Maximilian Holzer, studente e designer di party

Interno, inverno, terraferma (solo chi vive a Venezia ha la frequentazione quotidiana con questa parola, un mondo più che una locuzione). 

Un amico dj che presto finirà su queste pagine mi porta ad un party a cui si arriva solo per passaparola, il teatro è una grande casa che appena si intuisce. Lo scopo del suo tour era farmi innamorare della terraferma, io radicata nei paludi e nei canali.

Notte fonda, musica meravigliosa, temperature tropicali dentro e fuori il perimetro delle pelli.

La grande casa è, mirabilmente, tutta infagottata di bianco – le scenografie opaline a rincorrersi creando volumi irreali dove persone ovunque sorridenti ed amichevoli si alternano ad opere e creazioni in ogni dove fatte con nulla o quasi ma hanno trovato la chiave, sì: puntano dritte al cuore. 

Dovevo assolutamente conoscere chi questo l’aveva prima immaginato e poi creato e messo insieme circondandosi di persone fuori dal comune come lui. Mi faccio largo tra centinaia di volti e faccio due chiacchiere in giro, poi arrivo a lui, Maximilian Holzer: sin dal primo momento in cui ho incrociato lo sguardo ho capito che della sua aura è difficile dimenticarsi. Perché anche il qui ed ora come lo scolpisce lui è pura poesia, di quella magistrale.

Quando mi sono trovata davanti uno studente di design appena ventenne, sono rimasta ancora più sorpresa e ancora più felice. 

Ci siamo rivisti a prendere un caffè un pomeriggio primaverile, sonnolento e domenicale accanto a un paludo e sopra un canale e ora vi racconto di lui, lasciando quasi intatte le sue stesse parole. L’italiano non è la sua lingua madre ma lo parla benissimo.

 

Inizio sempre chiedendo della biografia perché mi interessa capire le radici di una persona in relazione alle scelte che sta facendo. Anche con te faccio la stessa cosa anche se sei giovanissimo, appena 20 anni!

Sì hai ragione, sarà brevissimo allora! Ho un nome tedesco perché vengo da Brunico (Alto Adige). E’ un piccolo paese in mezzo alle montagne con una mentalità molto chiusa. Non si trovano tante culture diverse. Siamo circa 15.000 abitanti. Io sono cresciuto in un paese che è ancora più piccolo, ha 5000 abitanti, e poi mi sono trasferito nella città più grande perché ho cambiato scuola. 

E’ un posto meraviglioso, pieno di natura e cose belle. Sono riuscito ad apprezzarlo la prima volta quando mi sono staccato, quando mi sono trasferito qui a Venezia.

A Venezia per studiare design e grafica allo IUAV ma purtroppo sono molto deluso.

 

Ti capisco, io ci ho insegnato e sono delusa anche io

Avevo certe aspettative e avevo bisogno di persone che mi potessero far crescere una passione o soltanto raccontare delle storie. Sento che c’è, magari, un certo fuoco ma purtroppo fino ad ora non ho trovato nessuno per questo, neanche studenti. Sei circondato di persone che non hanno un motivo, non hanno un progetto. Loro son qui perché ‘occorre studiare’, o perché ‘mio papà ha detto che devo studiare qui’. Questo ti tira giù: vieni con un’iniziativa o con la voglia di fare, di creare qualcosa di più grande, arrivi dove pensi che finalmente puoi imparare perché sei circondato di persone che dovrebbero pensarla allo stesso modo e quindi possono darti qualcosa ma poi non trovi nulla di tutto questo. Ma penso che tutto questo dipende tanto dal carattere di persona a persona.

 

Pensi sia causato dal provincialismo dell’istituzione o delle persone che la riempiono?

E’ un insieme di tutte e due le cose ed uno attira l’altro. Anche se ha una buona reputazione online e su riviste, penso che non sia di grande livello. Non so neanche come spiegarlo. Spesso la gente mi dice ‘così è l’università, così vanno le cose, quello che cerchi tu è un’utopia che non esiste’ tuttavia io non penso sia vero. E credo ci sia un posto a questo mondo dove poter trovare quello che cerco.

