Nick&Alan, Glasgow

Le vostre vite in poche righe: prima e dopo la vostra relazione

Alan (A) – Mi sono laureato nel 1994 in scienza sociali, specializzandomi in teoria culturale e post-modernità. Non sorprendentemente (forse) iniziai a fare il dj e il promoter di eventi musicali quasi subito. Ho lavorato con successo e un pochino alla deriva in questo milieu edonistico, prima di incontrare Nick nel 1999.

Dal 2000 e quindi all’inizio della nostra relazione – devo dire grazie al suo incoraggiamento e supporto – ho iniziato a lavorare nelle pubbliche relazioni nel settore delle arti e della musica. Prima ho lavorato soltanto nella musica elettronica con un’agenzia stampa europea poi ho deciso di diventare indipendente e di rappresentare anche altri settori, come il teatro, la performance, l’arte visiva e in particolare le arti LGBTQI (acronimo internazionale per le comunità lesbica, gay, bisessuale, transgender, queer ed intersex).

Ho quindi continuato a lavorare in tandem come PR di giorno e come DJ e promoter di notte fino al 2010 quando ho smesso di suonare per dedicarmi completamente alle attività di PR. La crisi del 2008, tuttavia, mi ha messo un serio bastione fra le ruote. 

Nick (N) – Sono cresciuto a Bruxelles da genitori inglesi e mi sono trasferito in Scozia nel 1989 per studiare management. Un anno a Parigi mi ha portato a studiare architettura alla Glasgow School of Art e poi un lavoro a Londra. Londra è stata divertente ma la Scozia mi ha riportato indietro. Tornai per un master nel 1999 con l’intenzione di tornare al ‘big smoke’ (Londra) cinque mesi dopo. 21 anni dopo sono ancora qui e la ragione è Alan. Mi ha circondato di forza e sicurezza quando io mi sentivo un po’ perso e ha continuato a farlo da allora. Siamo cresciuti insieme, abbiamo sovrapposto i nostri interessi in architettura, l’ambiente costruito e la musica degli anni 80 e anche tutta la musica europea, e siamo ciascuno il migliore amico dell’altro. Alan è il mio compagno ma è tantissimo, soprattutto, il mio amico.


Il vostro paese (la Scozia) sta riportando in auge un’idea quasi ‘simpatica’ di ‘autonomia’ nel grande collasso dell’Impero: è troppo ottimistica questa visione in un mondo che cambia talmente tanto velocemente da sembrare irriconoscibile?

(A) – Io direi che l’impero come entità geografica e politica attuale appartiene decisamente al passato – anche se le ferite inflitte rimangono. Sono scettico sul significato attuale di autonomia dato che è costantemente invocata a livello popolare nel Regno Unito. Mi sembra più una illusione assai condivisa che un risultato pratico. Viviamo in un network assolutamente globale – quasi ogni aspetto delle nostre vite è determinato da catene mondiali di approvvigionamento; informazione, finanza, cultura, cibo, prodotti per il consumatore….Il concetto di una nazione auto-determinata dove il Regno Unito in qualche maniera ritiene una specifica autorità è francamente ridicolo. E ogni settimana che passa arrivano nuove notizie su altri aspetti della Brexit che si rivelano o un disastro o una fantasia.

Vedo una marcata differenza nell’outlook politico nel Regno – quello rappresentato da Westminster e la politica culturale inglese – e quello ottimistico che Nick e io testimoniamo dall’esperienza del governo scozzese dell’SNP (Scottish National Party, il partito nazionalista e democratico attualmente al governo, di spinta autonomista). L’impostazione che ruota sull’internazionalismo e la cooperazione nel nostro paese è completamente differente, meno futile o individuale, più ottimistica e più orientata all’esterno. La crescente popolarità dell’indipendenza scozzese è istigata, secondo me, dalla restrizione dell’autodeterminazione scozzese nel fare politica dovuta al prioritario e prevalente potere del governo inglese. La Scozia è orgogliosamente multinazionale e i nostri leader sono stati fortemente chiari sui valori dell’internazionalismo e delle inter-relazioni. La Scozia ha sempre avuto la sua propria voce, sebbene sia stata spesso intralciata dal governo inglese. C’è una grossa differenza di opinione sul valore di essere parte dell’Unione Europea e anche dell’essere parte di scambi e commercio internazionale. 

