Stefania Tarantino, Napoli

 

La tua vita in poche righe, iniziando da dove davvero comincia – la nascita

Sono nata sotto le pendici del Vesuvio da una famiglia proveniente dal nord nonostante mio padre sia di origini pugliesi. Questa condizione di non sapere mai cosa dire circa le mie radici mi ha portata sin da piccola a riflettere sul senso dell’appartenenza a un luogo preciso e al bisogno profondo di radicamento che ho poi scoperto essere una delle riflessioni più belle della filosofa francese Simone Weil. Così ho deciso di fare del Sud, del Mediterraneo la mia terra e il mio mare d’elezione. In questo ha giocato molto la consapevolezza di me e di come potevo stare nel mondo, secondo una misura mia, attraverso quella che considero la mia “seconda nascita” che coincide con l’incontro con una donna eccezionale che è stata per molti anni la mia maestra di pianoforte e che oggi è una mia carissima amica. Femminista, studiosa di filosofia, è stata per me come un faro nella notte soprattutto in quell’età dell’adolescenza in cui l’inquietudine è vissuta in maniera profonda e destabilizzante, in cui non si è ancora adulte ma neanche più bambine. Con lei ho vissuto personalmente ciò che la filosofa Hannah Arendt intendeva con l’importanza delle figure “esemplari” che agiscono nelle nostre vite e ci riportano a noi stessi trasformandoci. Se fino a quel momento mi ero regolata prendendo le distanze da ciò che non volevo essere, con lei invece ho capito “chi” volevo essere e quale direzione dare alla mia vita. Poi ci sono stati altri incontri altrettanto significativi, ma posso dire che è soprattutto da questa relazione che oggi sono quella che sono.

 

 

Sei l’incarnazione che, tutto, in fondo è possibile: filosofa e cantautrice, femminista, madre, studiosa, autrice e attenta osservatrice della città più difficile (più colta e più affascinante) d’Italia che riconosci come tua e a cui sei tornata (Napoli).

Scrivi anche ancora con carta e penna. Che posto ha la parola nella tua vita quotidiana? 

La sminuisci e/o ti sottrai ad un corpo a corpo per cercare comprensione o mantieni un registro ed un utilizzo importanti? La cosa più importante che hai voluto donare alle tue figlie sul potere della parola?

La parola è il fondamento di tutto ciò che costituisce la nostra umanità. Le nostre parole sono importanti anche quando parliamo di cose che sembrano non esserlo. L’espressione, il modo, i toni che scegliamo, sono essenziali per la qualità delle nostre relazioni e della nostra vita in generale. Le parole, quando sono basse e vili, ci mettono di fronte alla degradazione della nostra umanità e del nostro pensiero. La musica, in fondo, come la poesia e la letteratura, sono le sentinelle di questa condizione così fragile, sempre in bilico tra elevazione e sprofondamento.

Io provo a fare tutto il possibile e sono anche attratta da ciò che mi sembra impossibile e che mi sfugge. Ci provo ogni giorno e non è detto ovviamente che riesca in tutto. Per me è sempre una questione d’energia, di espressione, di amore e non di performance o, peggio, di prestazione. Sono convinta che il “sapere” riguardi non solo la testa (mente) ma tutto il corpo. Le mani che scrivono e che suonano, ad esempio, mi fanno capire che ne sanno molto più di me. Io devo solo seguirle e fare un po’ di spazio…

È questo quello che cerco di passare direttamente e indirettamente anche alle mie due figlie, Antonia (12 anni) e Francesca (3 anni). Poi, per quello che riguarda Napoli, posso dire solo che l’ho scelta come mia città per una molteplicità di ragioni. Quella più importante è che offre una visione delle cose a tutto tondo, nella loro nudità e verità nel bene e nel male.

 

 

#metoo | Ti sei mai chiesta perché in Italia si faccia parlare e scrivere giornalisti veramente sconcertanti per preparazione e capacità d’analisi (una su tutti Guia Soncini, a mio avviso) e non chi si occupa del corpo ‘sociale’ della donna con cognizione di causa? Penso a ricercatori ed autori come te, spesso alle prese con un contratto precario…La mia idea è che i committenti sono il problema ed essi hanno la colpa di creare le miriadi di Guia Soncini in circolazione (ahimè non solo in Italia).