 

Anche io la penso come te: ci sono università molto buone che ti stimolano a pensare. Ma non sono qui purtroppo. E’ difficile anche in Italia trovarle. A Milano ce ne sono un po’ di più anche se è più competitivo e sono molto affollate…

Io penso che l’Italia non sia il paese giusto per questa disciplina, lo era forse una volta. Ma purtroppo non più perché da quello che ho capito la mentalità italiana suona più o meno così:’abbiamo fatto tutto, siamo i migliori al mondo e quindi non dobbiamo più far nulla, possiamo rilassarci e sdraiarci al sole’. Purtroppo nulla funziona senza innovazione.

 

E vi hanno portato al Salone del Mobile i vostri professori?

Ci hanno dato un po’ di giorni liberi per andare per conto nostro. Io sono andato, sì. E’ la seconda volta che ci vado quest’anno. Mi piace molto Milano durante il Salone, mi piacciono le sue strade larghe, le sue case alte – il movimento, la dinamica, i progetti che puoi guardare, le porte che puoi aprire…

 

Quindi i vostri insegnanti non vi hanno dato indicazioni su cosa visitare?

No, io sono andato più che altro al Fuori Salone perché volevo evitare di andare in una fiera per le prime visite. Mi interessa di più la creatività artistica al momento.

 

C’è una buona scuola di design a Bolzano

Sì, molto buona ma volevo staccarmi e andare via. Conoscevo già questo ambiente e volevo andare in un altro posto, penso di aver fatto un errore a scegliere Venezia riguardo all’insegnamento che sto ricevendo qui. Ma ho imparato tanto sulle persone, su come comportarmi in certe situazioni. E questo non potevo impararlo mai a casa. Poi sto imparando l’Italiano che non è la mia madrelingua: l’ho migliorato molto.

 

Mi stupisce la tua socialità, vieni da un paese estremamente piccolo eppure sei sociale come se vivessi in una metropoli, lo dico perché ti ho conosciuto ad uno dei tuoi party…attorniato da persone che hai scelto e che sono come te: i dj, gli scenografi, tutti i tuoi collaboratori. Da dove viene questo istinto a mettere insieme le persone?

Mi piace molto entrare in contatto con gente nuova perché posso imparare qualcosa, stimolarli e dare loro qualcosa da parte mia. E’ un insieme, appunto. Penso che tutto ciò venga forse dalle mie radici, non ho avuto molta possibilità di andare fuori. Anche se con i miei parenti viaggiavo molto e mi davano e danno sempre la libertà di scoprire nuovi mondi, nuove realtà. La musica mi ha aiutato moltissimo. Se riesci a coinvolgere le persone con la musica e con un volume spaziale, si crea un’energia che non si vede ma si sente ed è altissima.

 

Ho visto tante feste in tanti paesi anche perché ho ben più del doppio dei tuoi anni. Non mi capitava una festa così bella… Come fai?

La festa in cui sei venuta tu – ne faccio diverse – è stata una collaborazione con un gruppo (Sara Palmer) che fa allestimenti. Sono venuti a una festa che avevo fatto prima, hanno visto i miei allestimenti e la mia musica e mi hanno chiesto di fare qualcosa insieme. Alla fine quando vedo che c’è una vera passione mi piace tanto collaborare, sperimentare, vedere e conoscere.

 

La musica che ascolti quando sei da solo

Tante cose diverse. Dal jazz (soprattutto anni ’60: spiritual e soul jazz, per dire Pharoah Sanders, Alice Coltrane) al new wave, all’ambient o cose molto free o molto sperimentali che non riesco a suonare per un pubblico. 

Suono queste cose per me stesso, credo sia in ogni caso il motivo più importante per suonare anche quando faccio il dj: sei con qualcuno perché la gente apprezza molto. Ascolto anche disco elettronica, soul, funk, musica africana, giapponese, brasiliana, finlandese. Mi piace variare. 

 

Hai un’educazione musicale? Hai avuto la fortuna di avere un maestro che ti ha guidato negli ascolti?

No, la mia famiglia non ha tanto in comune con la musica. Ho studiato 10 anni di chitarra e 5 di batteria, ma non avevo mai la percezione che la musica potesse essere qualcosa che va oltre gli strumenti e darti tantissimo. 