(N) – Non c’è nulla di ‘simpatico’ a riguardo. L’autonomia inglese è una bugia e i cittadini inglesi sono stati nutriti a disinformazione per decenni. Qui si tratta del ricco che manipola il povero per il solo fine di diventare più ricco come è sempre stato. Il governo inglese è sempre stato cinico nei confronti del progetto europeo e la stampa inglese totalmente antagonista. Se viaggi in Francia o Belgio noti sempre la bandiera nazionale accanto a quella dell’Unione Europea anche nella più piccola delle città. Il messaggio è stato sempre chiaro e pro-EU. Da figlio di genitori che hanno lavorato per la Commissione Europea e che hanno avuto una limitata esperienza nel Regno Unito, ricordo quanto sia stato orripilante per me scoprire come l’Europa fosse negativamente ritratta qui. Certo, l’Unione è imperfetta e necessita riforme, ma uscire e basta da qualcosa in cui si è stati coinvolti per quasi 50 anni è da codardi – anche perché si può cambiare qualcosa soltanto dall’interno. Per essere chiari, non esiste l’impero, questa cosa fortunatamente se ne è andata anni fa e ora abbiamo bisogno di riparare i danni fatti e il razzismo sistemico che il colonialismo ha causato.

Può sembrare contro-intuitivo essere un supporter dell’Unione e contemporaneamente un sostenitore dell’indipendenza scozzese ma c’è una differenza significativa. L’Europa è un’organizzazione di stati eguali, il Regno Unito no. Recenti sondaggi realizzati sull’onda del disastro Brexit e sulla scarsa risposta alla pandemia da parte del governo inglese hanno mostrato un crescente fronte a favore dell’indipendenza. Sono ottimista che arriverà nei prossimi anni e che la Scozia possa rientrare nell’Unione Europea. La Scozia è sempre stata la patria dell’illuminismo e ha sempre avuto forti legami con il continente europeo. Siamo politicamente e culturalmente assai più progressisti ed è stato dimostrato dalle forti istanze pro-EU del governo scozzese espresse dal primo ministro che ha detto che gli europei sono e saranno sempre benvenuti in Alba (il nome gaelico e irlandese della Scozia).


La vostra vita interiore: come vi mischiate l’uno nell’altro e qual è la scintilla che vi tiene così stretti dopo una lunga partnership?

(A) – Pazienza (ride). Seriamente, siamo due persone differenti in molti modi. Abbiamo provenienze diverse dal punto di vista sociale, abbiamo culture politiche differenti e gusti diversi in fatto di musica, film e cultura. Ci sono anche vistose differenze in come ci piace vestirci e in che tipi di amicizie scegliamo…Abbiamo anche diversa resistenza come individui e diverse competenze professionali oltre che lavori molto differenti. Ciononostante, siamo assai interessati l’uno all’altro e nelle nostre vite creative e possiamo condividere i nostri interessi e anche in queste tante differenze abbiamo trovato punti di contatto e molte cose che entrambi amiamo. Ciascuno di noi ha attraversato momenti difficili nelle rispettive carriere e siamo stati di supporto l’uno all’altro sia a livello emotivo che finanziario. Siamo stati capaci di entrare nella vita dell’altro e dare sostegno quando da individui non siamo stati in grado di auto-sostenerci. Questo sostegno è stato sempre dato senza venire richiesto. Dopo 20 anni spesi insieme, siamo stati in grado di conoscerci molto bene.

(N) – Supporto e senso dell’umorismo. Quando incontrai Alan per la prima volta nel 1999 ero davvero perso. Stavo soffrendo tanto a capire la mia sessualità e fui attraversato da una depressione assai debilitante. Non avevo molta autostima sebbene avessi avuto buoni risultati con il mio master. Avevo trovato un lavoro ad Edimburgo che non era ben pagato, ogni giorno facevo il pendolare da Glasgow, soffrivo molto il bullismo sul mio posto di lavoro. Alan era la mia roccia emotiva e finanziaria. Tutto questo ci ha donato una solida base di partenza e sentivo sin dall’inizio quanto era coinvolto, leale e quanto si prendeva cura di me. La mia carriera è sempre stata sostenuta da Alan e grazie a questo ho fatto cose buone. Alan ha sofferto diversi momenti di crisi professionali sia come dj che come ufficio stampa, prima nel 2008 con la crisi finanziaria e ora di nuovo con la pandemia. Ed è stato il mio turno di aiutarlo finanziariamente e, spero, emotivamente. Possiamo finalmente ascoltare felici la stessa musica, guardare gli stessi film e documentari ed entrambi odiamo le vacanze al mare a cui preferiamo piccoli break cittadini per rinvigorire le nostre culture. Ridiamo tanto, ci facciamo ridere un sacco. La pandemia è stata un’esperienza di apprendimento oltre che un vero test su quanto tempo possiamo passare insieme. Nonostante viviamo insieme da 20 anni, non abbiamo mai speso quattro mesi sempre insieme dato che io normalmente passo otto ore in ufficio. Questo ha cambiato tutto e lo smart working non è stato uno sforzo per ciascuno di noi (almeno penso!) e ha dimostrato che possiamo superate tutto.


