gobscure, Newcastle

Una scatola trasparente di plastica – di quelle usate per conservare le viti o i chiodi – piena di varie specie di noci e nocciole è il pezzo al centro di is that a bruise or a tattoo? (è una ferita o un tatuaggio?) e anche senza leggere una riga del comunicato della mostra, capisci che ti trovi di fronte ad un autore che prima di tutto ama forgiare parole (sin dalla sintassi senza maiuscole del titolo della mostra). Un poeta prima ancora che un artista visivo e un performer – o prima d’altra categoria di umano creativo.

Una piccola galleria veneziana di cui vi abbiamo già parlato perché ci piace come miscela i vari e diversi generi che tratta, stavolta ha aperto le sue porte ad un artista che si è auto-istruito (nato nel 1967 a Newcastle, Gran Bretagna). Ama farsi chiamare gobscure. Quella scatola di noci gioca – allo stesso tempo – con il nutrimento ed il detrimento che le parole possono operare. A partire dai diversi significati che la parola ‘nut’ racchiude incluse le varie specie di frutti oleosi che siamo soliti chiamare genericamente così.

La vita di gobscure sembra interamente devota alla battaglia per la verità della poesia. Per lui la poesia è ovunque nella vita, specialmente dove meno ti aspetti di trovarla. La poesia e l’arte sono stati per lui anche un’ancora di salvezza.

La mostra veneziana si chiude tra poco, ma lui e la galleria ci hanno lasciato un grosso dono: il pezzo principale della mostra prodotto per l’occasione. 

E’ una performance audio (che può essere anche letta) che pubblichiamo sia in lingua originale che in italiano nella sola versione testuale (nella nostra sezione Racconti).

Ho potuto fare esperienza del gigantesco flusso di coscienza di gobscure sulla poesia, sulla pazzia e su cosa sia la ‘normalità’ grazie a trenta minuti di conversazione il giorno di apertura della sua personale veneziana. Una conversazione ricchissima e surreale spontaneamente intervallata da sue piccole performance. Per ridurre il suo flusso ce l’ho messa tutta, volevo che leggeste. Il senza fine è destinato solo allo spazio delle conversazioni de visu.

Se scoprirete nelle città che abitate che lui è lì, non perdetelo: non importa in che categoria lo suggeriranno per voi – se sotto arte visiva, musica, poesia o dramma. Confini e definizioni gli stanno davvero stretti.

 

 

Cito da una tua recente performance Stealing Brecht: ‘Le parole hanno fatto una differenza’. In che senso una differenza nella tua vita? Puoi dirci in poche parole chi sei e da dove vieni? Cerchiamo sempre di iniziare le nostre interviste con pizzichi di realtà della persona di questo mondo che ci troviamo di fronte

In quanto esseri umani, troviamo un senso grazie a narrative, storie e linguaggi – in questo mondo. Le parole possono essere parlate, scritte, disegnate o interpretate (penso alla lingua dei segni o alla danza)…Ad esempio, il cambiamento climatico o altri grandi temi: non li capiamo attraverso i dati scientifici ma attraverso la storia – la narrativa.

Ho vissuto molto, molte cose. Ho trovato rime e composto poesie e non è stata la più eccitante ad essere la più importante. Mi hanno letto storie, poesie in pagina, letto un libro, composto rime, giocato con le parole! Ecco questo, tutto questo. (canta un verso che decompone la parola ‘pelle’ ma non ha molto senso metterlo in pagina perché è nato per essere soltanto udito)

Le poesie sono mezzi grazie ai quali gli umani riemergono a se’ stessi e per se’ stessi. Cibo, relazioni, sensazioni (sono affamato, ti amo, ti odio, fa male), le storie diventano via via più complicate; ecco come sentiamo il mondo e come viaggiamo attraverso storie e linguaggio.

Certo, abbiamo la musica ed il suono e molto altro ancora ma è il fare parola – non importa se scritto, visivo, parlato o recitato – che crea senso per noi delle norme che ci circondano.

 

 

Cito dalla tua performance ‘Urs for Kurt‘ ‘language-sing, aye roots, routs, groutin. mind skips back to laughin heads off this weird’ mi sembra ti piaccia riappropriarti del linguaggio DADA e in un certo modo tu lo riscrivi a tuo modo. Ci parli della tua relazione, intrigante, tra disabilità e arte spontanea?

