Alex Cecchetti, Parigi e Londra

 

La tua storia in dieci – o poco più – righe

A due anni e mezzo i miei genitori mi portarono con loro in un lungo viaggio da Terni a Kabul. Guidammo dall’Italia e attraversammo la Grecia, la Turchia, l’Iran e finalmente l’Afghanistan. Non so se un viaggio come questo oggi sia ancora possibile, ma continuo a viaggiare come se a farmi iniziare il movimento sia uno spintone. Certo, un viaggio non deve essere necessariamente da qui a lì. Io porto le persone in Paradiso e all’Inferno e a volte offro visite guidate del Louvre senza il Louvre. Chiedo alle persone di camminare all’indietro e di immaginare il futuro dietro le loro spalle ed il passato proprio di fronte a loro. Giochi freudiani a parte, penso di stare lavorando per diventare il viaggio invece che il viaggiatore.

 

Molti performer e poeti – che si definiscono artisti visivi, come ad esempio Regina José Galindo che abbiamo recentemente intervistato – sembrano occuparsi di argomenti pesantemente politici e sanguinari.

La tua ‘arte dell’annullamento’ include, invece, poesia, azioni e design di spazi che mischi con levità e con uno stile inedito – in pesi e strutture differenti. Ogni volta mettendo al centro il pubblico, non tu, il performer protagonista del lavoro.

I tuoi media includono anche la musica, la danza ed il suono in relazione alle storie che racconti.

 

Cosa ti ha mosso a lavorare in questo modo, quale scintilla interiore ti ha condotto a mettere così da parte i media classici per un artista come la pittura, la scultura ed il video – ma anche, certo, l’idea di sacrificio o di durate complesse, spesso molto presenti in lavori di altri artisti visivi che usano la performance?

 

Non ci sono scintille interiori, anche una pietra sa che ne occorre un’altra per accendere un fuoco da campo, così come io ho bisogno delle tue domande per rispondere con queste risposte. Io dipingo, scolpisco e faccio video – sanguino, anche, quando sbatto il naso o mi sbuccio un ginocchio. Da ultimo, muoio in scena, più di una volta. E riguardo al sacrificio, chiedo molto a chi viene alle mie performance e alle mie mostre. A Londra hanno anche dovuto montare l’intera mostra sennò non c’era niente da vedere. Le cose sfrontate non riescono a passare nelle fessure e nelle incrinature delle difese della gente quindi io mando cose piccine, come farfalle o procioni intelligenti. Per questo tipo di operazioni, capirai che preferisco la poesia alla retorica di asserzioni politiche.

 

 

Qual è stato il tuo primo lavoro sul ‘palco’ e quale l’ultimo? E quali i tuoi segreti per rigenerare il tuo livello energetico dopo ogni interpretazione?

 

Come penso la maggior parte di noi, prima ho disegnato una casa, poi un albero poi una mamma, un papa e un piccolo cucciolo. Quando la nonna mi chiese: e tu dove sei? Io ho risposto: qui, con te. Non mi sono disegnato. Cerco sempre di evitare la rappresentazione, ma è dura perché per scappare di prigione devi prima esserci, oppure essere inseguito da un cane poliziotto. Sono morto molte volte in una performance intitolata Taman Shud, che in persiano significa qualcosa tipo ‘questa è la fine’. Si tratta di un incantamento collettivo di due ore, e siccome inizio dalla fine, quando finisce è solo un inizio, quindi nessuno è stanco. L’unico modo per rigenerarsi è stare con le persone quando ti amano.

 

 

E’ dura – e quanto – iniziare e continuare un’attività artistica così intensa come la tua oggi nelle città dove vivi, Londra e Parigi, e più in generale secondo la tua esperienza?

 

E’ dura. Non ho frequentato nessuna scuola d’arte od accademia, non appartengo a nessun movimento artistico, evito categorizzazioni, evito persino di definire quel che faccio, evito anche di vivere a Londra. Talvolta mi scorgo riflesso in una vetrina di un negozio a Montmartre e non ho idea di come sia possibile. I morti non dovrebbero rimandare alcuna immagine.

 

 

Perché Londa e Parigi insieme? Che cosa prendi da una e cosa dall’altra? Cosa pensi di restituire a queste due capitali?

 

Mi perdo ancora a Londra, deve essere per via delle impalcature. Sono come la maledizione della strega in Hansel and Gretel, niente sembra familiare, e non finisci mai dove volevi ma sempre in faccia a un negozio di pane allo zenzero o direttamente dentro Prime Market. Nessuno può sentirsi a casa in Central London. Parigi è un’altra cosa, ha il Louvre e la Gustave Moreau House.

 

 

Che incontri fai quando lavori? Ci fai un ritratto di uno di essi?