La vostra vita sociale: entrambi siete immersi in una densa attività culturale e professionale, che è stata pesantemente colpita dalla pandemia. Cosa vedete dopo? E come avete fatto a non lasciarvi indietro, spremuti nel duro lavoro e nelle tante cose da fare?

(A) – Beh, l’impatto della pandemia per me potrebbe anche significare l’eradicazione totale della mia professione attuale dato che lavoro esclusivamente – da otto anni – come pr per eventi. Nella crisi finanziaria del 2008 ho perso tutti i miei clienti per gli enormi tagli al settore delle arti e ho speso un sacco di tempo a ricostruire un portfolio di artisti e clienti. Brevissimamente dopo l’annuncio del lockdown tutti i miei lavori del 2020 sono stati cancellati. Festival, tour teatrali, lanci di album, performance e tour di dj, tutto il lavoro per il teatro al Festival di Edimburgo in agosto…ogni, ripeto, ogni lavoro cancellato.

Quando parlo con i miei colleghi e con i clienti ed altri che lavorano nel settore delle arti e dell’intrattenimento, sento solo voci pessimistiche per non dire di peggio. Adesso lavoro per creare un’associazione che dia voce al settore e affronti il ginepraio in cui versano gli esponenti della musica elettronica di Glasgow portando le istanze ad agenzie ed organizzazioni che stanno progettando gli aiuti di settore il prossimo anno. Provo a rendere visibile una parte minoritaria della comunità creativa e il loro lavoro, per respingere una logica di finanziamento che misura soltanto il ‘valore culturale’ in termini di teatro e tradizione.

Una delle ragioni per cui posso intraprendere questo lavoro non pagato è che Nick è stato incredibilmente fortunato ad essere rimasto stipendiato per l’intero periodo della pandemia con tre lavori – architetto, tutor alla Mackintosh School ed esaminatore esterno alla Northumbria University (Newcastle).

Mi ha sollevato dall’ansietà del lavoro – con cui mi sono terribilmente confrontato negli anni passati. Semplicemente, il lavoro adesso è scomparso adesso e Nick può supportare entrambi. Lavora da casa tutti i giorni. Una nuova modalità che mi sembra gli aderisca molto bene e ha il ‘pro’ addizionale che possiamo finalmente passare più tempo insieme. E questo mi ha dato – con grande interesse – la possibilità di vedere pienamente la natura e lo scopo della sua vita professionale. 

(N) –  Quale vita sociale? Nessuna, davvero, nei passati 4 mesi. Fortunatamente i momenti zoom si sono fermati e anche le chat FaceTime sono diventate meno frequenti. Penso siamo fortunati ad essere nell’età in cui non siamo deragliati dalla mancanza di opportunità di incontrare gente nei bar e nei club. Stavo bevendo un tantino troppo prima del lockdown fermandomi al pub dopo il lavoro un paio di volte a settimana. Certo, questo veniva dalle pressioni e a Natale dell’anno scorso decisi di smettere completamente di bere. Immagino che se son riuscito a passare un Natale intero senza bere sia stato davvero il test finale. Il Covid-19 in ogni caso è stato il vero test finale e sette mesi di sobrietà totale mi fanno dire che finalmente mi godo la mia nuova vita senza alcool. E’ stato sicuramente un effetto collaterale il fatto che non ho veramente più bisogno di andare al pub (dove bevo solo soda e lime). Sono stato davvero felice a godermi il mio tempo con Alan e adesso abbiamo iniziato a vedere qualche amico fuori casa dato che la quarantena è stata mitigata. In qualche maniera le distanze hanno fatto sì che il cuore cresca più amoroso e ti rendi conto veramente di quali persone ti manchino e vuoi frequentare.

Siamo molto fortunati ad avere una stanza in più che è sempre stata arredata come un ufficio (abbiamo anche un divano letto per gli ospiti). Mi è servita, ed è bellissima, per avere uno spazio per lavorare che è assai meglio come ambiente di lavoro dell’ufficio un po’ scompigliato dove normalmente lavoro con i colleghi. Poi passo molto tempo in riunioni con altri colleghi quindi non mi sento ne’ isolato ne’ solo. Durante la quarantena ho iniziato anche tre lavori (come ti ha raccontato Alan prima) con tre diversi gruppi quindi sono stato assai preso e la mia mente è stata sempre occupata.