Si, sono d’accordo. Ho già espresso in un’altra intervista le mie idee sul caso Weinstein e sull’onda del #metoo che ha travolto soprattutto il mondo del cinema. L’incredibile reazione delle donne contro le altre donne è una storia antica, fa parte dell’impianto stesso della struttura patriarcale. Il mettere una donna contro l’altra viene da molto lontano, ne parlano anche i più bei miti che fanno parte della nostra cultura. Si divide per regnare, per accaparrarsi sempre più potere. Il patriarcato riguarda uomini e donne: le donne patriarcali sono le peggiori nemiche delle donne e basta poco per capire perché. Ci sono donne che per essere riconosciute e valorizzate dall’uomo di turno, potente o meno che sia, si mettono l’una contro l’altra. Questa è una cosa tristissima che ci fa vedere come il parametro di riferimento resti il giudizio e lo sguardo maschile. Proprio per questo l’analisi della Soncini è un’analisi più che pessima e, tra l’altro, senza nessun fondamento. Il femminismo è vivo e vegeto e ha sempre fatto e detto le cose che andavano fatte e dette. Il più grande problema è che non si dà mai voce, spazio (nei giornali, nei programmi televisivi, nelle commissioni che decidono di questo o di quell’altro) alle femministe, a tutte quelle donne (e ce ne sono tante) che lottano, studiano, scrivono, leggono, agiscono nel tessuto sociale e politico. In ogni caso, il punto è interrogarsi sul perché il New York Times abbia chiamato a parlare una che nulla ha a che fare con il femminismo italiano. Ma forse qui la risposta la possiamo ricavare dalle cose che abbiamo detto in precedenza, non ti pare?

 

 

La musica è ‘l’altra metà del cielo’ per te: hai sempre fatto parte di band, prima ancora studiato canto e musica. E con Ardesia (e prima ancora con la band con cui suonavi prima) hai sempre offerto al pubblico una sorta di mimesi: musica sì da ascoltare e anche ballare, ma soprattutto da leggere, assaporare, conservare. Successi, traguardi, felicità e rimpianti riguardo questa singolare scelta stilistica?

Si, la musica è parte integrante della mia vita. Ma lo sono anche la filosofia e il mio impegno nel femminismo. Dunque ho cercato una sintesi, qualcosa che potesse trasmettere la grande forza e la grande capacità di innovazione del pensiero poetico, filosofico, scientifico, artistico, politico ed esistenziale, di tante donne di ieri e di oggi. Quando ho scoperto che la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze non legge quelli che per me sono i fondamenti del pensiero femminista, ho deciso di metterne in musica i concetti salienti. “Incandescente”, ad esempio, è un brano che s’ispira al libro di Virginia Woolf “Le Tre ghinee” e che da’ il titolo al nostro cd. Ho sempre portato avanti con caparbietà questa scelta e sono felice della grande restituzione di affetto e di apprezzamento quando ci esibiamo dal vivo. Questo mi da’ la forza di andare avanti per la mia strada senza aver paura di restare ai “margini” del successo. C’è anche da dire che molto spesso il successo non coincide veramente con l’amore per ciò che si è e si fa, ma solo con il ritorno economico che certo è importante, ma non è tutto.

 

 

Ti cimenti in testi molto romantici e dai ritmi straordinari che sono anche coltissimi e che vengono da grandi filosofe e poetesse (ne pubblichiamo Le Ombre qui e Nu’ Segreto qui): sono spesso cantati in altre lingue oltre all’italiano ed al napoletano. 

Tu hai un’urgenza creativa che non si ferma alla difficoltà di produrre questo tipo di arte performativa in un posto come l’Italia. 

Ti faccio una domanda pazza a questo punto, ma non troppo. Dove sogneresti di andare con Ardesia e che committente desidereresti incontrare per… un concerto ‘a porte chiuse’?

Penso che un progetto come quello di Ardesia vada proposto nei teatri e in tutti quei luoghi in cui le parole possano essere ascoltate e “assaporate” come dici tu fino in fondo. Mi piacciono molto le collaborazioni e mi è già capitato di partecipare a due docufilm e a un’opera teatrale. È bello poter sperimentare con altri la propria creatività, mettersi in gioco e misurarsi con l’immaginazione altrui. Ogni incontro produce qualcosa di nuovo in noi e scopriamo cose che non sapevamo di avere. Riguardo ad Ardesia mi auguro di poter incontrare un produttore/una produttrice che sappia valorizzare al meglio quello che facciamo, di incontrare tante/i musiciste/i con cui condividere questa passione e mi piacerebbe molto aprirmi anche al mondo teatrale e cinematografico.

 

 

In uno dei tuoi ultimi libri, άνευ µητρός/senza madre L’anima perduta dell’Europa (La scuola di Pitagora editrice, Collana Diotima Questioni di filosofia e politica, Napoli 2014), prendi a pretesto due filosofe a te care (la spagnola Maria Zambrano e la francese Simone Weil) per parlare (anche) della violenza in Europa. 

Ma soprattutto (secondo un commento al tuo saggio fatto da Alessandro Bonesini), dici che l’Europa sta morendo – politicamente sì, ma soprattutto emozionalmente – perché ha dimenticato il valore della relazione avendo smarrito la ‘madre’. E concludi che dall’Oriente potrebbe arrivare un pensiero salvifico… 

Da filosofa (una categoria poco ascoltata da politici, mi rendo conto) puoi dirci che Europa avremo già il prossimo anno quando la Brexit sarà realtà e quando l’Est europeo sarà compiutamente conquistato da forze politiche di estrema destra? Che relazione vedi tra la tua tesi e una grande recrudescenza del razzismo e della violenza di genere nel Vecchio Continente?

