Francesco Tardio, poeta

La tua vita in poche righe

Sono nato a San Marco in Lamis (Foggia) 22 anni fa, sono cresciuto lì. A 19 anni mi sono trasferito a Napoli – era il 2018 – dove studio Sociologia.

Vengo da un ambiente di provincia ma – vuoi il mio ambiente familiare, vuoi le circostanze – mi sono trovato al centro di un vivo universo culturale sin da piccolo. 

Dai 12 anni ho frequentato il Freak, un circolo Arci del mio paese dove un mio giovane concittadino teneva anche laboratori di scrittura. 

Lì ho sperimentato anche la conduzione radio ed il teatro. 

Indi e fore era uno dei due programmi che tenevo, il titolo è una parola del nostro dialetto che sta a indicare i bassi, le unità abitative a piano terra e fronte strada e letteralmente significa ‘dentro e fuori’.

In questo contesto ho trovato, come puoi immaginare, molte possibilità espressive.

Qual era l’altro?

Pecora Dolly: eravamo ancora alle superiori quando lo facevo insieme ai miei compagni, ci siamo divertiti molto e abbiamo riempito il vuoto della provincia. 

Lì ho imparato che la crescita umana (e culturale) si ha nel confronto con gli altri. 

Soprattutto nei laboratori di scrittura prima ed ora nel gruppo di scrittura poetica che abbiamo formato. Ci chiamiamo poetrynslamis, ci troviamo sempre a S. Marco dove ci hanno affibbiato questo nome. Durante l’estate organizziamo un evento di poesia che quest’anno, il 10 agosto, è stato aperto a tutti. 

Stiamo via via cercando di aprire di più la scena con call specifiche, due anni fa la città come labirinto, questa estate i tema era l’apocalisse.

Una call serve proprio per conoscere prima i poeti e ritrovarci poi a condividere su temi specifici. Anche il nostro gruppo è nato così: ci trovavamo per leggere insieme i nostri scritti e piano piano abbiamo formalizzato quest’evento.

Il vostro gruppo è animato solo da poeti? Nessuno scrive anche narrativa?

Sì, solo da poeti.

Anche io, quando ho iniziato a scrivere, ho usato i versi. E’ stato quasi spontaneo.

Non faccio molta distinzione – non me ne volere – tra poesia e narrativa: per me il confine è molto fluido.

Ora sono sicuro che l’urgenza dello scrivere viene dal declamare, quindi dalla relazione con il ‘lettore’ o con l’ascoltatore. 

Ricordo una recente performance al Why Festival: la scrittura di lettere  rigorosamente scritte a mano e senza destinatario con vendita diretta su banchetto: ne ho date 15 in una giornata. Mi serve il pubblico.

Vuoi dirmi che la poesia è la scrittura declinata in ogni ambito? 

Ad esempio una delle tue ultime poesie la vedrei come un voice over per un corto…

Scrivere solo per me è un pensiero molto astratto! 

È un limite anche scrivere solo per il pubblico perché riesco solo allora ad essere preciso e perché con un pubblico è più semplice essere chiaro: va a mio discapito quando scrivo per me stesso, sono meno chiaro. 

Anche nelle tue letture sei così fluido?

Sì’, anche se per prendere spunti diversi preferisco i saggi. Per il tema dell’apocalisse presi spunto da un testo come L’Apocalisse Culturale di Ernesto De Martino.

Quali sono i tuoi libri di affezione, o qual è il poeta o i poeti che a tratti ti hanno guidato?

Negli ultimi due anni mi ha guidato Carmelo Bene: ho letto e riletto Nostra Signora dei Turchi che mi ha molto affascinato. Poi, sinceramente, non ti saprei dire ora al momento…

Però sei un avido lettore…

Sì, leggo molto.

Luoghi segreti o meno segreti dove leggi – a Napoli e a San Marco?

Qui a Napoli leggo molto al parco dei Ventaglieri (un piccolo miracolo di cittadinanza attiva nel raro verde pubblico del fronte ovest dell’Avvocata: collina ostinata che si inerpica da Dante al Vomero ndr) oppure in casa. 

Mi piace molto la lettura ad alta voce, sembra renda più presente tutto.

E leggi anche al parco ad alta voce?

Dipende dai momenti…

Sei convinto della scelta della tua facoltà? TI aiuta nella scrittura creativa?

Molto, sicuramente le materie più antropologiche (meno quelle a carattere più economico e statistico).

La scena poetica indie napoletana sembra molto viva (e lo è anche la scena più established, quella dei poeti più consacrati e pubblicati), la senti viva anche tu?

Ti ho conosciuto a Valvola – Microfono Aperto, un evento off che adesso ha ripreso a circolare nelle vibranti serate cittadine solo in formato itinerante. Ci sono anche altri appuntamenti…

Mi sono capitate alcune occasioni, come Mossi di Seppia e altre situazioni al Teatro Popolare dell’ex OPG (un altro miracolo di cittadinanza attiva che si estende in un enorme ex ospedale psichiatrico abbandonato nello stesso quartiere del parco dei Ventaglieri che ospita corsi di ogni genere e cultura visiva, performativa e musicale ndr), lì abbiamo ospitato CASPAR, l’organizzazione di poetry slam della Campania.