La prossima meta sarà ritornare a lavorare in ufficio. Non ho mai pensato di lavorare full time di nuovo e non ho dubbi che quello che ormai tutti chiamano il ‘new normal’ significherà metà settimana in ufficio e l’altra a casa, vedremo, chissà! A giudicare dalla recrudescenza di casi in Spagna (almeno da luglio 2020), magari ci sarà richiesto più tempo prima di tornare davvero in ufficio. Sarà quel che sarà il mondo che conoscevamo prima è cambiato per sempre, il lavoro da casa sarà la nostra nuova routine e non vedere persone del tutto (o vederle assai poco in carne ed ossa) è il cosiddetto ‘new normal’ ma tutti pare ci siamo abituati abbastanza presto ad un mondo dove i contatti fisici devono essere evitati. Non sono sicuro di come possa abituarmi a non avere gli abbracci di Alan ogni giorno!


Invecchiare insieme: che fantasia avevate a riguardo prima di iniziare il vostro menage e cose ne rimane, nei contorni materici, dopo essere una coppia da tanti anni

(A) – A 25 anni non avevo nessuna aspettativa di coppia. Essere stato un teenager gay non dichiarato nel Regno Unito a metà degli anni 80 non era incoraggiante. Durante la pandemia dell’AIDS dappertutto il messaggio pervasivo era che se facevi sesso morivi. Lasciandomi indietro le mie radici da piccola città, quando andai all’università a Glasgow impiegai un sacco di tempo durante gli studi a capire la mia sessualità (scoprendo da pivellino la teoria Queer) e i contorni della vita culturale e sociale di quei tempi. Incontrare Nick in quel contesto fu più una sorpresa, quindi, che un’intenzione e per me la relazione si sviluppo’ all’inizio per tutto il primo anno senza alcuna aspettativa o proiezione su dove saremmo finiti! Col passare del tempo, le praticità di una relazione di lungo termine sono state al contempo un balsamo e una sfida da affrontare. Entrambi, credo, abbiamo imparato molto di noi stessi nell’accrescere la reciproca conoscenza – affrontando le idiosincrasie delle nostre personalità e i vizi individuali nel mentre ci ricongiungevamo come partner. Ora non ci sono gli strani momenti ribelli di prima. Io e Nick restiamo insieme molto molto felicemente. 

(N) – Da uomo gay, penso che cresci aspettandoti una vita infelice, specialmente se sei della nostra generazione. La società e le probabilità remano contro le relazioni sessuali e sentimentali di lungo termine nel nostro caso. Quando incontrai Alan (scommetto che riderà a questa mia risposta dato che amo ripeterla), non fu amore a prima vista. Ci fu tuttavia una sorta di connessione istantanea. Ci vedemmo la prima volta in un club (ride) dove ci trovavamo con degli amici. Finimmo per ballare stupidamente tutti insieme e fu tutto qui. Poi lo incontrai nuovamente alla scuola d’arte qualche settimana dopo. E ancora poche settimane dopo mi trasferii da lui. Questo accadeva 20 anni fa.

Penso che non avevamo aspettative dalla nostra relazione e se all’inizio tutto era duro, a causa della scarsa fiducia in me stesso, adesso è cambiato. E’ con Alan, pensai, che starò – o forse no. Sono così felice ad essere rimasto con lui, dannatamente felice. 


Un posto che vi fa sentire a casa, ovunque esso sia

(A) – Entrambi abbiamo famiglie che non vivono più nei posti dove siamo nati e dove abbiamo vissuto da bambini ed adolescenti, quindi direi che primo posto è la nostra attuale residenza che è ormai diventata ancora di più un santuario ed un porto sicuro durante la pandemia e la quarantena. Un posto che entrambi adoriamo visitare, e dove nei passati cinque anni abbiamo pensato di considerare una seconda casa, è Bruxelles.

