Il Cerchio Rotto

 

Era un sabato sera di febbraio, il mattino era piovuto: l’alone della luna faceva impallidire le stelle all’orizzonte e nella foschia si confondevano l’erba e il cielo. Federico attraversò il cancelletto che immetteva nel cortile del casolare di Fabio. Erano già le sei passate, c’erano ancora degli animali nelle stalle, delle pecore e qualche maiale, gli ultimi sopravvissuti da quando l’allevamento era stato chiuso. La vecchia barchessa era stata completamente rimodernata, dell’impianto originale era rimasto il porticato che fungeva da parcheggio e la sala interna che era stata trasformata in un’enorme taverna e veniva utilizzata quasi esclusivamente per ricevere. Ne era uscito un ampio salone attraversato in tutta la sua lunghezza da un tavolo di legno massiccio in fondo a cui trionfava un grosso caminetto. Le travi a vista erano state ricoperte da decorazioni in stile ampezzano e, opposta al camino dall’altra parte del tavolo, c’era un’alta credenza nello stesso stile. La parete interna era stata coperta da un immenso batik tailandese, reminiscenza dell’ultimo soggiorno del padre di Fabio a Bangkok e sopra al tavolo era stata sistemata una bella tovaglia di cotone pesante ricamata a ghirigori gialli e verdi. Il pezzo forte dell’arredamento era comunque una scultura di legno, raffigurante un negretto in livrea che reggeva un piattino con dei cioccolatini, di fronte all’ingresso. Una lunga parete di vetro, coperta da due enormi tende beige arricciate, faceva scorgere una piscina di pochi metri scavata in mezzo al prato inglese. Al piano superiore, al centro di quello che doveva essere stato il solaio, si ergeva un flipper. Quando sentì il campanello, Fabio si precipitò ad aprire. “Finalmente sei arrivato, pensavo fossi andato a troie!” “Quelle le lascio tutte a te!” rispose l’amico con un sorriso divertito. “Bando alle ciance” cominciò Fabio facendosi improvvisamente serio, “non sai quanto sono felice che tu sia arrivato; devo raccontarti una cosa davvero allucinante!” Nonostante Fabio non fosse un tipo di norma molto controllato, Federico capì subito che era molto agitato; si muoveva a scatti, dando l’impressione di essere un gorilla intrappolato nella rete che cerchi di fare il disinvolto. “Ma cos’hai, sei già fuori?” “No, no sono perfetto, ma devo parlarti, vieni di là, seguimi, è da giorni che ci penso, ma non credevo che ce l’avrei fatta.” “A fare cosa? Ma si può sapere che ti piglia?” “Aspetta, Fede, aspetta… adesso te lo dico. Mi è venuta un’idea pazzesca… sono fuori lo so, adesso tu mi dirai che sono pazzo, ma secondo me ho avuto l’idea del secolo, sono un genio!” “ Sì, Einstein! dimmi tutto…” e lo guardò con aria divertita. “Beh, se fossi in te non riderei tanto…, ammetto che è una cosa un po’ forte, che va contro ogni logica, ogni morale, ma che cos’è la morale al giorno d’oggi, con tutto quello che succede? Sì, ammetto che si tratta di una cosa veramente mostruosa, ma… , ma io voglio farla per primo capisci! per primo! perché tanto so che se non la facciamo noi la farà sicuramente qualcun altro e voglio togliermi la soddisfazione di essere il primo!”. “Vuoi farti una vergine?” esclamò Federico cercando di buttarla sul ridere e di eliminare così quella strana sensazione di fastidio che gli provocava il tono sovreccitato dell’amico. Era decisamente fuori di sé e si capiva che faceva fatica a spiegarsi. “Ho pensato…” riprese Fabio dopo essere entrato in cucina e aver bevuto un sorso di vino “che potremmo anche entrare nella storia se riusciamo a fare le cose fatte bene. Tu adesso non mi capisci, lo vedo da come mi guardi, ma quello che ho in mente è una figata ! È un rito capisci! Lo facevano anche gli antichi… è una cosa veramente ‘tribal’!” “Senti… non sto capendo un cazzo di quello che mi stai dicendo, ma si può sapere che cazzo hai oggi?”. Fabio lo fissò facendosi cupo in viso come se avesse visto uno spettro, gli mise le braccia attorno al collo e con uno scatto gli morse a sangue il labbro. Federico si liberò con ira dalla stretta dell’amico e lo respinse violentemente facendolo sbattere contro il tavolo in marmo della cucina. “Ma sei mona ? Mi hai fatto male, cazzo! guarda come sanguina…”, ruggì toccandosi il labbro. Stava per andarsene via incazzato quando Fabio lo prese per un braccio e lo tirò a sé. “Scusami, scusami…ti prego scusami…, ma, vedi, tu non capisci, non puoi capire, e io dovevo farlo per portarti a capire… dai Fede non incazzarti…siamo amici no?” Il tono di Fabio era così dimesso e così poco consono al suo carattere autoritario che Federico si sentì lusingato.