Sono felice che tu abbia voluto sottolineare questa performance e quest’artista. Kurt Schwitters era epilettico, soffriva di ansia e di una severa depressione. E’ qualcosa oltre il DADA, lui ha trasformato tutte queste malattie. Per lui era un modo per farcela con tutto quel non-sense che trovi lì fuori. 

Le Folk Tales – e tutto quello che ha creato – era arte non importa quale forma prendesse. La sua vita è stata arte – oltre, prima e attorno. Era un rifugiato: per scappare dai Nazisti venne in Gran Bretagna ma noi lo imprigionammo – i Britannici imprigionarono un rifugiato che scappava dai Nazisti negli anni 40! Lo abbiamo rinchiuso in un campo di concentramento sull’Isola di Man per 17 mesi ma lui fece sculture di porridge molto puzzolenti!

Vivo a Newcastle dove il suo merz barn (soltanto un muro) è ora esposto alla Hatton Gallery, mi ricordo che da bambini ci giocavamo attorno. Fu trasportato dopo la sua morte per l’Inghilterra del Nord da un fienile nel Lake District.

Questo artista faceva anche pittura convenzionale per vivere, per guadagnarsi le sue uova e pancetta.

Fu capace di trasformare la disabilità in libertà, incluso essere un rifugiato ed essere imprigionato.

Ho incontrato tante persone come Kurt, anche meno famose, nella mia vita in grado di trasformare tutto in arte e sopravvivere, non importa le avversità.

La parola Ur è un simbolo delle radici del linguaggio e viene da molto lontano. Dopo tutto, anche l’Inglese viene dal latino e dal tedesco e da molte altre lingue, non è vero?

 

 

Cito dal tuo poema ‘steal this loneliness’ (ruba questa solitudine): ‘cittadini dello specchietto retrovisore, tutti abbiamo avuto il sogno ma alcuni di noi vivevano questa dualità quel fottuto balletto lubrificato del bisogno / quell’avaro cavalcare il volume quel che conta è andare oltre il miele rubato delle mura di nicotina, voi sembrate incessantemente occuparvi della natura più profonda di essere esseri’

Ti sei sorpreso qualche volta nelle tue ricerche di certe qualità trovate negli esseri umani (non necessariamente artisti)?

Certo, sempre e non necessariamente soltanto negli esseri umani ma anche in altre specie come le scimmie ed i grandi primati o altre dove non siamo preparati a scoprirle.

Sto anche scrivendo un pezzo di teatro, intitolato joey. E’ ambientato nel 1981, o almeno inizia in quel momento poi si sposta nel 1991 ed ancora oltre fino ad arrivare oltre il futuro. E termina con questo personaggio, joey, circondato da corvi della Nuova Caledonia. Non siamo pronti a scoprire quanto siano intelligenti altre specie!

Pensa, risolvono persino i puzzle che gli scienziati preparano per loro.

Quale che sia la risposta là fuori, ho incontrato persone ordinarie o persone che non hanno nulla, se vuoi metterla così, la cui vita li sostiene e produce senso (disegna degli schizzi sui pezzi di carta che ha tra le mani), non so se chiamare quello che fanno poesia in miniatura, o verità poetiche, ma spesso creano cose incredibili con qualsiasi mezzo.

 

 

La tua professione è molto varia e tu percorri molte discipline. Sei un poeta, un artista visivo, uno sceneggiatore, un performer. Gioie e dolori?

Diciamo che conservo la capacità di restare vagamente sano e vagamente vivo. Una delle cose che ho scritto (scrive e disegna incessantemente mentre parliamo) è questo mazzo di carte attaccate ad un filo per la performance di stasera. Cercherò di coinvolgere il pubblico più tardi con queste. E’ proprio questa verità poetica che mi rende in grado di contenere tutto, non importa se sia declamata o disegnata o scritta.

 

 

Cibo e bevanda preferiti?

Adoro così tante cose. Adoro il caffè e ovviamente in Italia ne avete di speciali. Ieri raccontavo al partner di Alma, David, che la mia torta preferita è ceca, si chiama medovnik, una pasta di mandorle miele e panna acida. Sono vegetariano, adoro la frutta ed il formaggio e niente di più che una buona mela. Adoro cucinare, condividere e conoscere le diverse tradizioni culinarie. Il mio medovnik e un espresso mi fanno felice!

