Maud Ameline, sceneggiatrice, Parigi

Presto sugli schermi di tutto il mondo, Italia compresa (si inizia dal 20 novembre proprio con la Francia) dopo la premiere alla Mostra del Cinema di Venezia,  Amanda è un film semplicemente imperdibile. E necessario.

Nella nostra scoperta della scrittura cinematografica al femminile, oggi incontriamo Maud Ameline, la co-sceneggiatrice (insieme al regista).

In gara ad Orizzonti, questo film è stato in grado di strappare la più lunga standing ovation tra i francesi in gara al terzo giorno di festival. Su una sceneggiatura originale firmata a quattro mani dal regista Mikhaël Hers e da Maud Ameline appunto, il film è un grande affresco di Parigi in tutta la sua interezza (‘con tutta la sua elettricità’, come afferma il regista parlando con il pubblico), stragi terroristiche incluse. 

La levità del tocco di direzione e di scrittura fa sì che il pubblico viaggi con due splendidi e giovanissimi personaggi, accomunati dalla disgrazia di perdere improvvisamente una persona amata (Sandrine, madre single di Amanda e sorella del giovane David) e che quindi formano una nuova famiglia. 

La paternità non voluta, la maternità fortemente voluta, il crescere da bambini con prove insanabilmente più dure di quelle che si potrebbe affrontare e una certa resilienza a trattare il terrore come parte di un’altra delle visioni molto soggettive di questi cittadini sono alcuni dei plus più rilevanti del film. Grande è la prova di recitazione di Vincent Lacoste nei panni di David e della piccola Amanda/Isaure Moultrier.

Non è un film sulla politica (solo quattro scene, tutte mirabili, introducono lievemente questo argomento e lo situano su un livello affatto necessario), non è un film sul terrorismo. E’ un film su un atto d’amore continuato e ininterrotto verso una persona d’elezione – che non abbiano scelto ma che alla fine saremo chiamati a scegliere per sempre – ed un luogo. Raro, ineffabile, insostituibile.

 

 

La tua vita in poche righe. Fino a qui.

Sono nata a Parigi nel 1975. I miei genitori divorziano quando ho cinque anni, sono stata una bambina e poi una teenager che ha sempre sognato di vivere dentro un libro od un film. Dopo gli studi in letteratura e filosofia, sono entrata a La fémis, scuola di cinema, nella sezione sceneggiatura. Lasciando la scuola, gli inizi a lavorare con la scrittura sono stati difficili. Il primo film che ho co-sceneggiato e che è andato nei cinema nel 2012 è Camille Redouble di Noémie Lvovsky. Oggi sono una sceneggiatrice full-time e mi dico ogni giorno quanto sia fortunata ad essere stata in grado di aver messo l’immaginazione al centro della mia vita.

 

 

Che significa un film ‘necessario’ per te? Mi da un esempio? Qual è lo stato dell’arte della industria cinematografica francese (ci sembra molto buono, in generale, ma mi piacerebbe ti concentrassi a rispondermi sullo stato di salute dell’industria nel genere di film come il tuo ultimo)?

Un film ‘necessario’ per me è un film che riesce a parlare allo spettatore dal fondo della sua solitudine, che gli da la sensazione di non esser più solo, che quel film è davvero entrato nella sua vita.

Un film ‘necessario’ è quello che ci connette di più al mondo. Ci sono così tante pellicole che mi hanno accompagnata che è davvero difficile citarne una sola. Quando ero giovane, molti film sono venuti a cercarmi – non li dimenticherò mai: The shop Around The Corner di Ernst Lubistch, Barry Lindon di Stanley Kubrick, The Four Hundred Shots di François Truffaut, Fanny and Alexandre di Ingmar Bergman 

In Francia siamo fortunati a poterci permettere ancora il cinema d’autore. Il Centro Nazionale della Cinematografia, che è un ente pubblico, ha lo scopo di supportare questo tipo di cinema che non risponde alle logiche di mercato. E’ davvero essenziale preservare questa eccezione culturale francese, spesso aiuta anche registi stranieri che non possono fare questi film nei loro paesi. Certo, anche noi siamo preoccupati che la macchina della globalizzazione che macina tutto quello che le viene tra i piedi possa anche schiacciare il cinema francese uno di questi giorni, ma restiamo fiduciosi nell’attenzione e nell’amore che il nostro paese esprime per il cinema. Non per nulla, i fratelli Lumière, Georges Lumière ed Henri Langlois erano francesi.