“Senti Fabio…ok, sono qui per ascoltarti, però… resto solo se ti decidi a spiegarmi che cazzo hai! Perché mi hai proprio rotto i coglioni!” “Ok, va bene!” e facendosi improvvisamente serissimo cominciò: “Ho in mente un gioco… ed ho bisogno di te!”

Federico si era girato di spalle spazientito e non lo guardava più. “Federico! Federico, ti prego ascoltami… come faccio a dirtelo, a farti capire? Vedi… ho deciso che stasera per cena potremmo mangiarci Francesca!”. Federico si giro di colpo sorpreso da quelle parole assurde ed esclamò: “ma che cazzo dici? Ti devi essere proprio fottuto il cervello tu!. Senti…, mi hai chiamato prima per aiutarti a cucinare e io sono venuto anche se stavo facendo un sacco di cose importanti. Adesso arrivo e ti trovo in pieno delirio che spari cazzate, ma si può sapere che cazzo di acido ti sei mangiato?” “Ma sì, sì, stai calmo” riprese Fabio avvicinandosi verso di lui con un sorriso tirato che voleva essere rassicurante, “anche i primitivi praticavano il cannibalismo per assorbire lo spirito dei loro guerrieri, l’ho letto in un libro di filosofia. Era una pratica rituale, che serviva a rendere compatta la comunità” “E allora? Tanto per cominciare noi non siamo più primitivi e poi non riesco proprio a capire che senso potrebbe avere nel nostro caso fare una cazzata del genere.” “Ma come fai a non capire? Ho avuto l’idea del secolo, sono un genio!”