Tre anni fa un amico mi ha fatto ascoltare tante canzoni, tra cui un artista di Detroit che si chiama Moodymann che suona techno, deep house, house. Con influenze soul, jazz, disco. Prima ascoltavo di tutto e anche musica bruttissima ma da quel momento in poi ho capito cosa potesse fare davvero la musica. Non è solo qualcosa che si ascolta in radio e che c’è sempre nelle tue giornate. Ad esempio, nella situazione in cui sono io all’università, è un’isola dove posso andare a rilassarmi e non impazzire. A trovare la mia energia – e a sfogarmi anche.

 

Cosa leggi invece?

Al momento leggo poco. Ho letto di recente un libro molto bello, Jetzt: vuol dire ‘adesso’ ed è di Eckart Tolle. Mi ha insegnato ad apprezzare il momento senza pensare al futuro o al passato. Riuscire a capire quello che c’è già ed adesso, senza dire ’vorrei essere là’ o ‘vorrei fare questo’. Per me, non fraintendiamo, è molto importante avere un obiettivo ma nello stesso momento è molto importante anche non dare per scontato quello che c’è.

Questo libro mi ha anche ispirato a divertirmi o a trovarmi bene in certe situazioni dove prima dicevo, forse o quasi sempre, ‘non mi piace’.

 

L’adesso, il presente, è esattamente la dimensione che stai scolpendo con i tuoi party

Fare feste per me è questo, posso ascoltare la stessa traccia in altri momenti ma non posso mai mettere insieme le stesse energie e persone come a un party… ed è molto importante per me capire come ospite (quando vado a una festa) cosa sento in quel momento lasciando da parte il telefono, le storie su instagram, i video…Invece provo a prendermi questo intervallo di libertà perché quel che faccio è guardare il telefono tutta la settimana. Perché non prendermi una serata o due in cui non penso a niente e ‘sento’ solo? A volte non è la situazione giusta e non si riesce a farlo ma quando fai la scelta giusta riesci a sentire ed apprezzare questa libertà.

 

Hai compagni di strada che ti hanno mostrato questo o l’hai scoperto da pratiche e letture?

A casa mia ho certi amici con cui sto facendo anche feste lì ma c’è poca gente. Insieme ci spingiamo a cercare sempre di più, a trovare nuovi mondi. La musica è qualcosa di giusto per me, non mi andava e non mi va di percorrere solo una strada visto che il mondo è così grande. Voglio capire, sentire e poi prendere la strada che più mi convince non importa in che posizione nel mondo sia.

 

Il tuo rapporto con l’arte visiva e con la moda si percepisce come molto forte. Hai molta attenzione a dettagli estetici non solo sulla tua persona ma negli ambienti che crei. Chi ti ha ispirato fin qui?

Di moda non so tanto ma è vero che curo molto l’estetica, amo vedere cose belle e capire perché mi colpiscono. Tra i designer od architetti mi hanno ispirato molto Ray e Charles Eames mi piace la loro attenzione al dettaglio. Adoro Bruno Munari perché sperimenta e riesce a comunicare qualcosa che non è immediatamente percepito come una cosa bellissima ma se messo nel contesto giusto comunica ancora più dei precedenti!

Ma alla fine torno sempre alla musica con artisti che mi danno apertura ed attenzione alla sperimentazione. Un artista che faceva tanto questo è Arthur Russel che ha percorso tanti generi. Lui ha molti alias, ha fatto parte di tanti gruppi, ha fatto dal free jazz al indie rock a disco. Anche la sua vita è molto particolare. Hai bisogno sempre di persone e di gente attorno a te che spingono verso questo, con cui condividere.

L’ho visto anche nella sua vita. E’ stato sempre circondato da persone molto aperte, circondato da menti libere, anche a me piace trovare gente che mi fa star bene e dove è reciproco l’arricchimento. Non lo trovo spesso ma quando lo trovo lo apprezzo tantissimo.

 

E a Venezia? Vai alle mostre?

Alla Biennale ho provato a vedere la maggior parte di cose possibili, qui a Venezia trovo poco ma magari forse non cerco abbastanza. Venezia mi sembra un posto con pochi progetti da scoprire e tanti disegni da fare, tanto spazio per disegnare te stesso. Hai poco spazio per farti ispirare. E invece è ciò di cui ho bisogno, proprio per questo vorrei andare via. In una città più grande con più persone e con più cultura. Dove posso scegliere che porte aprire e che stanze scoprire. Vedere è tanto importante per me, magari alla fine per non far niente. Ma per me è importante avere abbastanza per decidere.