 

 

Ci puoi dire di più del tuo ruolo di sceneggiatrice e di come hai sviluppato il tuo lavoro per questo film?

Ho incontrato Mikhaël Hers quando aveva già scritto una prima versione dello script da solo. Mikhaël è un filmmaker con il dono di una scrittura che ha già il sapore della sceneggiatura. Una scrittura musicale. Tuttavia, sentiva il bisogno di sviluppare la sua storia, di portarla oltre, specialmente di approfondire la relazione tra David, il giovane uomo protagonista, ed Amanda, la bambina. La nostra collaborazione è iniziata con una discussione, durante la quale abbiamo riflettuto e lasciato che le nostre menti vagassero. 

Dopo, sono andata a casa e ho rilavorato da sola lo script, facendo delle proposte per nuove scene, per una nuova struttura. 

Mikhaël si è preso del tempo per leggere e capire se queste proposte erano in linea con il film. La maggior parte delle volte lo erano. Abbiamo lavorato così fino a prima dell’inizio delle riprese, dato che abbiamo ritoccato la sceneggiatura fino all’ultimo secondo…

 

 

Amanda ha ricevuto una straordinaria attenzione alla Mostra del Cinema di Venezia dove è stato presentato in anteprima mondiale sia con lunghissimi applausi del pubblico alla fine delle proiezioni che nella critica. Le vendite ci sono sembrate buone. Ci puoi dire dove lo vedremo?

La prima data è ovviamente in Francia, il 20 la premiere dal 21 nei cinema.  Potranno vederlo gli spettatori in Giappone (grazie a Bitters End), in Cina (Hualu), Taiwan (Andrews), Benelux (Cinéart), Svizzera (JMH), l’Italia (Officine Ubu), la Scandinavia (Angel), la Polonia (Best Films), Israele (Lev), Brasil (Imovision) e Canada (mk2 mile end).

 

 

Il libro e la musica con te ora

Sto leggendo e rileggendo con sempre maggiore passione la scrittrice Alice Munro, che è fonte di grande ispirazione. Ascolto molto l’album Magnétique della cantante francese Barbara Carlotti e Random Access Memories dei Daft Punk.

 

 

Il tuo cibo preferito?

Questa domanda mi fa ridere! La pasta, certamente. Ne ho mangiata di deliziosa durante la mia permanenza a Venezia per la Mostra del Cinema.

 

Un talento che hai uno che ti manca?

Siamo seri, non è facile rispondere a questa questione in prima persona. Ho almeno un talento che è quello di osservare ed ascoltare che mi sembra molto importante per il mio lavoro. Quello che mi manca? La serenità, la fiducia in me stessa. Che sono anche necessari per la professione.

 

 

Dove ti vedi tra dieci anni?

Tra dieci anni spero di avere lo stesso spirito, giovane abbastanza e conscio abbastanza per lavorare (e vivere!) con freschezza, con candore.

 

 

Cosa hai imparato, sin qui, dalla vita?

Spero che la vita mi abbia insegnato ad essere attenta: agli altri, a cosa succede intorno a me…

E paradossalmente, anche a preservare sempre uno spazio interiore, la famosa ‘stanza tutta per se’’ di Virginia Woolf. Conservare questo spazio ci rende capaci, secondo me, di essere empatici, perché si immagina che anche gli altri abbiano questa loro stanza interiore e solo per questo, meritino la nostra attenzione.

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