Inti Ligabue, imprenditore

Anacleto, Giancarlo, Inti. Tre visionari self-made che si inventano nuovi perimetri di un business (i rifornimenti di derrate alimentari in luoghi remoti e non della terra) grazie a un’intuizione e a una città, Venezia, che diventa casa per il capostipite, di origini emiliane. 

A cento anni dalla fondazione di un’azienda che insieme all’innovazione nella logistica ha fatto dell’innovativo supporto al benessere dei dipendenti, della disseminazione della cultura, del supporto alla ricerca scientifica la sua più profonda ragione d’esistere, incontro Inti Ligabue (1981) da poco padre, che visita con me la sua mostra aperta a Venezia nella grande Scuola della Misericordia.

La Grande Impresa (fino al 3 novembre) parla della storia del 900 – dai tumulti economici alle guerre fino alle vertiginose innovazioni scientifiche – e della Ligabue che lo ha attraversato tutto. Racconta in maniera commovente anche delle passioni di un uomo, suo padre Giancarlo – l’esploratore archeologo, oltre che il capitano d’azienda. E degli sterminati progetti culturali che la Fondazione ha portato e porta avanti non solo nell’arte antica e nella divulgazione scientifica.

Questa conversazione breve e intensa dura solo dieci minuti mentre ci spostiamo osservando le isole multimediali della mostra. E avviene alla vigilia di un suo prossimo viaggio ad Helsinki. 

Dove per la prima volta una cospicua parte della loro sterminata collezione di arte pre-colombiana viene mostrata al Museo Nazionale (dal 18 ottobre).



In un recente incontro con la stampa in Italia, sul finire hai presentato tua figlia Diletta, cinque mesi, come prossimo amministratore delegato della Ligabue. Ho pensato che era un’investitura meravigliosa non solo perché sarà la prima donna capitano d’azienda della vostra famiglia. Ma ho anche pensato che tutta la vita tu ti fossi dovuto sentire predestinato al tuo ruolo, al tuo lavoro. Quali erano gli anni dell’Inti ancora libero da questo sentimento?

E’ qualcosa che mi hanno chiesto diverse volte. 

Non ho mai sentito la pressione, sapevo di dover fare un percorso e penso di averlo sempre accettato. Quello che è cambiato è quando sono tornato qui a Venezia, dopo l’università. 

Il mio percorso di studi è stato in economia, mi sono laureato a Bologna: quello è stato un po’ un compromesso, farmi la mia identità fuori e tornare a Venezia.



Sei tornato un po’ alle origini in verità perché Bologna è situata nella regione da cui proviene tuo nonno Anacleto…

Non cambierei mai nulla delle mie scelte sinora.

Lì c’è stato forse un un po’ di dubbio ma non mi sono mai sentito oberato da un percorso che alcuni hanno definito già scritto o obbligato. 

Era un percorso talmente privilegiato, perché non cercare di coglierlo con tutta la forza e la passione possibili?

La passione è un fil rouge che tiene insieme tutto nella vita di una persona: il lavoro, l’impegno culturale, quello civile ed è qualcosa che, per quanto ci riguarda, ci accomuna da tre generazioni.



Siete dei viaggiatori instancabili e siete veneziani per caso, tu sei veramente veneziano essendo nato qui (in questa città essere nati è uno scoglio dirimente per essere considerati veneziani!), anzi per me sei ancora più veneziano di veneziani da cento generazioni..: cosa pensi da cittadino di questa città? 

Lo so, è difficile isolare l’imprenditore e il filantropo dal semplice cittadino ma mi piacerebbe sapere te da cittadino cosa senti di dare e ricevere dalla tua città dato che ti impegni molto seriamente anche nello sport tipico (la voga).

Credo ci siano diversi impegni di tipo civico, piano piano sto cercando di abbracciarli tutti. Quali sono? L’impegno sociale, l’impegno sportivo, quello per mantenere le tradizioni, quello divulgativo e culturale anche se è la prima cosa che ci riesce e che ci è sempre riuscita. Aggiungerei l’impegno nella ricerca, uno degli appuntamenti che faremo presto è con Ennio Tasciotti (scienziato italiano di base a Houston) di cui appoggiamo le ricerche. Quello che faccio e che ho fatto anche in passato è stato sempre molto sincero e occorre trovare il proprio ambito adatto, non è qualcosa di immediato anche perché sono diverse le attività che ci si mette in testa!

Sono molto riconoscente verso la città ma non mi aspetto niente perché quando ti aspetti qualcosa rimani sempre deluso. 

Anche mio padre non si è mai aspettato niente e ha sempre dato molto. 

Ma cosa posso dire di più dell’intitolazione del Museo di Storia Naturale a Giancarlo Ligabue? E’ il regalo più importante che la città potesse fare a me, a mio padre, a Diletta, ad Anacleto. Io non ho parole…



Avrebbero potuto pensarci anche qualche anno prima, forse?

No, invece è l’anno migliore: l’anno del centenario, l’anno in cui nasce sua nipote. Io sono davvero già emozionato a pensare a quando la porterò a conoscere suo nonno nel museo intitolato a lui.



Hai ragione. Riguardo ancora Venezia, la tua azienda si occupa dell’asset più importante per ogni essere umano – il cibo, il nutrimento. Più di un business come qualsiasi altro. Ed ecco il cibo per la mente; pensi che la Fondazione Ligabue possa trovare casa nel senso museale?