 

Pensi di volerti iscrivere ad un’università di lingua tedesca?

Sì, al momento sto facendo l’application per l’ECAL.

 

L’ho immaginavo prima che lo dicessi….

Sto provando a fare l’Erasmus lì, è molto difficile entrare. Spero tanto di riuscire a fuggire da questa situazione scolastica! Dopo vorrei andare a Berlino a fare la magistrale od altro. Lo volevo fare anche all’inizio però purtroppo con un’educazione non inerente (ho fatto il liceo linguistico) non avevo un portfolio da presentare. 

Cosa posso fare quindi senza portfolio? Ho scoperto che l’Italia accetta studenti solo con il test d’ingresso, senza portfolio. Ecco perché ho deciso di venire allo Iuav, sicuramente era una cosa sbagliata. Ma alla fine sono felice lo stesso, ho trovato tante altre cose e ho imparato anche che vorrei un’altra cosa ancora. Con più libertà, personalità ed identità. Dove ci sono tante regole e disciplina da seguire ma dove posso esprimermi con più libertà. Anche qui ci sono i vincoli ma non è possibile fare quel che si vuole. 

Quello che voglio fare è trovare me stesso, trovare la strada. Ecco perché ho bisogno di personalità ed identità.

Vorrei fare anche uno stage ma la prima cosa che ti chiedono anche lì è un portfolio. Qui all’università non posso fare lavori miei, nei workshop facciamo sempre i lavori dei professori. E quindi non ho il tempo di sviluppare i miei progetti. Adesso ho preso la decisione di creare il portfolio scegliendo sì dei lavori fatti all’università per i professori ma anche quello che ho fatto fuori, aggiungendo degli esempi di allestimento: comunica comunque la mia personalità anche se non si tratta di grafica e di prodotto.

 

Che tipo di viaggiatore sei?

Non mi interessa vedere le solite cose (musei, chiese) ma posti fuori dal contesto e vedere cosa c’è veramente. Rifuggo l’atmosfera da turista, mi piacciono quartieri un po’ autentici o anche fuori dalla città, dove vedi come vive la gente e cosa fa. E anche lì mi concentro molto sulla musica del posto. Voglio andare nei negozi dove vendono questa musica e spesso grazie ai negozi trovo i quartieri fuori dall’economia del turismo dove vedi anche cose bruttissime ma riesci a cogliere l’autenticità del posto. Questo mi piace molto anche di Berlino. 

 

Cosa ami mangiare?

Pesce, mangiare sano, strano.

Amo cibi particolari che forse all’inizio non dico ‘che buono, che bello’ ma che poi mi possono piacere. 

Mi piace anche mangiare leggero perché mia madre è molto dentro le erbe, il bosco, la natura, quindi io mangio molto sano grazie a lei. Quando ero più giovane mi dava fastidio mangiare solo cous cous con verdure o una salsa particolare mentre desideravo le salsicce. In questo momento invece lo preferisco. Sento che sto molto meglio e che ho tanta più energia. 

Ho fatto anche un periodo senza carne che mi ha dato tanto ed aiutato molto. Penso sia bello avere una combinazione e mangiare carne quando è veramente buona. Quando non la ho, preferisco vegetariano o vegano.

 

Dove ti vedi tra dieci anni è la domanda con cui di solito concludiamo l’intervista…

Domanda molto difficile. Io vorrei essere in una situazione in cui posso trovare soddisfazione, dove faccio qualcosa per una ragione e anche se mi distruggo di lavoro alla fine riesco a capire che vale qualcosa. Vorrei autenticità: mi piace esprimermi con verità senza pensare a niente altro. Spesso trovo difficile a capire la gente, perché mi dicono qualcosa ma pensano a qualcosa di estremamente diverso. A volte becco anche me stesso a fare qualcosa di totalmente distante, e allora mi dico ‘io sono così, perché provo ad essere qualcun altro, c’è già quell’altra persona…’.

 

Il colore che ti ossessiona adesso se ce l’hai?

Forse rosso. Non so, anche questo è molto difficile. Anche verde. No, forse rosso.

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