 

Le mie rose, che cresco dai semi, sono così fragili al momento. I piccoli alberi di limone hanno bisogno di molta cura per sopravvivere all’inverno a queste latitudini. Ho una Belladonna e una Digitalis Purpura che sono altamente psicotrope e la Datura ha appena esploso i suoi semi ovunque l’altro giorno. Questa mattina, il mio gatto guardava nel vuoto e d’improvviso si è messo a correre appresso a cose invisibili.

 

 

Il traguardo più importante (o premio) dopo tutti questi anni come artista?

 

Vedere i cambiamenti. La morte lenta di una certa arte concettuale, e la comprensione che i formalismi lavorano meglio su gli alberi e sulle piante che su una scultura.

 

 

Una cosa bella capitata di recente a te, sul piano personale?

 

Facevo jogging alle Headlands, San Francisco, quando una femmina di coyote mi appare di fronte. Probabilmente avrebbe potuto parlarmi, o dirmi dei segreti, ma avevo pensato fosse un cane, così è rimasta zitta. E poi ho visto un fior di vespa (un tipo di orchidea), come se fosse un’ape su un fiore. Non poteva parlare ma mi ha rivelato ponti invisibili tra le cose.

 

 

Le tue passioni culinarie preferite?

 

Il pane. La parola ieri (in inglese, yesterday) viene da lievito (yeast). E’ il lievito che fa crescere l’impasto di notte mentre noi siamo ad occhi chiusi e dormiamo. La lievitazione significa la continuità del mondo mentre siamo da un’altra parte a sognare. Ecco perché, nei tempi antichi, erano usi dire che il lievito faceva il giorno, ieri.

 

 

Il tuo vino, od il tuo drink preferito?

 

C’è un giardino segreto nel cuore di Montmartre. In questo giardino segreto c’è una cantina. La chiamiamo ‘la cave’ (la grotta). La apriamo spesso e leggiamo poesie bevendo vino. Il mio vino preferito è quello che si accompagna alle poesie.

 

 

La musica ed il libro, od i libri, con te ora?

 

Scrivo adesso il mio secondo romanzo. Sarà pubblicato l’anno prossimo da Sternberg Press in collaborazione con The Book Lovers. Questo è il libro sempre con me adesso e, anche se può sembrare frustrante, non posso leggerlo tutto perché non è ancora finito.

 

 

In che modo tenti di vivere ‘lentamente’ se ti piace farlo nelle città che abiti?

 

Io sono nulla, e nulla non ama essere rappresentato, quindi devo correre. Siamo fatti di desiderio, ed il desiderio desidera sempre qualcos’altro, quindi corre veloce. Non ho tempo, non c’è tempo ma se non c’è tempo, nessuno è in ritardo. Ora respira.

 

 

Un talento che hai, uno che ti manca?

 

Ero in Grecia secoli fa da apprendista. Per diventare un poeta devi provare che sei capace di evocare qui ed ora, di fronte alla gente, cose che non esistono. Questi furono gli anni di studio attorno alle parole ed al linguaggio, ma ho sempre voluto essere un cantante. I cantanti possono cantare in qualsiasi lingua, non hanno bisogno di capire le parole, solo le note e le melodie.

 

 

Cosa hai imparato sin qui dalla vita?

 

E’ sempre la stessa cosa, ma se te la dico nessuno mi crederebbe, dato che è qualcosa che solo la vita può insegnare, nessun altro può. Ma ho imparato qualcosa dalla storia: è facilmente dimenticata. E ora è troppo tardi per ricordare, siamo chiamati a combattere di nuovo le stesse vecchie guerre.

 

L’ultimo libro di Alex Cecchetti è del 2015, Marie & William, a performance by Alex Cecchetti, artist book 103 Pages, MIDI Publication (Mousse Publishing and Åbäke). Per comprare il libro, visita questa pagina

 


Alex Cecchetti è un artista, un poeta ed un coreografo. Ha esposto e performato internazionalmente: alla Serpentine Gallery (Londra); al Museum M (Leuven); alla Serralves Foundation (Porto); al Centre Pompidou e al Palais de Tokyo (Parigi); al MAXXI (Roma); al Contemporary Art Centre (Vilnius, Lituania). Questo novembre è in scena per ‘Playground’ al Museum M (Leuven, Belgio). Adesso lavora su un progetto di mostra su larga scala, performance di artista ed un romanzo d’artista con The Book Lovers, CCA Varsavia e Sternberg Press. Una sua mostra personale è da Ottobre 2017 a La Ferme du Buisson.

Per sapere di più di Alex: http://www.alexcecchetti.com/about/alexcecchetti/

 

 

 

 

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