Florian Graf, Basilea

 

La tua storia in poche righe, proprio da dove comincia

 

Da ragazzo, adoravo disegnare. Mi faceva sentire libero e tanto connesso col mondo. Mi sarebbe piaciuto diventare un pittore. In seguito, mi dissero che fare l’artista di professione sarebbe stato molto difficile e non sarei neanche stato in grado di mantenermi. Quindi, mi sono sforzato a non diventarlo cercando alternative, arrivando a pensare di studiare botanica, fisica e psicologia e addirittura accarezzando l’idea di diventare un giardiniere od un carpentiere.

Alla fine ho studiato architettura e ho cercato di combinare i miei interessi multiformi.

Mentre studiavo all’ETH di Zurigo, vinsi anche un concorso e ho costruito un’università in Afghanistan con i miei colleghi. Questo progetto mi diede il coraggio di fare cose controcorrente. Fu allora che realizzai che era davvero possibile seguire la mia propria voce: iniziai seriamente a dare ascolto ai mei sogni. In questo modo sono diventato un artista.

 

 

Arte e design danno sempre l’impressione di essere una piccola nicchia d’esercizio di bellezza – questo lo pensano specialmente coloro i quali si sentono un po’ ‘soggetti’ all’arte non capendola e non certo gli amanti di queste discipline.

Per quelli che pensano che non sia abbastanza questo esercizio di bellezza, ecco che arrivano inventori di mondi come te ad aiutare – menti, cioè, capaci di giocare all’interno di quell’esercizio di bellezza per democratizzare il senso di un’opera d’arte che spesso si dipana su paesaggio, luoghi ed architetture abbracciandoli tutti.

 

Il mio processo creativo di solito inizia con un impulso molto intimo che viene da una situazione specifica della mia vita. Possiamo dire che è un’urgenza idiosincratica che vuole essere trasformata in qualcosa d’altro. Forse in qualcosa di meraviglioso. La bellezza implica comunque un portato sociale perché include un’idea generale o collettiva. Se dici ‘mi piace questo’ vuoi dire che è una tua inclinazione personale. Se invece dici ‘penso sia bellissimo’, implichi l’idea che qualcun altro possa pensare lo stesso. Estetica ed etica formano una coppia complicata. La loro relazione insondabile potrebbe rappresentare uno dei migliori inneschi per ciò che chiamiamo arte. Ed è direttamente connessa ad un’altra relazione che mi interessa molto, quella tra individuo e società. Ecco dove il lato politico della faccenda inizia per me, dove il mio lavoro attorno alla scultura si situa. La scultura ha sempre bisogno di un posto dove essere collocata. E io credo nell’energia poetica dell’arte che arricchisce, ed attiva, una società.

 

Quale è stata la tua scintilla creativa interiore per un progetto artistico a lungo termine come il tuo e chi sono i tuoi collezionisti (chi sia il tuo pubblico mi è chiaro: chiunque passi …e quindi, tanto per dire, anche quelli che si sentono ‘soggetti’ all’arte)

 

Ad essere onesto, non so veramente cosa abbia causato quella scintilla. In Francia la chiamano ‘fuoco sacro’. Si tratta davvero di qualcosa che brucia con me, una passione che mi causa grandi gioie ed altrettanto grandi battaglie. Nello stesso tempo, questa fiamma deve essere anche nutrita e coltivata.

Forse quella fiamma è stata anche eccitata dal lavoro di altri artisti. Forse iniziai a disegnare non perché vidi una bottiglia ma perché vidi le bottiglie di Morandi. I carburanti che alimentano quel fuoco sono speranza e dubbio, euforia e rabbia, solitudine ed amore ed una sorta di realtà che sogno.

 

Ci sono collezionisti che comprano la mia arte come oggetti materiali. E collezionisti che passano a vederla. Collezionano l’esperienza. Per questo mi piace molto comprendere un elemento che apre un dialogo e crea un’immagine che resta con lo spettatore. Voglio creare un’esperienza che possa essere condivisa. Mi piace l’idea del mito di Sinnbild – una parola tedesca che significa un’allegoria emblematica. Un esempio è il mio lavoro ‘Ghost Light Light House’ per il quale ho costruito un faro alto quattro piani che era senza ragione alla deriva sul lago di Costanza senza mai smettere di attraversare i confini dei paesi rivieraschi. Ha causato dibattiti sullo spazio pubblico sui media e tante persone mi hanno spedito lettere e poesie.

 

 

Qual è, fino ad ora, il progetto che ha rappresentato la maggiore sfida per te dandoti anche le soddisfazioni più intense? E perché?

 

Adesso capisco perché le persone mi hanno detto anni fa perché è difficile fare gli artisti. E’ semplice diventarlo ma non è semplice restare tali. Ogni lavoro, ogni progetto od ogni mostra ha le sue sfide. A volte ti occorre tanto tempo per formulare una tua visione chiara e a volte la sua implementazione comporta tanti problemi. Una gran mischia di situazioni diverse. Quando riesco a creare una buona opera, che contribuisce anche a rendere il mondo migliore con qualcosa di meraviglioso, potente, di grande significato o di grande ispirazione, sono molto soddisfatto che fortunatamente dimentico subito tutte le difficoltà e tutte le battaglie stressanti che mi ci hanno condotto.

 

 

La musica ed il libro con te adesso (e dove esattamente sono)

 

The Underground Man di Ross Macdonald è poggiato di fronte a me. Me l’ha dato un amico. E, anche su carta, le Variazioni di Goldberg di Bach, sono sul mio tavolo.

 

 

Il tuo cibo e bevanda preferiti (e perché)

 

Adesso è il momento della passione per lo sciroppo di sambuco, che qui a Viena si chiama Hollunderwasser. Il gusto è sottile e allo stesso tempo intenso. Ed è molto rinfrescante: mi ricorda la Bossa Nova, assai melanconica ma giocosamente leggera allo stesso tempo. Il mio nutrimento preferito ieri è stato un gelato.

 

 

Un talento che hai, uno che ti manca

 

Sono un ottimo volitivo e non tanto un accumulatore. Posso fare grandi cose quando ci credo ma non quando ne sono costretto.

Di sicuro un altro talento è la forte empatia, la sensibilità o l’intuizione. Hanno, tuttavia, anche un rovescio della medaglia.

Non sono bravo a filtrare e proteggere me stesso da troppi ‘Empfindungen’ o sentimenti.

Ecco perché di tanto in tanto ho bisogno di starmene un po’ da solo per digerire tutte queste impressioni che accumulo.

 

 

E il posto dove vai spesso per vivere più lentamente, o per vivere lentamente, se ti piace farlo?

 

Mi piacciono molto i posti con ampiezza di orizzonti e magari vuoti – per guardarli d’insieme, connetterli e perché danno spazio per formare nuovi pensieri.

Per esempio ad Edimburgo mi piaceva camminare all’Arthur’s Seat; a Chicago, sulle rive del lago Michingan, a Basilea mi piace andare vicino alle rive del Reno. Mi piacciono anche posti con la qualità dell’hortus conclusus, giardini e piccoli parchi dove l’arte è graziosamente nascosta nella natura.

 

 

Cosa hai imparato, sin qui, dalla vita?

 

Di fare della incertezza e dell’insicurezza le mie migliori amiche.

 

 

Per scoprire di più su Florian Graf e sulle sue opere: http://www.floriangraf.com/en/

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