Piero, manager ed artista

Sospesi tra nord e sud, incontro Piero Mastroberardino alla vigilia di una serie di presentazioni del suo ultimo libro di poesie (due sono pubblicate insieme a quest’intervista nella sezione poesia). E a pochissime settimane dall’uscita del secondo romanzo, prevista ad ottobre per i tipi della Homo Scrivens (Napoli). Il primo, Umano Errare (ed. Albatros, 2011) è impregnato di una scrittura colta e di una fine, implacabile analisi introspettiva sui personaggi che lo popolano. Emozione dopo emozione, accadimento dopo accadimento, senza tregua.

Eppure Piero, classe 1966, di mestiere non fa ne’ il poeta, ne’ lo scrittore ne’ l’artista visivo (firma anche i disegni che illustrano le sue poesie). E’ un economista esperto di management. Si occupa di decision making, un ambito di ricerca sociale particolare, in cui egli si pone in modo non proprio ortodosso rispetto alla cultura dominante nel campo dell’economia delle organizzazioni ed è particolarmente interessato al rapporto tra uomo e organizzazione. Lavora su (è professore ordinario) una visione del mondo alternativa e non commensurabile rispetto a quella che ha prevalso durante tutto il secolo scorso (“che prospetta un mondo organizzativo di matrice meccanicista o organicista, una visione di sistema predeterminato rispetto agli attori”). “Eretica per molti, per me è meno ingenuo, per certi versi meno ipocrita, accettare una visione delle organizzazioni come sistemi costruiti giorno per giorno, momento per momento, e continuamente demoliti nella continua interazione tra individui, gruppi, coalizioni che si aggregano attorno ad interessi da perseguire, rompendo e ricostruendo senza sosta la propria gabbia operativa”.

E’ nel club degli Amici della Domenica, giuria del Premio Strega. E con l’azienda di famiglia (Mastroberardino), che guida, produce ottimi vini. Vive felice dove è la sua azienda: in Irpinia, terra di tradizioni, vallate, comunità millenarie. Dove i Romani, per la prima volta, vennero battuti nel loro avanzare inesorabile di conquistatori.

La sua vita condensata in poche righe

Non so bene. Sono diverse le facce che la compongono. Lasciando da parte gli anni migliori, al termine degli studi ho avviato in parallelo due esperienze professionali differenti, una imprenditoriale, essendo discendente di una antica famiglia del vino, l’altra di ricerca scientifica. Entrambi i percorsi mi hanno assorbito e mi danno molto, ognuno aiuta a vivere meglio l’altro.

Un ruolo importante assume la figura di mio padre, anche al di là della sua recente scomparsa. Un punto di riferimento culturale, ma anche un esempio di determinazione nel lavoro, difficile da seguire in quanto è stato una vera forza della natura.

A questi due sentieri lavorativi si sono sempre affiancate, a tratti in modo riservato, in altri momenti con più ampia condivisione, le mie passioni per il disegno e la scrittura. Queste sono diversamente terapeutiche, ma svolgono entrambe una funzione straordinaria… a momenti sembrano quasi dei marchingegni omeostatici. Poi mi rendo conto che sono invece frontiere aperte, chiavi che aprono spazi sempre nuovi, anche a piccoli passi.

Le città che ha abitato e quelle che avrebbe voluto abitare, avendole magari visitate per un breve momento slegato dal quotidiano

Il mio lavoro mi porta spesso in giro per il mondo. Ne ho viste tante, vissute per esigenze professionali e a volte per svago. Ho sperimentato le aree più evolute e quelle più arretrate. Ho visto lo spreco sfarzoso, scintillante e vacuo andare a braccetto con la miseria più nera. È davvero un mondo strano.

Mi manca l’Africa nera. È un vuoto da colmare, una sorta di richiamo. Penso sia una pulsione a comprendere. Ma rimedierò.

Cosa ha dato ad Avellino e cosa Avellino ha dato a lei?

Non so cosa abbia dato ad Avellino, la vivo e ne porto in giro il nome. È la città dove sono cresciuto, che ho esplorato palmo a palmo da ragazzino, una città di memorie più o meno sbiadite e di un presente purtroppo alquanto scialbo.

Eppure ogni volta che rientro da un viaggio respiro con gioia quel senso di ossigeno che la natura offre. Verde intenso, boschi e montagne intorno da ogni lato. È una bella terra in cui vivere, nonostante i problemi socio-economici. È una comunità da rilanciare. A patto di porre al bando una serie di luoghi comuni e ripartire dalle cose semplici.

Qual è un momento recente che l’ha resa felice?

Devo dire che non sono mai stato molto espansivo. I momenti felici sono tanti, eppure si consumano in fretta. Ogni risultato conseguito, nel momento in cui lo tocchi, si dissolve. Non credo sia raro. Aprire un libro appena stampato, o soffermarmi di fronte a un disegno appena concluso…

A pensarci, quel che mi rende più felice è la malinconia, se riesci ad attraversarla senza che si estingua troppo in fretta, se sei fortunato e se sai coltivarla senza metterla in fuga. Rimane lì a tenerti compagnia e si lascia sorseggiare.