 

 

Tu come lettore: i tuoi modi, luoghi ed un libro (non tuo) che hai tra le mani

Ne ho così tanti al momento e tutti insieme: alcuni sono di attualità, altri per bambini, altri narrativa, altri sono saggi.

Markus Gabriel è un filosofo tedesco e mi ha sorpreso molto una sua lezione (Why Unicorn exists and the world doesn’t).

Ci sono così tanti scrittori fantastici da leggere. Non comprendo molto la moda e l’architettura ma ho anche un libro su questi argomenti sul mio tavolo adesso.

L’atto di leggere è tremendamente soggettivo.

Margaret Atwood (una poetessa, scrittrice ed attivista canadese, vivente…ah! La adoro!

A proposito del Nobel per la letteratura che non è stato assegnato quest’anno, mi piacerebbe sentire prima o poi un annuncio del tipo: 

‘attribuiamo tutti i premi – non solo letteratura ma anche fisica, economia e pace e tutto – a due scrittrici: Margaret Atwood e Caryl Churchill (una sceneggiatrice inglese, vivente).’

Ogni pezzo di teatro che Caryl scrive ti stende. Vive a Londra ed è sulla settantina. Ogni cosa – la scrittura e la trama – dei suoi drammi è straordinaria ma a me colpisce soprattutto il modo in cui si è reinventata il genere.

Nel suo Blue Heart (1997) finisce per usare soltanto due parole (blu e bollitore) e il dialogo continua ad avere senso.

Un altro suo pezzo che adoro è Drunk Enough to Say I Love You? che racconta della storia del potere politico negli Stati Uniti (venne messo in scena dopo la guerra d’Iraq) e descrive una sorta di Tony Blair e George Bush che conversano per un’ora cercando di ubriacarsi abbastanza di modo che si possano fare una dichiarazione d’amore invece di andare a bombardare la gente.

Caryl è la più fantastica per me, punto! Non è una questione di genere o di tipo di letteratura o di nazionalità, è semplicemente la migliore!

Sarah Kane è anche molto apprezzata nel continente oltre che essere stata assai tradotta, adoro enormemente anche il suo lavoro, ma Churchill è oltre il teatro.

 

 

Come ascoltatore: che musica ti ha salvato il cuore, che musica accende le tue giornate o le tue notti – e che musica stavi ascoltando mentre preparavi questa mostra veneziana da Alma Zevi?

Nel mio prossimo dramma, joey, proprio all’inizio un personaggio dice ‘C’è buona musica e c’è pessima musica’. Adoro la musica di ogni genere. C’è della meravigliosa country, per esempio. E della meravigliosa opera – come quella italiana – e del fantastico free jazz…o la classica contemporanea…l’hardcore, la musica senza categoria, insomma soltanto buona musica!

Come per i valori poetici, è buona perché ti prende e ti dona qualcosa. Dipende dal tempo, dal momento del giorno e ovviamente dal tuo stato d’animo e dai tuoi bisogni.

 

 

Dove ti vedi tra dieci anni, per esempio in Gran Bretagna (non parlo di Brexit, ovvio)?

Oh di sicuro non per la Brexit (ride sonoramente)!

Devo dirti che ho un problema con la Gran Bretagna o più precisamente la Gran Bretagna ha un problema con me, penso.

La mia salute è davvero precaria ma mi piacerebbe fare tante cose! E’ la mia prima volta in Italia questa, ho qualche connessione con Atene non solo perché sono stato recentemente invitato da Alma lì a fare una mostra quando c’era Documenta 14. Adoro Praga perché da bambino mi innamorai della parola Cecoslovacchia. Il mio primo libro di poesie mi condusse qui. 

Mi piacerebbe andare in tanti posti diversi per incontrare persone diverse. Sono europeo, è qui che sono nato, c’è un legame storico.

 

 

Per scoprire di più sull’artista vi consigliamo il suo canale Vimeo o il suo sito

Abbiamo pubblicato nella nostra sezione Racconti la versione italiana della sua performance audio, tradotta e concessa dalla Galleria Alma Zevi

L’immagine di copertina di questa intervista è un’opera-autoritratto di gobscure, courtesy l’artista (gobscure, …ov glass & were aching to…, 2018)

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