Omaggio a Luca Pacioli

“Vedere un mondo in un grano di sabbia e un universo in un fiore di campo, possedere l’infinito sul palmo della mano e l’eternità in un’ora.”

– William Blake

 

Un numero particolare, espressione di un peculiare rapporto ove la parte maggiore sta alla minore come l’intera sta alla maggiore, si erge a simbolo dell’armonia dell’universo. Questo numero, rappresentato dalla lettera dell’alfabeto greco phi, è l’irrazionale 1,618033… La storia della “proporzione aurea” si dipana lungo tre millenni: conquista esoterica della scuola di Pitagora (secondo Giamblico lo scopritore fu Ippaso da Metaponto), indagata nelle leggi dell’armonia musicale e definita per la prima volta da Euclide nel tredicesimo libro degli Elementi. Obliata per quasi un millennio, fu poi riscoperta e chiamata Divina Proporzione dal matematico rinascimentale Luca Pacioli.

Frate dell’ordine francescano nato a Borgo Sansepolcro nel 1445, Luca Pacioli iniziò il suo apprendistato nella bottega di Piero della Francesca, le cui conoscenze matematiche erano apprezzate quanto la sua pittura. La predisposizione allo studio della matematica, tuttavia, portò il giovanissimo allievo a proseguire la propria formazione in una scuola d’abaco. Completò la sua istruzione accademica a Venezia alla Scuola di Rialto di indirizzo filosofico aristotelico, naturalistico e scientifico; influenzato dall’opera di Fibonacci e da altri trattati antichi e medievali, Pacioli fu portatore di un pensiero in cui si coglie la continuità tra gli Elementi di Euclide e il Timeo di Platone, alla costante ricerca di un principio universale all’origine del tutto.

La sua vasta poliedrica cultura e la profonda convinzione nell’applicabilità delle scienze matematiche a tutti i campi dello scibile umano lo accreditarono ben presto nella ristretta cerchia dei dotti rinascimentali, come testimoniato dal favorevole riscontro ottenuto dalla sua Summa de Aritmetica, Geometria, Proportioni e Proportionalità, pubblicata a Venezia nel 1494.

Chiamato a Milano da Ludovico il Moro per insegnare geometria e matematica, nel 1496 iniziò la stesura del manoscritto del De Divina Proportione, opera a tutti glingegni perspicaci e curiosi necessaria che sarà completato due anni dopo e dato alle stampe da Paganino Paganini a Venezia, nel 1509. L’opera, che rappresenta il compendio, per la prima volta in volgare, delle conoscenze matematiche dell’umanesimo, è corredata da sessanta tavole disegnate da Leonardo, raffiguranti i solidi platonici, e le lettere maiuscole tracciate a riga e compasso dall’autore stesso. Il libro contribuì in modo determinante a creare un nuovo, diffuso interesse per f nel campo delle arti.

Le molteplici forme in cui f si manifesta evidenziano un profondo, sotterraneo rapporto tra mondo fisico, creazioni artistico-culturali e bellezza dei numeri. Natura, arte e scienza risultano strettamente connesse alla luce dell’aurea proporzione. Assai dibattuta e tuttora irrisolta è la questione dell’uso consapevole della sezione aurea da parte dei babilonesi e degli egizi, in specie nella piramide di Cheope o nella stele di re Get oggi conservata al Louvre. Anche la sua presenza nelle opere della classicità greca, come il Partenone o il Tempio della Concordia ad Agrigento, o romana, come il Pantheon, è controversa; parrebbe invece acclarata nell’antichità almeno nel caso della grande moschea di Kairouan. Nel medioevo le imponenti cattedrali gotiche, il Duomo di Milano e il portale di Castel del Monte ad Andria testimoniano ampiamente la complessità delle regole costruttive che costituivano il corpus di conoscenze possedute in maniera esclusiva dalle corporazioni preposte alla realizzazione di tali opere.

