La Chimera

 

Non so se tra roccie il tuo pallido

viso m’apparve, o sorriso

di lontananze ignote

fosti, la china eburnea

fronte fulgente o giovine

suora de la Gioconda:

o delle primavere

spente, per i tuoi mitici pallori

o Regina o Regina adolescente:

ma per il tuo ignoto poema

di voluttà e di dolore

musica fanciulla esangue,

segnato di linea di sangue

nel cerchio delle labbra sinuose,

regina de la melodia:

ma per il vergine capo

reclino io poeta notturno

vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,

io per il tuo dolce mistero

io per il tuo divenir taciturno.

Non so se la fiamma pallida

fu dei capelli il vivente

segno del suo pallore,

non so se fu un dolce vapore,

dolce sul mio dolore,

sorriso di un volto notturno:

guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti

e l’immobilità dei firmamenti

e i gonfii rivi che vanno piangenti

e l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti

e ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti

e ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.

 

Dino Campana (1885-1932), Canti Orfici, Marradi, Tipografia F. Ravagli, 1914

 

Copertina: Daniel Buren alla Galleria Continua (Les Moulins, Francia), ph. Diana Marrone

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