Dop Amina, poetessa, Napoli

 

La tua vita in poche righe, fino a quando diventi ‘Dop Amina’ Saracino

Sono nata a Napoli da genitori non napoletani; cresciuta a Secondigliano a colpi di telefilm americani, cipster, big babol, e imitazioni di Barbie (quelle originali costavano troppo). Ho cominciato a lavorare presto, prima a Napoli poi a Rovereto, per un pezzo. Sono tornata al sud e ho frequentato, per alcuni anni, il teatro, tra formazione e spettacoli e ho speso buona parte dei miei stipendi in libri, vhs e dvd. Dopamina è nata come profilo facebook; una identità virtuale che oggi uso per portare in giro i miei testi.

La poesia in Italia sembra una collina in salita ma le sale di reading sono spesso gremite e i social pieni di versi. Dove sta la verità? E’ il publishing tradizionale che stenta?

Non so rispondere a questa domanda. Personalmente non sono molto interessata al settore editoriale, diciamo che è una scelta di campo. Non mi va di trattare il mio lavoro come un prodotto “oggetto” da vendere, preferisco il territorio dell’espressione estemporanea, del qui ed ora. Chi vuole può trovarmi in giro a leggere qualcosa. La trovo una dimensione a me più congeniale e anche più contemporanea. Come campo? Con un altro lavoro, come molti autori, anche di epoche passate, non è una novità. O sei ricco o fai un lavoro, quale che sia. Del resto il contatto con la vita, con la gente, con le cose del mondo non può che fare bene a chi si muove in campo artistico. Io non mi lamento.

 

La tua poesia è straordinaria: mischia ironia e violenza, dolcezza e crudeltà e mi è sembrato prenda di mira spesso le comfort zone che tutti ci creiamo prima o poi. Se dovessi recensirti cosa aggiungeresti o cosa toglieresti?

Puntualizzerei un concetto. In alcuni dei miei testi uso parole tipo piccola, dolcezza, bambina o tesoro, rivolgendomi al pubblico, ad ogni singolo uomo o donna tra il pubblico, con tono dolce, accattivante ma dicendo cose sostanzialmente terribili perché ritengo che una certa cifra della nostra contemporaneità sia una sorta di infantilizzazione della società, la tendenza a mantenere le persone in uno stato di bisogno e dipendenza attraverso l’uso costante di seduzione e false promesse, con una modalità che definirei “materna” dell’esercizio del potere.

 

Te come lettrice, che luoghi, che tempi che preferenze. E che libro (non tuo) tra le mani ora?

A letto, preferibilmente.

La sera.

Narrativa contemporanea. Testi brevi, veloci.

Ho appena trovato online -E l’asina vide l’angelo- di Nick Cave. Sarà il mio prossimo libro da leggere.

 

Che musica ascolti ora?

Quella che passa la radio. Generalmente ascolto stazioni che passano musica rock ma non sono una vera esperta. 

 

Gioie e dolori del tuo lavoro?

Amo fare quello che faccio e l’amore, si sa, può fare molto male.

 

Cosa dai alla tua città e cosa ricevi in cambio?

Cerco e spero di dare emozioni e di riceverne in cambio. Non parlo di emozioni necessariamente positive. La città mi dà molto materiale su cui lavorare.

 

Dove ti vedi tra dieci anni?

Prossima domanda?

 

Cosa hai imparato sin qui dalla vita?

A dubitare, sempre e comunque, di tutto. Non so se è una cosa buona. Ho dei dubbi.

 

Abbiamo raccolto questa intervista proprio mentre Mena Saracino tornava da Genova dove il 16 e 17 giugno 2018 ha disputato la finale nazionale di Poetry Slam del circuito Lips (Lega Italiana Poetry Slam) dopo essersi qualificata alle finali regionali (organizzate dal gruppo Caspar). E abbiamo pubblicato due poesie di Mena Saracino/Dop Amina nella sezione Poesie: SLOT MACHINE E UN BEL POSTO

 

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