Nel Rinascimento, con la ripresa della lezione vitruviana e gli studi di Leon Battista Alberti, è Leonardo che in primis adotta la Divina Proporzione con sistematica nozione, mentre Albrecht Durer completerà la sua formazione artistica approfondendo la conoscenza delle teorie legate alla prospettiva proprio attraverso i trattati dei matematici e degli eruditi italiani. Si consolida così una tradizione artistica che si dipana fino alla contemporaneità. A fine Ottocento lo psicologo Gustav Thedore Fechner avvia gli studi sulla “piacevolezza” della sezione aurea, in notevole misura responsabili della fama di cui essa tuttora gode.

Il passaggio dall’apprezzamento delle relazioni proporzionali dotate di particolari quozienti estetici a una moderna manualistica prescrittiva ha rappresentato una riduzione estrema di significato della diuturna pratica del f, non più in grado di restituirne l’efficacia, tradita dalla meccanica applicazione di formule in sé inerti e infeconde. Da sole, esse nulla garantiscono circa un’armonica, aurea proporzione delle parti, che risiede invece nelle mutue relazioni, misurabili non con i metri e i centimetri ma con l’intelligenza percettiva, mossa probabilmente più dall’intuizione che dalla ragione. Non a caso, recenti studi nel campo delle neuroscienze hanno rilevato che, in presenza di proporzioni auree, le attività cerebrali producono nell’area che presiede alle emozioni uno stato di profondo benessere.

A più di sessant’anni di distanza dal convegno promosso dalla triennale di Milano nel 1951 riproporre il concetto di proporzione nel campo delle discipline artistiche e non solo può essere uno stimolante tema di discussione e un’occasione per riflettere sull’attualità. In fondo il numero d’oro parla di noi stessi, della necessità di svelare il mistero dell’esistenza e della nostra instancabile ricerca di un principio universale che sta all’origine della creazione.

* Ritratto di Luca Pacioli con allievo

L’enigmatico dipinto conservato al Museo di Capodimonte di Napoli e fino ad ora attribuito a Jacopo de Barbari è forse il più bel ritratto di matematico che si conosca. Fra’ Luca Pacioli è al centro della scena. Davanti a lui, sul tavolo, sono sparsi gli strumenti da disegno. Sul lato destro il tomo chiuso, rilegato in rosso, è il trattato della Summa Matematica, opera dello stesso Pacioli; su di esso è collocato il dodecaedro platonico, mentre il libro degli Elementi di Euclide è il volume su cui poggia la mano sinistra del maestro che indica ciò che contestualmente egli sta tracciando sulla lavagna. La scritta EUCLIDES è ben visibile sulla cornice. Sullo stesso lato, nel quadrante superiore appare appeso a un filo il rombocubottaedro, solido archimedeo a ventisei facce e colmo d’acqua per metà, che simbolicamente allude agli studi pacioliani che di lì a poco saranno racchiusi nel De Divina Proportione. L’identità dell’allievo che appare sul lato destro alle spalle del frate e guarda un punto posto fuori dalla scena raffigurata è stata oggetto di varie speculazioni. Recentissimi studi supportati da approfondite ricerche storiche hanno indicato in Galeazzo Sanseverino il giovane uomo ivi ritratto. Il cartiglio recante la scritta IACO.BAR.VIGEN/NIS P.1495 e sul quale è posata una mosca, ritenuto a lungo la firma di Jacopo de Barbari, sarebbe in realtà un crittogramma. La filologa e critica d’arte Carla Glori appassionatamente impegnata nello studio del dipinto ne ha recentemente fornito alcune chiavi interpretative di grande suggestione: nelle sedici lettere, tre punti, quattro numeri e una mosca, non solo sarebbe celato il segreto della morte di Gian Galeazzo Sforza, ma anche il nome del vero autore del dipinto: Leonardo da Vinci. Ma al di là di dotte speculazioni interpretative e attribuzionistiche il ritratto di Luca Pacioli mantiene intatta l’aura di mistero che traspare dall’immutabile equilibrio di tutti gli elementi che compongono il suo insieme armonico.

Daniela Ferretti

Il testo è una delle prefazioni al catalogo Proportio. ISBN: 978-94-9177-593-2, D/2015/7852/12

Per acquistare il catalogo in Italiano ed inglese: http://www.axel-vervoordt.com/en/books

* Questa è la didascalia al quadro pubblicato tra le immagini di questo post (e sul catalogo della mostra)

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