Il suo piatto e la sua bevanda preferita (in particolare tra i suoi vini)

Piatti preferiti restano quelli della memoria, di casa. Per me sartù di riso e casatiello materni, tradizione di famiglia napoletana dal suo versante. Mia madre ha lasciato un segno, con la sua straordinaria capacità di stare al mondo in modo così intimamente discreto. E i momenti vissuti con lei li ricordo come fossero attuali, nonostante abbia una memoria davvero disastrosa. Ispirano spesso pagine profonde dei miei scritti.

Tra i vini il mio preferito è una piccola gemma, Naturalis Historia, un Taurasi DOCG di tessitura così soffice e fine, un concentrato di eleganza e di stile… ma abbiamo già parlato troppo di vino!

Essenziale come un passaggio radente, come il gusto che si preferisce, come l’arredo della propria casa dei pensieri, la sua poesia si esprime con linee asciutte ma non dimentica l’ironia e l’arguzia (propria degli aforismi e comunque di una scrittura rapsodica) per raccontare, a volte, la ferocia della vita reale. Oltre al romanzo ed ai versi, ha già sperimentato altre forme di scrittura che mischiano stili o anche altri linguaggi (magari visivi)? Se ci sta pensando, verso cosa si dirigerà?

Non riesco a progettare, a pensare alle cose che farò. Mi muovo d’istinto e poi, a volte, forse, dopo, razionalizzo.

Il racconto è un’esperienza ormai di tanti anni, ho ancora una decina di diari di epoche passate dai quali emergono frammenti di storie… ogni tanto mi diverto a scorrere alcune pagine. Il mio prossimo romanzo, in uscita il prossimo autunno, ha delle contaminazioni… ma non vorrei fare anticipazioni… ora i miei pensieri si concentrano su questa fase di presentazione di “All’origine dei sensi”.

Quando è che sceglie la scrittura e quando la pittura od il disegno per esprimersi?

I versi stanno al racconto come il disegno al dipinto. Amo molto cogliere stati d’animo e gettarli fuori in un respiro. Così oggi prevale il disegno, così prevalgono le poesie più brevi. Più è essenziale la forma espressiva, più mi sembra efficace, appagante, cristallina.

Il romanzo ha un suo fascino anche istantaneo poiché ritrovo scampoli di melodia disseminati e un po’ nascosti tra le righe, nel cuore di una pagina qualunque. Sono però consapevole che c’è un lavoro di sistemazione prolungato e ripetuto.

A volte mi sento vuoto per disegnare ma vivo nello scrivere, a volte accade l’opposto. Anche questo è un modo per ritrovare vitalità e capacità espressiva, che ovviamente non è reperibile a buon mercato…

Ha ancora senso insegnare e fare ricerca oggi? Se sì, in quale direzione va lei?

Sì, ha senso come ha senso fare ogni cosa che si sente emergere. A me piace molto la ricerca, ancora oggi la vivo con regolarità. Sono orientato ad esplorare per abbattere ingenuità e ipocrisie che purtroppo ancora si trovano in certi programmi di ricerca, fatti più per isomorfismo che per fornire un vero contributo al dibattito.

Anche la didattica resta interessante come momento di confronto, ma pesa su tutto questo mondo la situazione dei nostri Atenei, sempre più difficile. I ragazzi ne hanno piena coscienza. Si va avanti in condizioni precarie.

Quali sono gli incontri che fa al lavoro (come docente ed imprenditore) e quali incontri invece le capitano quando veste i suoi altri panni creativi, come artista e come scrittore?

Vivo in palcoscenico in tutti questi mondi. Nell’impresa trascorro molto tempo di fronte al pubblico. Lo stesso accade in università. Anche sul fronte artistico, pur non avendo sperimentato l’esposizione verso le grandi folle, devo dire che sto sperimentando momenti di confronto interessanti e nuovi. In tutti questi ambiti si incontra di tutto. È bene essere pronti all’estemporaneità, è un meccanismo di autotutela…

Un talento che ha e uno che le manca

Me ne mancano tanti… anzi di più. Tra le altre cose, ho la sensazione di essere dispersivo, a dispetto di quello che si percepisce dall’esterno. Tendenzialmente distratto.

Un talento che ho è di cimentarmi, provare a fare le cose.

Come trova il tempo (e cosa fa) per vivere lentamente?

Astrazione, mi fermo, mi chiudo in mia compagnia e mi ascolto. Non sempre mi riesce, ma quando va bene si sta davvero bene.

Cosa ha imparato sin qui dalla vita?

Vivere momento per momento, non cedere alle false lusinghe della pianificazione, costruire il reale mentre si vive, ispirarsi al gioco per gestire le questioni più complesse.

Per ognuna di queste affermazioni si potrebbe scrivere un libro, ma in sintesi estrema questi concetti mi aiutano a vivere. Li ho acquisiti nel tempo, non in uno stadio preciso, ma li sento dentro e ci sto bene insieme.

 

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