Questo è un altro tema aperto. Sto valutando un sacco di possibilità inclusa una sede a Palazzo Erizzo dove vivo, questa forse è la più semplice e la più vera ma lì alcune delle mostre non riesci a farle perché ti mancano gli spazi e poi ci sono tutta una serie di normative da rispettare.

Un’altra soluzione a cui sto pensando è mantenere una sede lì e poi continuare con la nostra flessibilità attuale scegliendo lo spazio migliore per la mostra che di volta in volta abbiamo in programma. 

Non tutte le mostre possono funzionare nello stesso posto. Un esempio: una mostra sull’arte tribale può funzionare in uno spazio più asettico proprio per dare massimo risalto alla sua espressività artistica mentre una mostra sugli idoli in un posto più raccolto quindi….



E non avere uno spazio fisso ti darebbe ad esempio la possibilità di portare più spesso le vostre mostre all’estero

Andiamo ad inaugurare il 17 ottobre ad Helsinki nel Museo Nazionale una mostra ‘sul mondo che non c’era’, ed è anche la prima volta che andiamo all’estero con la nostra collezione di arte meso-americana dopo un tour in importanti città italiane.



Oggi si parla molto di te e di come intendi la cultura d’impresa in maniera molto ramificata tra governance e responsabilità verso i propri territori, dato che la Ligabue l’ha fatto ante litteram da sempre per una questione di indole ed ‘animal spirit’ del suo fondatore, tuo nonno. 

Tu sta andando anche oltre, abbracciando molti altri aspetti sociali e d’impresa insieme. 

Dell’Inti privato si sa poco, quali sono le passioni ad esempio di collezionista al di fuori del perimetro della collezione di famiglia? 

Sono molto eclettico, passo dalla fotografia moderna – come quella di Bernd ed Hilla Becher – a quella contemporanea come quella di Vera Lutter ed altri esponenti tedeschi. Amo l’arte moderna veneziana, quindi Giuseppe Santomaso, Tancredi, Vedova, Mario de Luigi e quindi colleziono questo filone di ‘soli’ veneziani. Poi colleziono arte tribale e sono più conosciuto per quel settore lì infatti le prossime mostre verteranno su questo tipo di cultura visuale però anche tutto quello che collezionava mio padre è nelle mie passioni. Faremo prossimamente una mostra sui disegni antichi e sulle caricature, mi piace anche l’antichità classica. 

Non saprei dirti della prima vera grande passione….faccio fatica anche perché l’arte è talmente indefinibile che definirla è già riduttivo.



Non solo pratichi voga (alla veneta) ma altri sport…

Lo sport è una componente importante anche per questioni di sanità fisica e mentale. Sono un fanatico del kite-surf, adoro la corsa, l’alpinismo.




E la musica che ascolti e il libro che hai con te o che ti ha impressionato di più da ultimo?

Quello che mi ha impressionato di più da ultimo è ‘Le religioni secondo la matematica’ di Odifreddi…

Beh, per dirti che musica seguo, ho invitato i Franz Ferdinand a suonare qui alla Misericordia per aprire la mostra sui 100 anni della Ligabue. 

Gallesi, fanno indie rock che io ascolto dal 2005, sono scatenati ma era per darti un esempio perché pure per la musica sono onnivoro e non saprei ‘catalogarti’ i miei gusti. 

Anche la musica è una componente importante della passione.



Il cibo o bevanda che le ‘persone di questo mondo’ che raccontiamo amano è fondamentale per noi da chiedere: è un modo per sentirle e immaginarle anche se i nostri lettori non conoscono o non vedono di persona chi noi incontriamo…

Un bianco minerale – dal sauvignon al pinot grigio: mi piacciono i biodinamici ma voglio assaporare bene la mineralità che a questo punto accompagnerei con un bel piatto di crudo di pesce.



Ti vedi ancora qui tra 10 anni?

Certamente.



Non hai mai pensato di occuparti anche di politica? E di migliorare quindi l’agone politico nazionale e locale?

Io sono molto distante dalla politica, lo è stato anche mio padre che pure ha scelto di fare un’esperienza in questo settore candidandosi al Parlamento Europeo. Ricordo che lui partiva la mattina del lunedì alle sei e tornava il venerdì a mezzanotte, non l’ho visto per cinque lunghi anni abbastanza turbolenti – era mancata mia madre nel 1997 tra l’altro – e non è rimasto soddisfatto. Era partito con tutte le buone intenzioni, è stato anche presidente del Gruppo Parlamentare Italiano e quindi in un certo senso ci rappresentava tutti….No, io non ho ho questa scintilla. 



Pensi quindi di poter dare in maniera diversa….

Sì, in modo più autonomo, concreto e veloce. A mio modo e per la mia strada.



La Grande Impresa, arricchita anche di un mini cinema-documentario, presenta anche un programma culturale gratuito come l’esibizione: conferenze, incontri, dibattiti e presentazioni sia alla Scuola Grande della Misericordia che in luoghi cittadini

The World that Wasn’t There, dal 18 ottobre 2019 al 15 marzo 2020, è composta da oltre 200 reperti dalla Collezione Ligabue nella sede principale del National Museum of Finland

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