volontari/attivisti che ad oggi contribuiscono al progetto P’orto di Lampedusa sono Nicolò dell’Università di Amsterdam che da mesi ha iniziato con noi il suo tirocinio sviluppando una ricerca sulla fertilità del suolo; Sofia, studentessa di Genova, che ha iniziato a indagare l’impatto sociale che il progetto sta avendo sull’isola e su cui svilupperà la sua tesi di laurea; Mario, che ha messo a disposizione le sue esperienze in campo botanico per sviluppare alcune giornate di riconoscimento delle erbe spontanee.

 

Per poter efficacemente trovare le modalità e sviluppare la progettualità opportune per partecipare è possibile inviare una mail a me, silvia.cama@terraonlus.it.

 

 

Ci descrivi la tua giornata tipo a Lampedusa? E la tua scrivania in questo momento? Ci descrivi anche la tua borsa da orticultrice?

 

La mia giornata tipo a Lampedusa inizia la mattina presto presso l’area degli orti comunitari dove mi incontro con Katia, l’operatrice locale del progetto, con cui iniziamo a organizzare gli spazi e i materiali per procedere alla realizzazione delle attività previste. In particolare il venerdì mattina sviluppiamo attività con gli utenti del Centro Diurno che arrivano agli orti intorno alle dieci e fino a mezzogiorno. Durante le attività ci vengono a trovare alcune mamme degli utenti che portano a turno caffè e dolcini per la pausa lavoro e che alcune volte si fermano a lavorare con noi, questo genere di coinvolgimento rende possibile la condivisione di momenti “positivi” tra utenti e famigliari distaccandosi dai quotidiani problemi legati alla malattia.

Altre mattine ci occupiamo di recuperare materiale utile agli orti come sfalci di erba, potature di giardini o recupero di semenze presso i contadini dell’isola con cui molte volte ci fermiamo a confrontarci sui tempi di semina e le modalità di piantumazione.

 

Nei pomeriggi lampedusani io e Katia organizziamo riunioni organizzative con i partner di progetto o di monitoraggio con gli operatori del Centro Diurno per valutare di volta in volta le modalità migliorative di approccio e azione progettuale.

 

I lunedì pomeriggio ci incontriamo con gli utenti del Centro Diurno con cui sviluppiamo attività pomeridiane presso gli orti, durante tali attività molti isolani incuriositi si avvicinano e danno consigli utili al miglioramento dell’orto e molte volte partecipano attivamente alle attività. Insomma ….poi dicono che sulle isole c’è poco da fare….ogni giorno trascorso a Lampedusa per me è un turbine di cose da fare, incontri e confronti…insomma una vera metropoli ricca di stimoli e avventure.

 

Oggi rispondo a quest’intervista mentre lavoro su un tavolo di una veranda a Linosa, dove insieme a Katia, stiamo partecipando a un Campo organizzato dall’Università di Palermo e di cui Terra!Onlus è co-organizzatrice per l’estirpazione di una pianta aliena invasiva.

 

A fianco a me sul tavolo adesso, un foglio A1 in cui sono riportate le attività da sviluppare durante l’anno a Lampedusa e che stiamo cercando di calenderizzare….come sempre…..le cose da fare sono sempre maggiori del tempo a disposizione!

Nella mia borsa porto sempre con me un’agenda e un blocco per gli appunti e le idee, un po’ di spago e qualche seme da regalare alle persone che incontro e con cui ho uno scambio di esperienze e lascio sempre posto alle cose che trovo nel mio andare, oggi per esempio, ho messo in borsa una bellissima pala di fico d’india secca le cui fibre sembrano filigrana.

 

 

Cibo e bevanda preferiti – ovviamente di questa stagione (quest’intervista è stata raccolta in piena estate) e …Lampidusana?

 

La mia bevanda preferita in questa stagione, e a Lampedusa, è acqua e limone e la peroncina (piccola birra Peroni) a seconda dell’ora del giorno. Come cibo preferito è la pasta alla “picchio pacchio” una pasta condita con pomodorini freschi e basilico, cotta nel brodo di pesce.

 

 

Un talento che hai, uno che ti manca

 

Il talento che ho è quello di essere una sognatrice tenace e convinta, quello che mi manca è la capacità di valorizzarmi economicamente.

 

 

Dove ti vedi tra dieci anni?

 

Mi vedo ancorata a un albero della foresta amazzonica, a difenderla dalla ferocia dell’uomo che la vuole depredare.

 

 

Cosa hai imparato, sin qui, dalla vita?

 

Ho imparato a non dar retta ai molti modi di dire di cui è intrisa la nostra cultura ….non fanno per me e penso che siano rappresentativi di molti processi di abbruttimento della società contemporanea …..i modi di dire che allontano dalla mia vita più di altri sono per esempio

“un bel gioco dura poco” oppure “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” o ancora “chi si accontenta gode”. Molte volte gioco mentalmente a invertirli o ad inventarne di nuovi, più rappresentativi del modo in cui mi approccio al prossimo e alle cose che il mondo mi offre.

 

 

Quest’intervista, a cura di Diana Marrone, è stata commissionata dalla Fondazione Easy Care per l’Osservatorio dei ‘Social Cohesion Days’, sul cui blog Slow Words cura, in lingua italiana, una rubrica mensile fino a gennaio 2017 (quest’intervista è apparsa ad ottobre 2016).

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