Federico si era sinceramente rotto del delirio dell’amico, il labbro gli doleva, ma nonostante avesse tutte le ragioni per andarsene restava lì, impietrito, ad ascoltarlo. In realtà ne era sempre stato succube e poi, pensava, Fabio era pur sempre il suo migliore amico, si erano divertiti un casino insieme e così, adesso, gli sembrava brutto girare i tacchi e mollarlo lì in quello stato. Infine c’era anche una componente di viltà nell’atteggiamento di Federico perché Fabio era sempre stato uno schizzato ed era piuttosto imprevedibile, come quella volta che aveva fracassato con una testata la faccia di Marco. Mentre stava riflettendo, l’altro continuava la sua spiegazione. “Cerca di capire… pensa che colpo quando se la troveranno nel piatto tagliata a pezzettini e cotta per benino, pensa che flash! tra l’altro ho sentito dire che la carne umana è dolcissima, è come la carne di cavallo! Diventeremo qualcosa, capisci? Saremo i primi al mondo ad aver avuto un’idea del genere, forse potremmo anche entrare nella storia!” Federico era precipitato in una sorta di torpore e lo ascoltava passivo, poi lo guardò di colpo ed esclamò: “Ma che cazzo dici? Tagliarla a pezzettini? E chi l’ammazzerebbe? E anche se trovassimo il coraggio di fare una puttanata simile, come pensi di spiegarlo ai suoi che non se la vedono tornare a casa? Come la fai sparire? Cosa gli dici, che te la sei fatta in salmì? È un’idea veramente del cazzo, si capisce che ti sei proprio rincoglionito. Guarda, adesso ho capito! mi sa che dovresti proprio smetterla con certa roba… ” e lo guardò con un po’ di pena. “Non sono mai stato più lucido di così! ma cosa credi, che mi sia svegliato stamattina e ci abbia pensato così, a caso? È da un pezzo che ci rifletto… ho studiato, ho pensato molto per arrivarci, è un’idea geniale! è quello che tu con il tuo piccolo cervelletto da campagnolo non riesci a capire!. Voi passate le serate a non fare un cazzo, da una discoteca all’altra, schiavi di un sistema nel quale sprofondate senza neanche accorgervene. Io…, io lo voglio controllare il sistema! voglio essere io a decidere; ma soprattutto ho capito la sacrosanta verità: che il sistema non ti caga finché non fai qualcosa di veramente grande… qualcosa che non ha ancora pensato nessuno, una cosa come questa!. A questo mondo se non appari, se non ti fai notare, se non parlano di te, non sei nessuno! Capisci! non esisti!! Io sento di essere superiore alla maggior parte dei coglioni che mi capita d’incontrare tutti i giorni, lo so! Tu non riesci a capire, ma io ho già visto tutta la scena… sono sicuro che sarebbe un bel flash per tutti. E poi mica se ne renderebbero conto subito. Pensa ai commenti durante la cena: buona questa bistecca, dove l’hai presa? Bravi! Bravi! avete proprio cucinato bene. Ma ti rendi conto?” “Senti un po’ genio…” lo interruppe Federico con la voce che gli tremava, “spiegami… e perché proprio la Francesca, che tra l’altro avevo anche intenzione di farmi? Perché non la Stefi o la Sabri o che ne so un’altra ?” “Federica, Stefania, Sabrina, che cazzo me ne frega; per me sono tutte uguali; la Francesca potrebbe passare di qua a trovarmi… magari per farsi dare un tiretto e non sarebbe così difficile ucciderla.” “Tu sei completamente pazzo! sei pazzo! e in ogni caso non mi hai ancora detto come penseresti di sistemare il cadavere, bene o male tu parli sempre di un delitto e anche se ce la mangiamo ci sono pur sempre i resti…, che cazzo ne so, le ossa!” “Ho pensato a tutto io, cosa credi, sono un genio io, mica una testa di cazzo qualsiasi: hai mai sentito parlare delle stragi del sabato sera? C’è tanta di quella gente che si schianta in macchina, specie se è stata in qualche locale ed è ubriaca… l’importante sarà farlo sembrare un incidente…A me basta un complice, Federico, poi per il resto ho già pensato a tutto io. Prendiamo i resti, li carichiamo in una macchina, la spingiamo in qualche fosso in campagna, poi con un po’ di benzina le diamo fuoco e il gioco è fatto!”  “ Sì…” rispose Federico con una strana ombra d’incredulità infantile dipinta sugli occhi. “E secondo te la polizia non indaga, secondo me il giorno dopo finiamo tutti con l’ergastolo!” “Ma senti… come fanno a capire? Non arriveranno mai ad una cosa del genere; è troppo complicata, capisci! È troppo assurda! ma come fai a non rendertene conto: è il delitto perfetto, non c’è nessun movente tanto per cominciare, è perfetto!” “Ok, mettiamo per ipotesi che gli sbirri non capiscano, un problema però, se me lo concedi, resta sempre: come pensi che la prenderebbero gli altri, credi davvero che appoggerebbero un’idea simile?” “Si tratta di metterli di fronte al fatto compiuto, una volta che l’hanno fatto non parlerà nessuno, ne sono sicuro, non possono dirlo… Non avranno mai il coraggio di parlare!” La risposta di Fabio aveva qualcosa di intrinsecamente spaventoso. Federico si sentiva spiazzato dalla grandezza di quello sguardo immenso e delirante. “Come ti sentiresti tu dopo aver mangiato la coscia di uno dei tuoi migliori amici? Ti verrebbe voglia di raccontarlo in giro o preferiresti che la cosa rimanesse segreta, dominio di poche fidate persone? Il gruppo Federico…! Il nostro gruppo! restare uniti nella condivisione di un segreto, di un mistero quasi, direi, è questo che conta. Se riusciamo a restare uniti tra di noi, saremo onnipotenti!” Federico continuava a fissarlo con gli occhi sgranati senza dire una parola. Fabio prese una sigaretta e dopo averla accesa disse: “E poi… adesso è tardi, l’ho già fatto!.” “Come? Cosa, cos’hai fatto?” urlò Federico sentendosi improvvisamente prendere dal panico. “L’ho già uccisa, è di là nel freezer.” “Adesso basta! finché si tratta di parlare, mi va anche bene, ma mi sembra che come presa per il culo sia già durata troppo!”. “Va a vedere se non mi credi…” continuò Fabio fissandolo con superiorità “apri il freezer e guarda con i tuoi occhi!” Federico chinò il capo come se stesse sostenendo un peso enorme e si avviò verso la cella frigorifera. Girò il pesante maniglione di ferro ed aprì. Al momento non ebbe la forza di reagire, lo stupore e lo spavento di quello spettacolo ignobile ebbero il sopravvento su di lui e si dovette appoggiare con la schiena al tavolo alle sue spalle per non cadere. Rannicchiato contro le pareti del freezer c’era un corpo livido. Federico non aveva mai visto un morto in vita sua, ma capì che c’era qualcosa di strano dalla posizione innaturale che avevano le gambe e le braccia della ragazza. Quel modo di stare era assurdo, pensò, nessuno avrebbe potuto resistere messo così, nemmeno una contorsionista! Richiuse la porta lentamente, come se non volesse saperne di più e tornò da Fabio. “Cosa hai fatto! Come hai potuto?” balbettò guardandolo con terrore. “Te l’ho detto, hai visto? Tu che non ci credevi… hai visto che non era una balla…! Ho le palle io cosa credi… era da tempo che ce l’avevo in mente, ma poi non si presentava mai l’occasione e invece…. Lei oggi è passata di qua quasi per caso, senza preavviso… sembrava fatto apposta, perfetto, non me ne sono neanche reso conto!. Era lì… di spalle, che cercava le tazzine per il caffè; è stato come un lampo che mi ha attraversato la mente e ho capito che in quel momento potevo e dovevo farlo. Mi sono avvicinato e l’ho colpita alla testa con un mattarello, sì… di quelli per tirare la pasta. Ricordo il rumore del colpo e lei che mi sveniva tra le braccia, è caduta subito! Sì, è caduta subito…” Fabio parlava con gli occhi persi, lontani. “Sembrava morta, sembrava già morta! Ma io volevo esserne sicuro, non potevo mica permettermi di sbagliare, così le ho dato un altro colpo ancora più forte sulla nuca che deve averle fracassato il cranio. Ha perso un sacco di sangue, non credevo che il corpo umano contenesse così tanto sangue… Comunque penso che fosse già morta dopo il primo colpo; non si è accorta di niente, capisci! Non ha sofferto…” Federico ascoltava immobile; era precipitato in uno stato di shock tale, che trovava il racconto dell’amico addirittura interessante; non si orientava più. Il fatto di non avere mai visto un cadavere, se non per finta alla TV, lo inquietava e nello stesso tempo lo galvanizzava, era un’altra esperienza, sì, tutto sommato era pur sempre una esperienza in più. Fabio aveva preso a giocherellare soprappensiero con un compiuterino portatile. Federico gli si avvicinò e cominciò anche lui a fissare il giochino. Per qualche secondo tutta la loro esistenza sprofondò nelle luci del giochino.

 

(…)

 

Sarah Revoltella “Il cerchio rotto” Ed. ZeL, Treviso, 2010, ISBN 9788896600061

www.sarahrevoltella.com

Per acquistare online il libro: http://zeledizioni.it/?q=it/content/macedonia

 

 

Immagine di copertina:

Henri Rousseau – La Guerra detta anche La cavalcata della Discordia, 1894 ca., olio su tela, cm 114 x 195 – Parigi, Musée d’Orsay © RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay)/Tony Querrec

L’opera è in mostra – dal 5 marzo al 5 luglio 2015 –  al Palazzo Ducale (Venice) nella mostra Henri Rousseau. Il candore arcaico (www.mostrarousseau.it)

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