Ben, architetto

Benjamin, detto Ben, Aranda è nato nel 1973, ha studiato alla Columbia University dove ha preso un master nel 1999, prima ha preso il B.A. in architettura alla UC Berkeley nel 1995. Incontra da studente alla Columbia Chris Lasch, con lui avrebbe poi fondato lo studio Aranda\Lasch – dedicato alla ricerca sperimentale e a realizzazioni architetoniche. Vincitori dei premi United States Artists Award e dello Young Architects Award, i loro primi progetti sono anche il soggetto di un libro, Pamphlet Architecture #27: Tooling. Lo studio Aranda\Lasch ha esposto i suoi progetti in gallerie, festival e musei, tra cui il MOMA, la Biennale di Venezia, Design Miami, TBA-21, la Johnson Trading Gallery. I due architetti stanno completando diversi edifici a Miami e in Gabon e loro mostre sono attualmente al Museum of Arts and Design (New York), alla Gallery All (Pechino), allo ZKM Karlsruhe ed alla Andrea Rosen Gallery, New York.

 

 

Se è possibile dividere le occupazioni e se farlo ha senso, quanto lavori come architetto e quanto come designer?

Sono un architetto in tutto e per tutto, ogni giorno e tutto il giorno. I mobili e gli oggetti che facciamo sono piccoli edifici.

 

Che rapporto c’è tra la tua anima di artista e quella di architetto?

Siamo architetti. Non ci definiamo mai artisti ma tendiamo certo a conformarci in quel modo di parlare del nostro lavoro tipico degli artisti – come qualcosa che fa la differenza nel mondo. A lungo si è detto che l’architettura è necessaria, ed in qualche maniera è vero; tuttavia, siamo stufi della frivolezza che emerge da queste produzioni. E’ necessario, invece, che si valuti quale tipo di architettura è in grado di scardinare la nostra visione consolidata del mondo. Non vediamo ciò che facciamo come un progresso, od un passo in avanti – piuttosto come un’attività di disturbo che semina caos.

 

 

Perché gli oggetti che create con il vostro studio sembrano governati da geometrie e frattali? Quali sono i vostri clienti preferiti e quali le case dove amereste vederli?

Non consideriamo questi oggetti come i nostri. Non siamo inventori, siamo architetti che danno fisicità a ciò che è astratto. Queste forme possono non essere visibili ma non significa che prima non fossero già attorno a noi. Del nostro lavoro ci piace pensare che sia un’estensione di altri, non importa che questi siano artisti, scienziati o altro. E’ un altro passo lungo una strada comune.

 

 

Che incontri fai quando lavori? Ci fai un ritratto di uno di questi?

Per me è importante iniziare la giornata con lo spirito giusto, con il caffèe una conversazione. Gli inizi sono importanti. Il resto della giornata è un casino orribile.

 

 

Quanto è difficile iniziare un’attività imprenditoriale nella tua città, oggi?

New York è dura e penso che tutti i suoi abitanti siano in un certo modo assai orgogliosi di fare le loro cose qui. Ma noi abbiamo anche un altro ufficio a Tucscon ed è difficile anche lì. Quindi sto cominciando a pensare che i newyorchesi siano solo epersone che parlano di più delle difficoltà!
 

Cosa ti da la tua città e cosa, viceversa, pensi di dare a lei?

Qui ho incontrato una ragazza bellissima e sto per sposarla. Qui ho incontrato il mio partner di studio, Chris Lasch. Qui ho una famiglia che amo. New York mi ha dato tantissimo. In cambio do a New York tutto quello che guadagno e – sai – non è mai abbastanza, e non potrebbe interessarle di meno.

 

 

Ci descrivi una cosa bella capitata di recente?

Ho visto le luci del nord in Islanda un mese fa. Fantastico.

 

 

Qual è la tua bevanda preferita?

Adesso è il Brennevin (il tipico distillato islandese). Vedi sopra.

 

 

Dividi con noi la tua passione culinaria?

Mi piacciono le uova. Intendiamoci, mi piace cucinare un sacco di cose ma quello che mi fa sentire a casa la mattina è cucinare le uova.

 

 

In che modo riesci a vivere “lentamente” a New York?

Uova, amici e famiglia.

 

 

Un talento che hai e uno che ti manca?

Mi manca saper suonare la chitarra ma non ero tanto bravo e poi quei giorni ormai sono passati.

 

 

Cosa hai imparato dalla vita sin qui?

Posso tornare su questa domanda più tardi nella mia vita?

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