Ho lavorato, attraverso il pensiero e le intuizioni di queste due straordinarie filosofe, al binomio Madre/Mediterraneo che è l’impronta viva di una civiltà antecedente a quella greco-romana. L’Europa, per ritrovare se stessa e la propria radice, deve ripartire dal Mediterraneo, deve fare del Mediterraneo la sua dimora. Abbiamo bisogno di ripartire da tutti quei saperi capaci di condurci a un accrescimento della percezione di noi stessi e della realtà e verso un cambiamento radicale di prospettiva, di sguardo. La trasformazione del tessuto politico, sociale ed economico, come sappiamo e viviamo sulla nostra pelle, non è più rimandabile, la dobbiamo prima di tutto a noi stessi. Simone Weil e Maria Zambrano hanno avuto una comprensione profonda della condizione umana e di ciò che in essa avanza come incondizionato. È da tutto ciò che è senza condizioni che dobbiamo ripartire. Ma per fare questo dobbiamo tirare fuori tutta la nostra radicalità e il nostro coraggio. In questa società dove tutto diventa monetizzabile, il Mediterraneo stesso si è fatto buio ed è diventato un mare senza vita che dona solo morte. Eppure, nonostante questo, chiunque di noi sa che c’è dell’altro che possiamo mettere in campo, che esistono modalità altre del nostro stare al mondo e che le tracce, se solo ci mettiamo a cercarle, sono tantissime nonostante la cancellazione e la distruzione in atto ormai da lungo tempo. Il Mediterraneo è una questione di luce e l’Europa non può perderla definitivamente a favore di un’oscurità che ha già segnato negativamente e dolorosamente la sua storia.

 

 

Come lettrice quando non ti occupi ne’ di filosofia ne’ di musica: che luoghi, che tempi, che autori. A proposito, che libri porti con te adesso (e dove sono) e che musica ascolti che non sia di Ardesia?

Quando non leggo, non scrivo, non canto né compongo, di solito faccio tutt’altro. Mi piace mettere le mani nella terra, occuparmi degli alberi, delle piante, coltivare ortaggi e legumi, seminare e zappare, passeggiare senza meta e raccogliere castagne, noci, funghi e fiori. Pensa che ho in mente di fare un corso di potatura l’anno prossimo! Recidere un ramo è un’arte importante, così come lo è saper recidere quelle parti di noi stessi che non ci piacciono e che ci fanno stare male. Riguardo alle letture ti dico che l’ultimo romanzo letto è stato quello di Magda Szabò, La porta. Riguardo alla musica invece ascolto molta radio e programmi in cui viene passata musica d’autore.

 

 

Cosa mangi e cosa bevi quando ti piace trattarti bene?

Mi piacciono moltissimo i gamberi crudi, gli spaghetti con le cozze fatti a dovere e le melanzane cucinate in tutti i modi possibili. Adoro il vino come una bevanda sacra piena di auspici e misture magiche. D’estate prediligo i bianchi friulani e alto atesini, d’inverno prediligo i rossi ben strutturati, dall’Aglianico al Lagrein.

 

 

Un posto – segreto o meno – dove ti rifugi per rallentare, quando puoi e se vuoi?

Il Cilento. Quando devo rilassarmi e rallentare la presa ho bisogno di stare nel verde, di camminare tra gli ulivi, i mandorli, le querce e i meli selvatici con il mare all’orizzonte.

 

 

Dove ti vedi tra dieci anni?

Diciamo che questo 2018 rappresenta per me l’anno della svolta e forse è da qui che si deciderà dove sarò tra dieci anni. Sono attualmente di fronte a un bivio e non dipenderà solo da me la strada che seguirò. Da un lato c’è questo rapporto complesso con l’Università che mi fa penare da anni visto che sono ancora una “precaria della ricerca”. Per quanto abbia superato due abilitazioni nazionali a professore associato (in storia della filosofia e in filosofia politica) non è detto che io riesca ad entrare visto come funzionano le cose nell’Università italiana. Dall’altro lato c’è la musica, l’espressione creativa e vitale che mi nutre da sempre e che mi piacerebbe si trasformasse in qualcosa da cui poter trarre anche un sostentamento per la vita materiale. Si vedrà. I giochi sono aperti e i miei occhi spalancati e fiduciosi sul mondo.

 

 

Cosa hai imparato sin qui dalla vita?

Le cose che ho imparato le riverso nei libri, nei saggi, negli articoli, nelle pratiche quotidiane e, ovviamente, nella musica. Stay tuned o, come diciamo da noi, non perdiamoci di vista!

 

 

 

Per scoprire di più di Stefania Tarantino e delle sue pubblicazioni: http://www.stefaniatarantino.it

Per scoprire di più su Ardesia: http://www.ardesiaband.it

Per comprare Incandescente

https://www.audioglobe.it/disk.php?code=8016670173342

https://itunes.apple.com/it/album/incandescente/456050040

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