Ci sono molte occasioni di incontro e proprio in quel teatro ho conosciuto un amico con cui mi confronto molto.

Valvola mi è servita anche molto perché qui a Napoli è stata un’esperienza continuativa in cui mi sono ‘esposto’ e ho vissuto particolare vicinanza con le persone.

Quanto è importante declamare le tue poesie in pubblico?

Tanto, l’altro giorno ci stavo pensando riguardando vari appunti: quando scrivo a mano sembrano molto fluidi e molto germinali. Quando li sviluppo per leggerli hanno un’altra forma.

La tua scrittura (pubblichiamo due inediti di Francesco, Apocalisse ed Eremita nelle nostre Poesie) è sempre un dialogo. I tuoi versi sono molto diretti ma al tempo stesso molto poetici, molto emozionali. Crei un tu/io serrato, un’alchimia molto sostenuta che di solito è condita da un periodare in maiuscolo che fa effetto sia quando letto sia quando declamato. E’ un influsso teatrale il tuo? E’ un bisogno che hai di far decantare concetti specifici agli occhi e alle orecchie del lettore?

E’ un influsso teatrale, io stesso quando rileggo voglio identificarmi di volta in volta con quel tu o quell’io. 

Mi piace giocare un po’ con il soggetto perché spesso i miei flussi di coscienza non conducono necessariamente da qualche parte ma, opportunamente scavati, pur non avendo un vero e proprio soggetto, possono comunque identificare qualcosa che sfugge.

La tua scrittura giovane perché sei giovane di età, tra le altre cose mi ha colpita perché racchiude efficacemente, rapidamente e soprattutto emotivamente la moltitudine. E’ come se riesci, in questa modalità di versi serrati e cambio di soggetto a creare un caleidoscopio in cui ci entrano molte persone.

Una forza estremamente preziosa dei tuoi versi.

Dovrei fare come Bergonzoni anche io: un vuoto di vastità. Mi piacerebbe davvero includere quanto più possibile. A volte faccio fatica a selezionare, vorrei dire tutto in pochissimo.

Una critica che magari mi faccio è che non lascio stendere le cose, cerco di concentrare il più possibile.

Io invece trovo che i tuoi versi abbiano uno sviluppo molto equilibrato, molto pieno in poco. La tua condensazione è molto utile a far esplodere nel lettore o nell’ascoltatore più sentimenti. Perché è calzante ed incalzante al tempo stesso. Il tuo uso della parola è forte, anche nella prosa. Lì hai più spazio, non hai la gabbia del verso, riesci sempre nella tua ‘vastità concisa’.

E’ vero: quando facciamo i reading con gli amici, cercando di aggiustare qualcosa e di confrontarci, nel momento in cui cerco di condensare invece aggiungo, come se ci fosse una sorta di inesauribilità delle cose da dire. Negli ultimi tempi sto riscoprendo la magia della lettera. La lettera scritta; puoi condensare davvero bene un messaggio ed il fatto di non avere un vero e proprio destinatario mi piace molto.

Foscolo aveva scritto un epistolario (Lettere ai Mille Savi), anche lui lo pensava…

Tra dieci anni avrai 33 anni: dove ti vedi? 

Non so forse in una città dell’Umbria. Napoli è troppo caotica da questo punto di vista, anche se qui ci vedo molte possibilità.

Un libro e una canzone che hai in mente o sul comodino?

Magic Shop di Franco Battiato

La Danza della Realtà di Jodorowsky.

Editing, domanda a bruciapelo: le letture aiutano molto ed il confronto anche con gruppi ristretti di poeti. Ma tu, quanto lavori su un verso prima di consegnarlo, in qualche modo, ad una mente altrui?

Poche volte. Penso molto di più rispetto a scrivere. L’attività che mi prende tanto tempo è quella soprattutto mentale pre-scrittura: è anche un limite perché non permette di fissare subito delle idee. 

Ho quasi questa fobia di scrivere e cancellare. Faccio fatica a rimaneggiare i miei versi cancellandoli e correggendoli. Faccio fatica anche a fare anche collage.

La condivisione è quanto di più importante che hai imparato sin qui dalla vita, vuoi citare qualcosa d’altro? Anche di frivolo, che ti porti con te?

Nella ripetizione, nei pensieri ossessivi, in tutto quanto rimando costantemente e che ritorna vedo delle ispirazioni continue, solo allora capisco che sono un’esigenza.

L’immagine di copertina di questa intervista è stata scattata nel giugno 2022, durante l’intervista.

Trovi le poesie di Francesco pubblicate da #slowwords qui

2 risposte a “Francesco Tardio, poeta”

  1. Giulio

    Ho letto, in particolare “segreti”, grazie a Massimo, attraverso sentieri ottocenteschi. Ho un ortoteatro. Mi piacerebbe incontrarsi. In qualche modo mi sono sentito nudo. Un abbraccio raro.

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    • admin

      Grazie Giulio con colpevole ritardo di cui ci scusiamo (perché abbiamo avuto problemi tecnici), abbiamo inviato il suo commento pubblicato all’autore intervistato, speriamo riusciate a sentirvi, a presto e grazie

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