(N) – Quel che sento casa è la nostra casa. Mi sento così sicuro e felice nel nostro appartamento. Viviamo all’ultimo piano di una casa vittoriana tradizionale e popolare nel verde e rigoglioso West-End di Glasgow, in cima ad una collina. La dividiamo con altri sette vicini adorabili e quando arrivi all’ingresso e poi alla porta di casa e te le chiudi dietro di te, ti senti così calmo, sicuro e a casa come quasi in una cittadella fortificata e puoi anche restarci per giorni senza avventurarti fuori. Tutte le stanze hanno grandi finestre che catturano la luce a mezzogiorno, donando ampie vedute sui giardini comuni e sulle torri della città sullo sfondo. L’altro posto che considero casa è Bruxelles, dove ho vissuto 15 anni da piccolo ma che ho veramente cominciato a conoscere solo negli scorsi 15. E’ la nostra meta preferita per le vacanze e ci andiamo il più possibile. E’ tutto così familiare per me e capisco davvero come funziona la città. Abbiamo i nostri posti preferiti e adoriamo pedalare dentro e fuori il centro (è molto cambiato questo da quando ero bambino). Se avessi i soldi, mi piacerebbe avere un piccolo monolocale a Bruxelles e andarci regolarmente. Tuttavia, una delle conseguenze del Covid-19 è rendere tutto ciò assai poco probabile anche se resta conveniente!


La musica e i libri con voi adesso

(A) – Scegliere musica per me è difficile perché ho tanto che mi frulla sempre nella testa, dopo 25 anni da dj e da collezionista di dischi e cd (Nick si preoccupa molto di questo accumulo). In più sono un cercatore compulsivo di nuova musica e ho peraltro condotto un programma radiofonico settimanale per sette anni (anche se il Covid-19 ne ha di recente alterato la periodicità).

La cosa più semplice per rispondere alla tua domanda è semplicemente dirti cosa c’è nella mia playlist di questa settimana…

Libri: 

Aliens & Anorexia di Chris Krause; Conflict is not Abuse di Sarah Schulman; The Life & Death of the New York Dancefloor di Tim Lawrence; Killing Rage: Ending Racism’ di Bell Hooks; Who Owns The Future di Jaron Lanier.

Musica:

‘Delos’ LP – Murlo; “Vergogna Schifosi” LP – Ennio Morricone;  “Kaddish” – Gina X ; ‘Kaje, Bre’ – Oliver Mandić; ’Leon’ – Reymour; “Climb the Walls’ – John Martyn; ‘Infinity my Lord’ – Ela Orleans; ’78 Sutra’ – Sun Araw 

(N)  – Adoro tanto la musica francese degli anni 80 e molta altra. Adoro ascoltare Fip Radio durante il giorno al lavoro e sono un avido consumatore di qualsiasi tipo di musica. Anche se non sono in grado di suonare nessuno strumento e non ho mai avuto alcuna inclinazione a fare il dj, mentre ascolto tantissimo cerco sempre nuova roba. Uso Apple Music su ognuno dei miei device e non smetto un attimo di shazzammare quel che ascolto e di  scaricare e ascoltare. L’unica cosa che non ascolto è quello che trovi di solito nelle classifiche. Ho sempre pensato che è un giorno triste ed un indice di vecchiaia quando non so chi è al numero 1. Il mio gusto musicale oggi è molto più eclettico e sofisticato e varia da ogni periodo ad ogni genere. Al momento (lasciami guardare nei miei download), ascolto Sebastien Tellier, Sufjan Stevens, Louis-Jean Cornier, Le Couleur, Petit Prince, Bibio, Babe, Photay, Nicola Cruz. 

Libri – ne ho comprati tanti di recente ma non li ho letti perché non ho avuto tempo. Quando leggo preferisco testi di attualità più che romanzi. Molti sembrano accomunati da un bias archiretturale. Tendo a comprare libri di architettura di carta, l’ultimo un tomo assai grosso sul lavoro dello studio di architettura fiammingo Stephane Beel. Tra i libri in download che ho preso di recente: Men explaining things to me and other essays di Rebecca Solnit, Doughnut Economic di Kate Raworth, Estates di Lynsey Hanley (seconda lettura), Rebel Ideas di Matthew Syed. L’ultimo ultimo libro che ho letto? Penso sia stato Bruxelles, Un hameau dans un marais di Marc Didden, ma fu un anno fa (il loro è stato troppo tosto per permettermi di leggere)


Il vostro prossimo posto di questo mondo da visitare, non importa quando

(A) -Nuova Zelanda!±!±

(N) – Bruxelles e la costa belga. Amerei anche possedere o noleggiare un camper con amici scozzesi e andare a esplorare le Highlands e le Islands. 


Cosa avete appreso sinora da questo pazzo pianeta?

(A) – Il mondo non cambia se cambiamo solo noi stessi

(N) – Che il mondo sarebbe davvero assai meno interessante senza musica e che l’erba non è per forza più verde dall’altro lato

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